martedì 24 dicembre 2013
ILVA VENDOLA INTERROGATO PER 7 ORE DAI PM TARANTINI È INDAGATO PER CONCUSSIONE: troppi non ricordo
: “UN DOVERE ANDARE DAI MAGISTRATI,
NULLA DI CUI VERGOGNARMI”. MA PER L’ACCUSA TROPPI “NON RICORDO”
di Francesco Casula
e Antonio Massari
Bari Il fatto quotidiano 24 dicembre 2013
Stte ore d’interrogatorio finiscono con un
ringraziamento: “Mi sento sollevato – dice
Nichi Vendola – e ringrazio la procura per
avermi dato questa possibilità, non ho
nulla di cui vergognarmi”. Troppi i “non ricordo”,
secondo l’accusa, che al contrario non sembra soddisfatta.
Sono le tre del pomeriggio quando Nichi
Vendola varca il portone della Guardia di finanza di
Taranto, per incontrare il capo della procura jonica,
Franco Sebastio e i suoi sostituti. Alle dieci della sera
il governatore pugliese è ancora lì. L’inchiesta sull’Ilva
è ormai chiusa, Vendola è accusato di concussione
per aver esercitato pressioni sul direttore
dell’Arpa Giorgio Assennato, allo scopo di ammorbidire
il suo atteggiamento verso il siderurgico.
L’interrogatorio diventa così l’ultima opportunità
per convincere i pmdella sua innocenza: nei prossimi
giorni, la procura dovrà chiedere per Vendola
il rinvio a giudizio o l’archiviazione. La tesi del segretario
di Sel è sempre la stessa: “Non ho mai esercitato
pressioni, tanto meno verso Assennato per
favorire l’Ilva e i Riva”. I pm tarantini, almeno fino a
ieri, sono convinti del contrario. Nell’interrogato -
rio – Vendola porta con sé una corposa memoria
difensiva – si confrontano le tesi investigative e le
“prove” amministrative che il governatore pugliese
da sempre invoca a proprio favore: “Le nostre leggi
dimostrano che siamo stati intransigenti”. Gli inquirenti
invece leggono intercettazioni, contestano
il contenuto di parecchie frasi captate dai Riva, come
quella in cui sostengono che Vendola ha dichiarato:
“Così com’è, l’Arpa Puglia può pure andare
a casa, perché hanno rotto”. Il giorno cruciale,
per la parte d’inchiesta che riguarda Vendola, è datato
15 luglio 2010. Poche settimane prima, l’Arpa
aveva appurato che le emissioni di benzo(a)pirene
nel rione Tamburi, quartiere popolare a ridosso
dell’Ilva, erano aumentate. Il documento redatto
dall’Arpa – come si evince dalle intercettazioni –
mette in allarme i vertici dell’Ilva. Soprattutto per
un motivo: l’ente chiede che il siderurgico diminuisca
la produzione nei giorni di maggiore vento.
E i Riva, di diminuire la produzione, non hanno
alcuna intenzione. Dalle intercettazioni pare che
Vendola sia d’accordo: i vertici Ilva sostengono che
il governatore abbia dichiarato che “in nessun caso
l’attività produttiva dell’Ilva avrebbe dovuto subire
ripercussioni”. Poi il 15 luglio
2010 si arriva a una decisione: la
Regione vara un tavolo tecnico
per monitorare il benzo(a)pirene
nei sei mesi successivi con centraline
montate direttamente
dentro il siderurgico. Quello stesso
giorno si tiene un incontro tra
Vendola e i Riva. Secondo l’ac -
cusa, Assennato attende per ore
fuori dalla porta dal governatore
senza che partecipi alla riunione.
Un episodio definito al telefono
dai vertici Ilva come “segnale forte”
indirizzato ad Assennato. Lo
stesso Assennato – ieri ha consegnato una memoria
ai pm – ha sempre negato qualsiasi pressione e per
questo motivo è accusato di favoreggiamento nei
confronti del governatore: “Non ho mai potuto
aspettare fuori dalla porta di Vendola – sostiene –
perché il mio badge dimostra che quel giorno, a
quell’ora, ero già tornato nel mio ufficio”. E Vendola
ai pm spiega: “L’oggetto di quelle riunioni era
la tutela dei posti di lavoro. Dal 1965 al 2006 non
sono mai stati fatti monitoraggi nei duecento camini
dell’Ilva. Mentre il governo nazionale spostava
di due anni il termine per abbassare i limiti del
benzopirene, noi li abbiamo imposti con la legge
regionale”. E ancora: “Le indicazioni di Assennato
non hanno subìto alcun ammorbidimento: sono
state inviate al ministero esattamente come l’Arpa
le aveva scritte”.
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