lunedì 16 dicembre 2013

Il Tevere (Roma, Toscana, Umbria) dei veleni inquinato non è più biondo, storia del fiume tradito

Il fiume tradito Il Tevere dei veleni non è più biondo IL TERZO PER LUNGHEZZA Il Tevere è il principale fiume dell’Italia centrale. Con 405 km di corso, è il terzo italiano per lunghezza dopo il Po e l’Adige. Secondo solo al Po per ampiezza del bacino idrografico. NASCE SUL MONTE FUMAIOLO A 1.268 m s.l.m., sul lato che volge verso la Toscana, vicino alle Balze, frazione del comune di Verghereto (in Provincia di Forlì-Cesena). PERCORSO CITTADINO Le principali località attraversate sono Pieve Santo Stefano, Sansepolcro, Città di Castello, Umbertide, Orte e Roma. Passa anche nelle immediate vicinanze di Perugia, Marsciano, Deruta e Todi. di Chiara Paolin Meno male che la piena s’è portata via tutto. Così la colpa per gli alberi divelti, la sporcizia sulle rive e il fango flaccido spalmato ovunque, se la prende il maltempo. Il Tevere brutto è colpa di un accidente. O forse di un secolo che sta bestemmiando tremila anni di storia: Roma nacque sul fiume, Roma ha ucciso il suo fiume. Lo dice l’i nchiesta per inquinamento e frode che la Procura sta portando avanti da tre anni scoprendo ogni giorno nuove responsabilità: tutti e cinque i depuratori che lavorano le acque sono risultati inadatti a garantire le necessarie condizioni di sicurezza. L’i mpianto di Roma Nord è stato sequestrato, le indagini raccontano di olii industriali, residui gommosi e materiali gravemente tossici gettati in acqua; di allacci fognari e sversamenti abusivi presenti a centinaia lungo il percorso romano del fiume; persino della commercializzazione di fanghi ottenuti dal trattamento delle acque, utilizzati come concime agricolo. NEL 2012 Legambiente trovò alla foce del Tevere un concentramento di colibatteri 40 volte oltre il limite consentito e altre schifezze, ma il rapporto redatto dalla giunta Alemanno sulla salute del fiume era riuscita a strappare un giudizio positivo: “stato ecologico sufficiente”, benché “non idoneo alla vita dei pesci”. E il nuovo sindaco che fa? Il primo segnale fu il motto #tornabiondo lanciato in campagna elettorale da Estella Marino, attuale assessore all’Ambiente. Per ora l’unica iniziativa è l’annuncio di un futuro collegamento fluviale da Porta Portese a Fiumicino. “Il tragitto di 34 km verrà compiuto in circa 80 minuti da un catamarano che potrà trasportare fino a 250 persone” informa il Campidoglio. Il signor Marcello, che porta sempre il cane a passeggio sulla ciclabile, fa la faccia strana: “Er catamarano? Ma che stanno a dì! L’altra settimana hanno ingabbiato er sfasciacarrozze a Tor di Quinto, buttava de tutto in acqua, ‘s to disgraziato : macchine, frighi, lavatrici”. Sandro Bari, che guida il Comitato per il Tevere, conferma: “Nel punto in cui affluisce l’Aniene, è pieno di batterie e accumulatori lasciati lì dagli ambulanti: sono anni che lo denunciamo a tutti, e nessuna delle 18 autorità competenti ha mai fatto nulla. É uno scaricabarile continuo”. La realtà è che, per il momento, il Tevere interessa solo a chi ci guadagna qualcosa. Le rive sono sporche, gli accessi alla pista ciclabile seminascosti dalla vegetazione mentre privati e associazioni continuano a selezionare gli iscritti incassando le rette. Le concessioni oggi coprono 100 ettari distribuiti tra ministeri, enti pubblici e istituti religiosi, club esclusivi. Dove servono amici pesanti – e fino a 30 mila euro – per ottenere l’iscrizione, ma poi un piatto di pesce fresco viene servito al prezzo sociale di 5 euro: privilegio destinati a militari, magistrati, ministeriali e potenti vari. Gente che quando il Tevere esonda, danneggiando sale da pranzo e piscine, va a batter cassa dal Comune. L’an - no scorso i club si presentarono compatti al Campidoglio: ci date in gestione un fiume che distrugge tutto, vogliamo essere indennizzati. L’Abt, Autorità di bacino del Tevere, spiega che le concessioni rilasciate fin qui sono 154: circoli sportivi, barconi e zattere, attività varie come ristoranti, depositi e autofficine. Nel 2007 un’apposita commissione comunale indagò lo stato dell’arte. Risultò che praticamente tutte le attività rivierasche s’erano allargate a piacimento: chi aveva costruito nuovi ambienti, chi s’era aperto un bar senza licenza, chi aveva moltiplicato i campi sportivi senza badare troppo alle mappe. Il Comitato chiese interventi urgenti elencando a mo’ di sfregio le tariffe cui la Regione cede l’uso delle rive. Come Villa Bau a Ponte Mil- vio, inzialmente destinata a oasi naturale e invece diventata spiaggia per cani al modico affitto di 5.000 euro annui. O come lo stabilimento Saxasport, a disposizione della Rai per 19 anni a 13mila euro l’anno. Pure la Corte dei Conti s’era espressa sul punto, invitando le autorità competenti a gestire in modo più efficiente la risorsa fluviale. Peccato che la stessa Corte utilizzi da tempo immemore un circolo privato per i suoi dipendenti e abbia fatto poi richiesta per godersi un’area golenale (ottenuta alla cifra di 15 mila euro l’anno) perfetta per il canottaggio. “QUESTO ERA dell’Inps, se lo stanno affittando” spiega l’operaio mentre passa l’ultima mano di vernice al battello Anni 30 che galleggia elegante a due passi da Piazza del Popolo. “Eh, ci facevano delle gran belle feste, ma tocca batter cassa” sen - tenzia il collega di fatica spiegando che ormai, sul fiume, sono scomparsi locali e ristoranti. Solo il natante della Marina, con su il cartello “zona militare”, è attrezzato con tavoli, sedie e appendini per le giacche. Pure i bateaux coperti, che piacevano tanto ai turisti, sono fermi: il fiume è pericoloso con i suoi sbalzi di livello. Le stazioni di approdo sono state divelte, gli scafi giacciono fuori acqua e s’arrugginiscono in solitudine. “Se la diga di Castel Giubileo funzionasse bene si potrebbe fare come in tutte le capitali d’Europa – garantisce Massimo Di Stefano, Legambiente –. Certo la violenza del clima non aiuta, e il Tevere è vivace di natura, ma vogliamo raccontarci che solo a Roma il fiume dev’essere ‘na selva abbandonata?” il fatto quotidiano 16 dicembre 2013

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