NONOSTANTE
IL PARERE CONTRARIO DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ: 19 ASSOLTI
COLPO
DI SPUGNA
Per
il Tribunale
il
disastro ambientale
c’è,
ma non per
volontà
degli ex vertici
di
Montedison, difesi
anche
dalla Severino
TONNELLATEINQUINANTI
Sopra,
la mega discarica di
Bussi
sul Tirino (provincia di Pescara), dove sono stati gettati per
trent
’anni rifiuti tossici e pericolosi. Inquinanti che - è l’accusa
- penetrarono
nel
terreno avvelenando la falda acquifera che serve tutta
la
zona di Pescara. Ben 700 mila persone bevvero e usarono quell’ac -
qua
per anni. Il 23 Maggio 2008 la Procura di Pescara emise 33
informazioni
di
garanzia nei confronti di dirigenti Aca (il gestore degli acquedotti
nel
Pescarese), Ato, industria chimica e enti pubblici, passati
e
presenti. In alto la corte che ha assolto gli imputati Ansa,
LaPresse
di
Antonio
Massari
Il
disastro ambientale
l'hanno
causato, sì, ma
senza
averne intenzione.
E
nel frattempo è arrivata
la
prescrizione. L'acqua
sarà
pure stata contaminata,
come
dimostrano le analisi
dell'istituto
superiore della Sanità,
ma
loro non l'hanno mai
avvelenata:
assolti. Il processo
sulla
mega-discarica di Bussi e
sul
disastro ambientale causato
dal
polo chimico della Montedison
– Ausimont
vedeva
imputate
19 persone, tra le
quali
dirigenti e tecnici della
Montedison,
ritenute responsabili
dello
sversamento dei
veleni
nelle falde acquifere.
L’epilogo
S'è
chiuso con con 19 assoluzioni.
Eppure,
che fino al 2007
l'acqua
sia stata “compromessa”
e
“contaminata da sostanze
di
accertata tossicità”, l'aveva
certificato
l'Istituto superiore
di
Sanità. Carta straccia - dobbiamo
dedurne,
in attesa della
motivazione
- visto che ieri la
Corte
d'Assise di Chieti ha assolto
tutti
gli imputati perché il
“fatto”
- ovvero l'avvelenamento
delle
acque - “non sussiste”.
La
sentenza arriva intorno
alle
5 del pomeriggio,
quando
la Corte legge un dispositivo
di
sei righe che, da un
lato,
derubricano il disastro
ambientale
– dichiarandolo
già
prescritto - da doloso in
colposo
e, dall'altro, sentenziano
che
non vi fu alcun avvelenamento
delle
acque. Sconfitta
l'accusa,
sostenuta dai pm
Annarita
Mantini e Giuseppe
Bellelli,
può esultare la difesa.
E
tra i vincitori, in questo processo,
c'è
una donna in corsa
per
la candidatura al Quirinale,
Paola
Severino, che difende
Mauro
Molinari, geologo e
consulente
della Montedison.
L'ex
ministro aveva sostenuto
in
aula e davanti alle telecamere
che
“non è con i processi penali
che
si ottengono i risultati
in
tema di ambiente, non basta
trovare
il capro espiatorio”,
aggiungendo
che la responsabilità
delle
bonifiche deve essere
estesa
allo Stato. La linea
Severino
– e degli altri difensori
-
ha evidentemente convinto
la
corte d'assise presieduta
dal
giudice Camillo Romandini,
subentrato
a Geremia
Spiniello,
ricusato perché
aveva
osato dichiarare, in
un'intervista,
che la Corte
avrebbe
“reso giustizia al territorio”.
Un
affermazione che,
secondo
i difensori, preordinava
un
giudizio di colpevolezza.
Il
“caso” Flick
La
tensione nel processo è stata
costante.
Anche ieri mattina,
quando
in aula è stato
menzionato
il nome di un altro
ex
ministro che, seppure
indirettamente,
ha avuto un
peso
nell'ultima discussione:
parliamo
di Giovanni Maria
Flick
e del suo “parere pro –
veritate”
in materia di disastro
ambientale.
Un parere che
non
gli è stato commissionato
nell'ambito
del processo Bussi,
ma
che ha scatenato una polemica
arrivata
comunque in
aula,
ieri, a pochi minuti dalla
sentenza,
con tutto il suo peso
della
sua analisi, considerata
l'autorevolezza
di chi lo firmava:
il
reato di disastro ambientale
– sostiene
Flick in sintesi -
potrebbe
risultare incostituzionale
e
aver bisogno, quindi,
del
parere della Consulta. L'ex
presidente
della Corte Costituzionale,
contattato
dal Fatto
quotidiano,
non ha voluto rivelare
chi
gli ha commissionato
il
parere: “Non posso rivelarlo,
ma
vi assicuro che la richiesta
non
è giunta da nessuna delle
parti
in causa, del processo
Bussi
io non conoscevo neanche
l'esistenza”.
Flick – senza
alcun
riferimento espresso al
processo
Bussi –ha pubblicato
il
suo parere proprio sul sito
www.
penalecontemporaneo. it :
l'editore
della rivista è l'avvocato
Luca
Santa Maria, difensore
della
Solvay che, in questo
processo,
s'è costituita parte
civile
contro la Montedison.
La
rivista ha poi deciso di rimuovere
il
“parere” (non in
quanto
“incompatibile” con la
linea
difensiva di Santa Maria,
come
abbiamo scritto erroneamente
nell'articolo
di ieri)
perché
la linea editoriale prevede
di
non pubblicare documenti
redatti
in favore o comunque
su
incarico di una
parte
processuale. L'avvocato
dello
Stato Cristina Gerardis
aveva
sostenuto in aula che il
parere
di Flick fosse un “messaggio”
alla
Corte, ieri la difesa
ha
reagito ribaltando l'accusa,
prima
che la Corte si riunisse
in
consiglio per emettere la
sentenza.
Il disastro ambientale
c'è
stato, sostiene la sentenza,
ma
soltanto colposo e
comunque
prescritto. Nessun
avvelenamento
delle acque,
invece,
nonostante una mole
di
documenti e verbali di interrogatori
raccolti
dall'accusa
certificassero
il contrario.
Scienza
e sentenza
I
pm hanno sostenuto che alcuni
imputati
sapevano che
l’acquedotto
Giardino, a partire
dal
1992, fosse stato inquinato.
E
l'acquedotto riforniva
acqua
a un bacino di 700mila
persone
in tutta la Val Pescara.
E
ancora: documenti sul mercurio
ritrovato
nel 1972 nei pesci
e
nei capelli dei pescatori
del
porto di Pescara. E le dichiarazioni
di
una dirigente
dell'Arpa,
messe a verbale dal
comandante
della Guardia Forestale,
Guido
Conti: “... è stata
accertata
la presenza di sostanze
potenzialmente
a rischio
per
la salute umana…Sarebbe
stato
necessario vietare l’erogazione
e
la distribuzione delle
stesse
acque...”. Resta in piedi
la
partita per il ripristino ambientale
dell'area.
"Dall’esito di
questa
sentenza – dice l'avvocato
dello
Stato Gerardis che
ha
chiesto 1,8 miliardi di risarcimento
-
non dipende per lo
Stato
alcuna decisione per ottenere
il
ripristino ambientale
dell’area:
il procedimento del
ministero
dell’Ambiente, nei
confronti
della Montedison,
pende
tuttora davanti al Consiglio
di
Stato. È già pronta la
citazione
civile, nei confronti
dell’azienda,
per il ripristino
dell'ambiente
e gli eventuali
danni
economici laddove non
fosse
possibile fermare l'inquinamento”.
“Sulla
discarica di
Bussi
– ha dichiarato il ministro
dell'Ambiente
Gian Luca
Galletti
- ricorriamo in appello.
Chiediamo
la condanna dei
responsabili
e il risarcimento
per
danni ambientali”.
il fatto quotidiano 20 dicembre 2014
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