L’argomento del ricatto occupazionale è tornato in tutta la sua potenza negli ultimi tempi, di fronte al Piano paesaggistico della Regione toscana, il quale si pone finalmente l’obiettivo di una progressiva chiusura delle cave operanti nell’area del Parco delle Apuane, ovviamente con opportuni ammortizzatori e riconversioni. Ora, secondo voi come ha reagito il presidente del Parco, colui che il buonsenso vorrebbe essere il suo difensore? E’ insorto in difesa delle cave e dell’occupazione che essa genererebbe. Abbagliante paradosso. Dopo il presidente, sono insorti ovviamente gli industriali, con un duro comunicato: e ciò che colpisce di più è la retorica della “comunità”, dove il marmo viene celebrato nella sua dimensione storica, oltre che in quella artistica, come se chiudere cave fosse un affronto alla storia del popolo apuano. Peccato che, a fronte di tanta retorica, la comunità apuo-versiliese del marmo benefici ben poco: dei profitti derivanti da quel business somme irrisorie restano alla comunità”, la quale anzi nel corso dei decenni si è dovuta sorbire enormi costi per ovviare ai danni ambientali. E’ davvero disturbante questo utilizzo strumentale delle memorie antiche dei cavatori e la bellezza dell’arte per giustificare l’attuale brutale rapina e devastazione dei monti.
Perciò domenica chi dice no alle cave sarà a Campocecina, sopra Carrara, dalle 11, per una “escursione sui sentieri della distruzione”, per difendere l’anima delle Apuane, e per proporre un’economia alternativa che faccia rinascere una comunità vera. http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/01/le-alpi-apuane-e-lestrazione-selvaggia/897161/
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