martedì 14 maggio 2013
La mia banca etica è Davide che sfida Golia. E può vincere Il 99% dei soldi
Andrea Baranes
La mia banca etica
è Davide che sfida
Golia. E può vincere Il 99% dei soldi
che girano
nel mondo
finanziario
non ha nulla
a che vedere
con l’economia
reale. Lottiamo
per non essere
nè vittime
nè complici il fatto quotidiano 13 maggio 2013 di Martina Castigliani
ed Emiliano Liuzzi
C’è chi dice che sembra
Don Chisciotte contro
i mulini a vento, ma
Andrea Baranes, presidente
della Fondazione Culturale di
Banca Etica, si sente più Davide contro
Golia. Perché anche se sembra
folle dirlo ad alta voce, in cuor suo sa
che non è poi così difficile vincere.
Promotore finanziario nato ingegnere
chimico, lotta per una finanza
giusta, che passi per l’abolizione di
paradisi fiscali, la tassazione
delle transazioni finanziarie
e la consapevolezza
che mettere i soldi in
una banca piuttosto che
in un’altra fa la differenza.
Camicia bianca e maniche
arrotolate, gira l’Italia
per spiegare che
cambiare le cose è facile,
basta volerlo.
Come si diventa Davide,
nel senso letterario del
termine?
Per me è stata passione.
Sono un ingegnere di formazione,
Banca Etica l’ho
conosciuta come volontario.
Una struttura meravigliosa
che dice che è
possibile dare i soldi a una
banca e sapere come li
usa. Ma non è l’unica battaglia
che ormai da anni
porto avanti.
Contro quanti altri Golia
ha scelto di combattere?
Tanti, in realtà. La mia
carriera come promotore
finanziario è cominciata
perché prima ero responsabile
delle campagne
contro il Wto (Organizzazione
mondiale del
commercio). E ora sono
tra i promotori di 005, un’iniziativa
cittadina che chiede l’introduzione
di una tassa sulle transazioni finanziarie.
Battaglie perse?
Assolutamente no. Io cerco di spiegare
i meccanismi complessi della finanza.
Voglio far capire che quelli
che girano negli ingranaggi internazionali
sono anche i nostri soldi. Perché
il pericolo è che diventiamo
complici, non solo vittime.
Come dire che anche le formiche nel
loro piccolo possono fare qualcosa?
È proprio così. Negli incontri pubblici,
io lo dico sempre, anche le formiche
nel loro piccolo si incanzzano.
E possono incidere. La crisi economica
in questo senso è stata una
grande opportunità.
Un’oppor tunità?
La gente ha meno soldi, non arriva
alla fine del mese, e riflette su quei
pochi che ha. Ci interroghiamo di
più sul dove e il come, sugli investimenti
e cosa ne fanno le banche.
Ad esempio negli Stati Uniti e in Inghilterra
ci sono state campagne per
organizzare spostamenti collettivi di
denaro (Move Your Money). I cittadini
hanno deciso ad un certo punto
di cambiare banca, e muovere i propri
soldi.
E in Italia ci sono iniziative simili a
quelle promosse negli Usa e in Inghilterra?
Sì, ad esempio mi occupo anche di
Non con i miei soldi, blog di informazione
collettiva. Sono però casi
diversi perché la situazione delle
banche in Italia è meno tragica di
quello che è successo oltre oceano.
Noi non abbiamo quel
tipo di eccessi. Occupy
Wall Street per noi è
un’esperienza quasi irripetibile.
Anche se nemmeno nel
nostro paese le banche
hanno una buona reputazione.
Semplicemente hanno
smesso di svolgere il loro
compito. Non finanziano
l’economia reale,
tra attori finanziari girano
immense quantità
di denaro, mentre poi
un cittadino per chiedere
un mutuo deve impazzire.
E’ un meccanismo
rotto.
In che senso?
Il 99% dei soldi che girano
nel mondo finanziario
non ha nulla a che
vedere con l’economia
reale, ma sono soldi che
inseguono altri soldi. La
finanza dovrebbe essere
il mercato del denaro. Si
è perso il ruolo sociale
delle banche.
Un esempio concreto?
Tra New York e Londra,
una ditta ha steso un nuovo cavo
perché prima un segnale per andare
da un computer all’altro ci metteva
65 millesimi di secondo. Ha investito
400 milioni di dollari, e ora il segnale
viaggia a 59 millesimi di secondo. Ve
lo immaginate un investimento di
questo tipo solo per guadagnare così
poco tempo? Tanto con la prima impresa
che lo utilizza e sbaraglia la
concorrenza loro sono già rientrati.
Paradossi isolati?
Basti pensare che per dimezzare la
mortalità infantile nel mondo mancano
80 miliardi di dollari l’anno. È
vero sono tanti soldi, ma per salvare
le banche abbiamo speso 4 mila 700
miliardi. Vogliamo davvero vivere in
un mondo così?
Cosa non funziona?
Le banche sono diventate una macchina
di redistribuzione della ricchezza
al contrario. Ai piccoli non si
prestano i soldi e si continua a dare
fondi al salotto buono del capitalismo.
Finanziare l’economia reale,
ospedali, asili nidi, imprese, questo
dovrebbero fare.
Ma le soluzioni sono difficili da trovare?
Non c’è difficoltà tecnica. Sappiamo
esattamente che cosa andrebbe fatto
e non lo facciamo. Chiudere i paradisi
finanziari, tassare le transazioni
e bloccare i derivati. Manca la volontà
politica di farlo. E soprattutto a
livello Europeo.
Contro le banche ma europeista?
Io sono per un’Europa forte che dia
soluzioni concrete. Il problema è che
ora abbiamo un Parlamento europeo
che non ha potere legislativo. Questo
significa che non abbiamo un’E u r opa
politica e sociale, ma solo economica.
Un’Europa più stabile e capace
di prendere decisioni condivise,
sarebbe una svolta per tutti.
Qual è il suo appello?
Cambiare la finanza per cambiare
l’Italia. Ogni cittadino deve ricordare
che siamo il carburante che alimenta
il casinò finanziario. Oltre
questo sistema c’è qualcosa che potremmo
fare tutti: pensare dove vanno
i nostri soldi. Ad esempio quanti
sanno che con i loro soldi versati in
conti correnti le banche finanziano
l’energia nucleare?
Cose che Banca Etica non fa?
Io sono di parte. Ma andate sul sito e
lì troverete tutti i finanziamenti che
Banca Etica ha fatto dal giorno della
sua fondazione. Perché non lo fanno
anche gli altri? Dobbiamo pretendere
la massima trasparenza.
La maggior parte delle persone ha
conti correnti che al massimo arrivano
a 10mila euro. Che differenza possono
fare?
Siamo una goccia nel mare, ma se
ognuno di noi decide di stare attento
e vigilare su dove vanno i propri soldi,
la musica può cambiare davvero.
Ecco perché si sente un po’ come Davide
contro Golia. È stanco?
No. Al massimo posso dire che viaggio
troppo. Ma sono ottimista. Incontro
le persone, discutiamo di temi
che il più delle volte sembrano
incomprensibili e poi vedo nei loro
occhi la voglia di cambiare. Ho scritto
un libro Finanza per indignati, perché
non è vero, non c’è niente di
complesso nella finanza.
No?
Basta avere la pazienza di capire. E
solo chi è consapevole può reclamare
il proprio potere e i propri diritti.
Per ribaltare la scala di valori.
Non mi stancherò mai dirlo: lottiamo
per non essere né vittime né
complici.
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