sabato 6 maggio 2017

Svolta ecologica dell'Enel: addio al carbone insanguinato Dopo le denunce raccolte dall'Espresso, l'amministratore delegato del colosso dell'energia decreta lo stop alle importazioni dalle miniere-scandalo colombiane. E vara un piano per la progressiva chiusura di tutte le centrali italiane alimentate dal combustibile più inquinante. Compreso il maxi-impianto di Brindisi

di Paolo Biondani annuncia uno storico piano per chiudere le centrali a carbone. Ed esce subito dall'affare internazionale più contestato. Durante l'assemblea annuale degli azionisti, l'amministratore delegato dell'Enel, Francesco Starace, ha comunicato che già da quest'anno il colosso italiano dell'energia non importerà più il combustibile nero dalle miniere della Colombia che sono state al centro di gravi denunce delle organizzazioni internazionali per i diritti umani, ricostruite inun articolo de l'Espresso sul “carbone insanguinato”.

La Colombia è il più grande produttore di carbone dell’America Latina e il quinto esportatore al mondo. Dalla regione del Cesar sono arrivati in Italia per anni i carichi di combustibile nero che hanno fatto funzionare, in particolare, le grandi centrali dell'Enel di Civitavecchia e Brindisi.

Le multinazionali straniere che controllano quelle miniere sono state accusate in Colombia e in altri paesi di aver sfruttato la povertà della popolazione, inquinato pesantemente il territorio e addirittura di aver utilizzato squadroni della morte, formati da paramilitari delle famigerate Auc, per reprimere le proteste dei lavoratori e dei loro rappresentanti sindacali, alcuni dei quali sono stati assassinati.

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Dopo anni di indagini sul campo, alcune importanti organizzazioni internazionali hanno pubblicato documenti e testimonianze sulle miniere dello scandalo, sintetizzate nel libro-inchiesta “Profondo Nero ”  e nel video “ La Via del Carbone ” diffusi nel 2016 dai ricercatori di Re:Common, oltre che in vari dossier curati dall'associazione olandese Pax.

Già l'anno scorso, dopo l'articolo de l'Espresso che sollevò il caso in Italia, l'amministratore delegato dell'Enel promise all'assemblea dei soci un'inchiesta approfondita: «Andremo a vedere di persona cosa succede in Colombia, e se non ci piace usciremo, come ha fatto Dong», dichiarò Starace, riferendosi all'azienda energetica danese che fu la prima a reagire alle segnalazioni internazionali. Ora anche il colosso italiano ha ufficializzato la decisione di non rinnovare i contratti di fornitura con le multinazionali estrattive Drummond (Stati Uniti) e Prodeco/Glencore (Svizzera).

«Dopo anni di lavoro sulla spinosa questione del carbone colombiano, siamo molto contenti della decisione dell'Enel di non rinnovare i contratti di importazione dalle miniere del Cesar e della Guajira», ha commentato Giulia Franchi di Re:Common.

Starace ha anche annunciato il varo di un piano per chiudere progressivamente tutte le centrali a carbone esistenti in Italia. Oggi l'Enel, che è controllata dallo Stato italiano, possiede vari impianti tra cui spicca la centrale di Brindisi, che è la più grande d’Europa. Il programma di uscita dal carbone partirà nei prossimi sei mesi e dovrebbe concludersi «nell'arco di 10-15 anni», ha annunciato Starace, sottolineando che la produzione di elettricità da questo tipo di combustibile è da anni in continuo calo. I ricercatori di Re:Common sottolineano che si tratta del prodotto più inquinante e chiedono all'azienda italiana di accelerare i tempi: «Le centrali a carbone vanno chiuse il prima possibile».
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