Se anche solo 10 anni fa, o 5, un giovane assessore all’Ambiente o un sindaco particolarmente illuminato si fosse posto l’obiettivo di ridurre il
consumo di suolo mettendo mano al piano regolatore, avrebbe trovato nei suoi interlocutori più prossimi (il collega di giunta più anziano ed esperto, il funzionario dell’ufficio tecnico, il segretario comunale) una reazione a metà tra il compatimento e la chiusura totale.
“Ma come – gli avrebbero detto -, vuoi mettere in ginocchio le casse del comune bloccando gli introiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione? Vuoi esporci ai probabili ricorsi dei privati che si vedranno scippare un diritto acquisito derivante da una precedente classificazione urbanistica? Vuoi contribuire con scelte di retroguardia ad implementare una crisi che sta già mettendo in ginocchio aziende e famiglie?”.
Lunedì sera ho avuto il piacere, e il privilegio, di moderare un’iniziativa pubblica promossa dal Pd di Montechiarugolo, Comune virtuoso in provincia di Parma, dedicata proprio ai temi del consumo di suolo e delle scelte urbanistiche degli enti locali. Insieme a me sono intervenuti il sindaco di
Desio (MB)
Roberto Corti e
Isabella Conti, sindaco di
San Lazzaro di Savena (BO). Portavano due esperienze diverse ma in realtà molto simili, con numerosi punti di contatto.
Due storie concrete di resistenza e lungimiranza, animate dal considerare il territorio un bene comune da preservare in un Paese dove per troppo tempo si è costruito troppo e male.
Due esperienze locali dove il tratto distintivo dell’agire amministrativo è la responsabilità: verso i cittadini e dunque verso le comunità locali amministrate. Verso un sentire comune e quindi nei confronti di un’idea alt(r)a di società. Nel Paese dove quando succede qualcosa che non va non è mai colpa di nessuno e dove viceversa se c’è qualcosa di buono è sempre merito di tutti, assumersi le proprie responsabilità suona come una specie di rivoluzione al contrario.
Le cose accadono perché ci sono persone che le fanno accadere. Le esperienze di
Desio e
San Lazzaro, in momenti e modalità diverse, sono salite agli onori della cronaca pur rappresentando quanto di più normale si dovrebbe fare nelle amministrazioni locali: l’interesse collettivo, l’interesse pubblico.
Oggi, grazie anche a queste due realtà, è stato possibile dimostrare ciò che andiamo dicendo da tempo. Si può interrompere la cementificazione barbara che ha seppellito per decenni interi pezzi d’Italia, da nord a sud. Senza per questo rischiare di dover subire ricorsi e risarcimenti danni. Senza creare disoccupazione o aggravare una crisi dalla quale usciremo nella misura in cui sapremo mettere in campo strumenti nuovi, sostenibili.
di Marco Boschini | 4 marzo 2015 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/04/cemento-zero-esperienze-confronto/1473408/
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