domenica 29 marzo 2015

NEL 2015 BOOM DELLE PM10 Ecco perché le città italiane continuano a soffocare per le polveri

 Virginia Della Sala Mentre leggete questo giornale, in alcune città d’Italia il traffico è bloccato. A Perugia, a Terni, a Bussolengo si cerca di ridurre l’inquinamento chiudendo le strade e regalando biglietti per il trasporto pubblico. Peccato che, a quanto pare, si tratti di semplici e rari palliativi perché la nostra aria è comunque irrespirabile e a dirlo sono diversi rapporti. Da quello dell’Agenzia Europea dell’ambiente a quello di Legambiente, passando per l'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, l’Italia registra in Europa il più alto numero di morti premature per inquinamento da ozono: 3.400 vittime all’anno. Ed è al secondo posto per le polveri sottili, con oltre 64 mila morti: a precederla solo la Germania, “giustificata” dall’industria pesante, dalle acciaierie e le industrie chimiche. L’ITALIA vive una delle situazioni più critiche a livello europeo soprattutto per quanto riguarda il Pm10, il Pm2,5 e l’ozono. I filtri antiparticolato applicati alle automobili, insomma, non hanno cambiato la situazione. Nonostante il miglioramento dei motori e le direttive europee per ridurre l’emissione di agenti inquinanti, non ci sono stati avanzamenti per quanto riguarda la qualità dell’aria. Soprattutto per le emissioni su strada. L’Italia è il paese con il maggior numero di veicoli in circolazione in Europa: 792,5 ogni 1000 abitanti. Partendo da questo dato, in circolazione nel nostro Paese ci sarebbero circa 40 milioni di autovetture. Fine, ultrafine, nanoparticelle, polveri sottili: il particolato secondario prodotto dai motori penetra nei polmoni, si installa nei tessuti ed è quasi la metà di quello presente nell’aria, soprattutto in alcune aree del Paese, come la pianura padana. Il trasporto stradale è la fonte principale di ossidi di azoto, con il 48 per cento del totale emesso: a quanto pare, non è stato decisamente abbattuto dall’evoluzione dei motori Euro. A dirlo è, anche in questo caso, il documento dell’Agenzia europea per l’ambiente. Guardando i dati, ci si accorge anzi che, dal 2010 al 2012, i valori di polveri sottili sono aumentati: per il Pm10 si è passati da 50,5 microgrammi al metro cubo nel 2010, al 62,5 nel 2011 poi tornati a 50,7 del 2012. E, come sottolinea il rapporto di Legambiente del 2015, i valori di abbattimento indicati nei motori Euro “riguardano il funzionamento del motore a certi standard di temperatura e di regime, che difficilmente si raggiungono muovendosi nel traffico cittadino e quindi spesso non rispondono alle emissioni reali dei veicoli che possono essere superiori”. LA SOLUZIONE è un radicale cambiamento. “Anche perché l’innovazione tecnologica ha esaurito il suo potenziale - spiega Alberto Fiorillo, responsabile Aree Urbane di Legambiente - Ormai siamo a crescita zero. Anche le più avanzate tecnologie sui carburanti tradizionali hanno svolto il massimo che potevano. Non ci sono più margini di miglioramento se non la riduzione del numero di veicoli in circolazione”. Per farlo si dovrebbe potenziare il trasporto pubblico. “E invece – sostiene Angelo Bonelli, coportavoce della Federazione dei Verdi - l’Italia destina il 35 per cento in meno di investimenti al trasporto pubblico rispetto al resto d'Europa. Per non dire che ignora completamente lo sviluppo di forme alternative di trasporto e di motori, dalle auto elettriche a quelle a idrogeno. Servirebbe una rivoluzione generale della mobilità, partendo dall’effi - cienza del trasporto pubblico”. Tornando ai numeri, secondo il rapporto europeo quasi un terzo della popolazione italiana che abita in città è stata esposta, nel 2012, alle polveri sottili. E dei 75 capoluoghi monitorati da Legambiente, almeno undici nel 2013 hanno registrato una media annuale superiore al valore limite di 26 microgrammi al metro cubo. Brescia, Milano e Monza sono ai primi posti con un valore pari a 31. Seguono Torino, Cremona e Mantova. Il numero delle città a rischio, però, aumenta se si cambia prospettiva. Il valore previsto dalla normativa europea, infatti, è superiore a quello previsto dalle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della Sanità che considera il Pm2,5 il particolato atmosferico più rischioso per la salute dell’uomo e fissa a 10 microgrammi al metro cubo la media annuale da non superare. Se si tenesse conto di questo parametro, tra le città analizzate si salverebbero solo Genova (9) e Sassari (8). “E i dati - si legge nel resoconto - confermano anche i vari rapporti stilati dalla Comunità Europea e ripresi da Ispra: tutti concordano nel dire che tra il 2009 e il 2011, fino al 96 per cento degli abitanti delle città è stato esposto a concentrazioni di particolato fine superiori ai livelli delle linee guida dell’Oms”. Insomma, tutti concordano sul fatto che le città italiane siano malate. E PER IL 2015? Nessun miglioramento. L’anno si è aperto con alti livelli di Pm 10 nell’aria di molte città italiane. Trentadue capoluoghi hanno superato la soglia massima giornaliera consentita una volta ogni tre giorni. Quattordici, un giorno ogni due. Tra questi, i principali centri urbani dell’area padana e alcune grandi città del centro sud come Roma (12 giorni di superamento) e Napoli (11 giorni). A guidare la classifica del 2015 ci sono, per il momento, Frosinone e Parma con 20 giorni di superamento del limite. Per rientrare nei ranghi non basteranno filtri né sporadici blocchi del traffico.
il fatto quotidiano 29 marzo 2015

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