Fiorenzo Caterini
L’energia presente nell’organismo non è illimitata. Lo sanno bene gli atleti di resistenza. Quando finiscono i carboidrati, l’organismo inizia a consumare lentamente i grassi. Un carburante più lento ma duraturo, come passare dalla benzina al gasolio.
La scorta di lipidi presente nell’organismo, spesso rappresenta un peso eccessivo anche per la salute, come tutti sappiamo, e pertanto una attività fisica mirata aiuta a smaltirlo.
Gli atleti che si cimentano in imprese sportive estreme, conoscono però un altro fenomeno fisiologico.
Quando anche i lipidi iniziano a scarseggiare, l’organismo proprio si trasforma in una sorta di cannibale. Inizia a mangiare se stesso, per produrre l’energia necessaria.
Il corpo si autodistrugge lentamente, inizia a metabolizzare la carne, il tessuto muscolare.
Questo fenomeno è chiaramente visibile nei casi di denutrizione o anoressia.
L’energia prodotta dalle biomasse si sviluppò in paesi agricoli in crescita economica, come il Brasile, con lo scopo di utilizzare i residui vegetali dell’agricoltura e delle foreste, e persino i rifiuti di origine organica.
Quanto di più ecologico! I residui organici che, invece di essere sprecati, bruciati a scapito della qualità dell’aria o buttati in discarica, che con questa tecnologia sono utilizzati, addirittura, per produrre energia rinnovabile, a scapito di risorse come il petrolio o il carbone!
Come direbbe Barry Commoner, è il cerchio che si chiude, finalmente.
Ed infatti anche la Comunità Europea si è adoperata per questa risorsa. Specialmente i paesi del Nord-Europa, ricchi di foreste, si sono specializzati in questa tecnologia.
Ma anche l’Italia, paese storicamente povero di materie prime, sta avanzando su questo terreno rapidamente, e ha quadruplicato in 10 anni la potenza ottenuta da questa tecnologia.
Poi sono arrivati gli incentivi.
Poi sono arrivati gli incentivi, la quota di mercato riservata, i certificati verdi, gli sgravi e le agevolazioni.
E le biomasse sono diventate un business lucroso, col mercato drogato.
Sono diventate delle voragini che hanno iniziato ad ingoiare tutto quello che di organico passava vicino.
Hanno incominciato ad importare l’olio di palma dai paesi in via di deforestazione, a creare filiere produttive di specie a rapido accrescimento e ad alto potere calorifico, con il conseguente fenomeno del “land grabbing”, tipico dei paesi poveri, la svendita dei terreni operata dai contadini del posto a favore delle grosse imprese produttrici.
Anche in Italia, con questo business incentivato, comparti agricoli di grande pregio, come quello del Grana e del Parmigiano, sono entrati in sofferenza.
In Sardegna il danno è doppio, perché, come ormai è noto, l’isola produce molta più energia di quella che consuma, e per cui non ci sarebbe un consumo locale di questa energia, ma entrerebbe nel circuito per l’esportazione verso il continente.
In questo momento ci sono alcuni grandi progetti previsti in Sardegna con il favore del Governo, con la Regione che non pare ancora avere una posizione chiara sulla vicenda.
Due di questi progetti, ad opera di due grosse imprese italiane del settore , la Mossi&Ghisolfi nel Sulcis e la Powercrop nel Campidano, una per la produzione di biocarburante e l’altra di energia diretta, prevedono la costituzione di una filiera agricola nei dintorni che, per essere conveniente, non deve allontanarsi di 70 chilometri. Si parla di migliaia di ettari coltivati a canna domestica e altre specie idonee, con una radicale trasformazione sociale ed ambientale della pianura.
L’altro progetto riguarda la cosiddetta “chimica verde” che, nelle parole delle parti in causa, dovrebbe “riconvertire” il polo petrolchimico di Porto Torres, lo stesso che vede migliaia di lavoratori in questo momento senza lavoro , con una operazione di “restyling”, trasformando la grande fabbrica inquinante in una ecosostenibile.
L’operazione, sostenuta da “Matrica”, una joint venture tra Eni e Novamont, prevedeva inizialmente una grande centrale a biomasse con la filiera della coltivazione del cardo attorno.
La questione è un po’ più complessa, in realtà.
Infatti, nonostante il dibattito su questa fantomatica “riconversione” del polo continui per inerzia, l’Eni ha già deciso che non farà nessuna centrale a biomasse, o meglio, ne farà una Matrica di ridotta potenza giusto per alimentare la fabbrica attualmente esistente.
Una fabbrica relativamente piccola, rispetto al gigantesco polo chimico pre-esistente, che impiega attualmente poco più di un centinaio di persone e, per la quale, parlare di “riconversione”, appare essere un parolone davvero sproporzionato.
In accordo con altri osservatori, penso che dietro il discorso “chimica verde”, dietro tutte le polemiche sul cardo di questi tempi, vi sia in realtà una volontà di dilazionare le costose bonifiche che una dismissione totale renderebbe obbligata e immediata.
Torneremo certamente su questo discorso.
Ora, per concludere, vorrei tornare alla metafora iniziale.
Le centrali a biomassa non consumano più il peso in eccesso e dannoso per l’organismo, ma hanno incominciato a occupare terreni agricoli, a consumare acqua, a inquinare l’aria, a ceduare i boschi d’alto fusto, a stravolgere il regime fondiario dei terreni, facendo una sorta di riforma agraria all’incontrario.
Se, come lo immaginava Barry Commoner, il mondo fosse un unico organismo, le biomasse non sarebbero altro che una fonte di energia, in questo momento, che divora se stessa, che si divora la terra.
Una fonte di energia cannibale.http://www.sardegnablogger.it/biomasse-lenergia-cannibale/
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