Milano
N
ella lista di quello
che non va, stilata
dal giudice Nicola
Gratteri, la gestione
dei beni confiscati alle mafie
è al ventitreesimo posto (su
venticinque). Eppure, a leggere
le soluzioni suggerite dalla
commissione guidata dal pm
reggino – e soprattutto l’analisi
dei problemi da affrontare – la
riforma della Anbsc (Agenzia
nazionale dei beni sequestrati e
confiscati, ndr) pare prioritaria.
IL NUMERO DI QUESTI BENI è
pari a 12.944, di cui 1.707 sono
aziende: più del 90 per cento di
queste attività produttive interessate
da un provvedimento di
sequestro seguito da confisca
definitiva, fallisce. Le ragioni di
questi naufragi endemici sono
varie: intanto, le banche tendono
a bloccare i finanziamenti
una volta che le imprese passano
in mano all’amministra -
zione giudiziaria. Poi c’è l’ine -
vitabile calo delle commesse, il
sempre crescente costo di gestione
dovuto al processo di legalizzazione
dell’azienda (la
mancanza di scritture contabili
attendibili è frequente), e il lungo
lasso di tempo che solitamente
intercorre tra il provvedimento
di sequestro e la confisca
definitiva del bene. Ma il
danno non è solo economico.
Come spiegava Gratteri presentando
le sue proposte, “lo
Stato appare, agli occhi della
collettività, come incapace non
solo di garantire un proficuo
utilizzo dei beni ma, addirittura,
di provvedere anche solo alla
loro conservazione”.
Le soluzioni però ci sono e il filo
rosso che le unisce è quello della
specializzazione. Come spiegano
i componenti della commissione,
“sia i dipendenti
dell’agenzia che i vertici devono
essere altamente qualificati,
ed esperti di management pubblico
e dinamiche aziendali
complesse”. Serve più personale,
che potrebbe essere scelto
tramite concorso pubblico. Difatti,
uno degli assunti su cui si
basa l’intera proposta è che “la
politica deve avere voglia di investire
su questo problema,
perché senza fondi la questione
è irrisolvibile”.
La proposta di maggiore impatto
è però quella di prevedere
ipotesi di destinazione anticipata
delle aziende (ma non dei
beni mobili e immobili). Ad
aspettare la sentenza di Cassazione,
infatti, resta ben poco da
gestire, perché i beni, a quel
punto, sono o decotti o già falliti.
L’idea è quindi – pur con
molte garanzie – di affidare le
imprese all’agenzia già dopo la
condanna in primo grado.
Più difficile è la questione dei
beni immobili: qualche settimana
fa il nostro giornale raccontava
di come la maggioranza
delle proprietà sequestrate ai
boss finisce per essere gestita
dai loro parenti, che (come nel
caso del favoloso Castello di
Miasino) permette a questi di
continuare a guadagnarci sopra.
Le norme insomma ci sono,
ma troppo spesso risultano
difficili da applicare.
LA COMMISSIONE suggerisce
però una via d’uscita: quella di
anticipare la pubblicizzazione
dei beni che sono vicini alla
confisca di primo grado, anche
– visto l’interesse pubblico -
utilizzando la Rai. Per lo stesso
motivo viene proposto il trasferimento
della sede dell’agenzia
da Reggio Calabria a Roma, dove
la gestione risulterebbe più
efficiente, e la supervisione affidata,
invece che al ministero
degli Interni, direttamente alla
presidenza del Consiglio. “La
possibilità di promuovere in
maniera più massiccia i beni sequestrati
permetterebbe, già
dalla fase del sequestro, di individuare
destinazioni che potrebbero
essere poi quelle definitive”,
spiegano dalla commissione.
Si legge poi nella relazione che
“la dotazione numerica del
personale dovrà essere determinato
con decreto del Presidente
del Consiglio, e il reclutamento,
al fine di assicurare
stabilità e specializzazione, si
ritiene debba avvenire per metà
mediante procedure selettive
in conformità alla legislazione
vigente in materia di accesso
agli impieghi della pubblica
amministrazione, la restante
parte attraverso procedure di
mobilità”.
Fondamentale è anche che
cambino sia il profilo del Direttore
dell’Agenzia sia la composizione
del Consiglio direttivo.
Secondo Gratteri, il primo
deve essere “scelto tra esperti
nella gestione di beni/aziende
private o di settori pubblici
complessi; quanto alla seconda
si prevede di sostituire i due
esperti in materia di gestioni
aziendali e patrimoniali, designati
di concerto dai Ministri
dell’interno e dell’economia e
delle finanze, con un esperto in
materia di gestioni patrimoniali,
un esperto di gestioni aziendali
ed uno che sappia di progetti
di finanziamento europei
e nazionali”, scelti di concerto
tra ministero dello Sviluppo e
Tesoro. il fatto quotidiano 20 febbraio 2015
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