giovedì 31 ottobre 2013

Vendola indagato pressioni per ammorbidire i controlli, Ilva 53 avvisi, assessori, tecnici e l'eroe dell'agenzia ambiente

Il fatto quotidiano 31 ottobre 2013 VENDOLA INDAGATO: “PRESSIONI PER AMMORBIDIRE I CONTROLLI” ILVA: 53 AVVISI. TRA CUI ASSESSORI TECNICI E L’“E RO E ” D E L L’AGENZIA AMBIENTE TARANTO L’Arpa voleva ridurre la produzione del siderurgico, ma dopo la “minaccia implicita” del governatore avrebbe desistito di Francesco Casula e Antonio Massari Indagato per concussione: per i magistrati di Taranto è Nichi Vendola il regista delle pressioni su Giorgio Assennato, l’uomo alla guida dell’Arpa, il nemico giurato dell’Ilva. Per l’accusa è proprio il governatore pugliese che, su richiesta dei Riva, nel 2010 interviene sul direttore generale dell’Arpa - “Mediante minaccia implicita di una mancata riconferma dell’incarico” - perché cambi atteggiamento verso la fabbrica di Taranto. Assennato nel giugno 2010 – dopo aver analizzato i valori di benzo( a)pirene nell’aria – suggeri - sce “di procedere a una riduzione del ciclo produttivo” dell’Il - va. Si tratta di una decisione durissima. Pochi giorni dopo – è il 22 giugno – durante una riunione, scrive l’accusa, Vendola “esprime disapprovazione, risentimento e insofferenza” ver - so l’Arpa e dichiara: “Così com’è l’Arpa Puglia può pure andare a casa perché hanno rotto”, aggiungendo “che in nessun caso l'attività produttiva dell’Ilva avrebbe dovuto subire ripercussioni”. DUE SETTIMANE dopo indice “un’altra riunione informale”, con i Riva, ma Assennato, “che era stato convocato, invece di essere ricevuto, veniva fatto attendere fuori dalla stanza e ammonito da un dirigente, su incarico di Vendola, a non utilizzare i dati tecnici come ‘bombe carta che poi si trasformano in bombe a mano’”. Per il pool di inquirenti, guidato dal procuratore Franco Sebastio, il pressing di Vendola funziona: Assennato si “responsabilizza” e gli industriali non chiedono più la sua testa. Negli stessi mesi il governo Berlusconi, con il primo e meno conosciuto decreto ad aziendam, risolve l’emergenza benzo(a)pirene. Ma il paradosso è che tra i 53 indagati c’è lo stesso Assennato, accusato di favoreggiamento verso Vendola, perché lo avrebbe coperto, durante gli interrogatori, smentendo di aver subìto pressioni. Per l’accusa Assennato “dichia - rava falsamente di ‘non aver mai avuto nessuna pressione e nessuna intimidazione’ e di ‘non ricordare nulla’ della riunione in cui, sebbene convocato, veniva fatto attendere fuori dalla porta”. “Non ho ricevuto nessuna pressione - dice Assennato al Fatto - La richiesta di riduzione della produzione Ilva fu inoltrata al ministero. Quindi nessuno mi ha mai bloccato”. Indagati per favoreggiamento anche l’as - sessore all’Ambiente Lorenzo Nicastro (Idv e pm in aspettativa) e l’ex assessore, oggi parlamentare di Sel, Nicola Fratoianni, accusati entrambi di non ricordare, o di negare, episodi delle riunioni del giugno 2010: in questo modo avrebbero aiutato Vendola a “eludere le indagini”. Vendola dovrà difendersi dall’accusa di concussione insieme con Fabio Riva (l’ex vice presidente del Gruppo, sfuggito all’arresto e ora a Londra in attesa di estradizione), Luigi Capogrosso, ex direttore di stabilimento, Girolamo Archinà, ex potentissimo dirigente Ilva e l’avvocato Franco Perli, anello di congiunzione tra l’azienda e i palazzi romani. “Ho il massimo rispetto per i pm: non mi lamento, anche se mi addolora, che sia verificato il mio operato”, commenta Vendola. “So di non aver violato la legge. E so anche di aver provato a capovolgere una storia omertosa, quella della grande industria, senza soggezione verso Riva. Abbiamo imposto la prima legge anti diossina. Spiegherò ai magistrati la mia condotta con la massima serenità”. Negli atti dell’inchiesta “Ambiente svenduto” - condotta dai finanzieri agli ordini del colonnello Salvatore Paiano, del tenente colonnello Giuseppe Micelli e del maggiore Giuseppe Dinoi – si legge che Assennato, dopo le pressioni, “ridimensio - nerà il proprio approccio, fino a quel momento improntato al più assoluto rigore scientifico” nei confronti dell’azienda. MA IL TERREMOTOgiudiziario con epicentro a Bari è stato avvertito anche a Roma. Nel registro degli indagati, accusati di abuso d’ufficio e rivelazione di segreto, sono stati iscritti il presidente della commissione Aia che nel 2011 autorizzò l’Ilva, Dario Ticali, il segretario e fidatissimo del ministro Stefania Prestigiacomo, Luigi Pelaggi. Per i magistrati avrebbero consentito all’azienda di ottenere un’auto - rizzazione “su misura”. L’in - chiesta “ambiente svenduto” non è del tutto chiusa. La procura ha infatti stralciato la parte relativa alla gestione dei rifiuti nello stabilimento, su cui continuano a indagare i carabinieri del Noe al comando del maggiore Nicola Candido e lo staff guidato dal custode Barbara Valenzano. Perché al di là dei provvedimenti ad aziendam e della chiusura delle indagini, lo stabilimento Ilva di Taranto, a distanza di oltre un anno dal sequestro degli impianti e dalle maxi perizie del gip Patrizia Todisco, continua a inquinare. Per legge.

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