giovedì 31 ottobre 2013
Il caso del comune di Verona del sindaco Tosi: politici che rubano sulle mense dei bimbi
Il fatto quotidiano 31 ottobre 2013
di Antonello Caporale
Riusciamo ad andare in galera o no?”. L’ag -
ghiacciante quesito è il fondale perfetto della
gara di disumanità che si è tenuta a Verona, dove
la sabbia, sì proprio la sabbia, è divenuta elemento
qualificante del menu per i bimbi delle scuole
pubbliche cittadine. Gli arresti, numerosi e importanti,
all’interno dell’agenzia comunale chiamata
a provvedere alle mense scolastiche, documentano
una tragedia ancora più acuta e definitiva.
Nella nostra testa abbiamo memoria di mazzette
e di tangenti, gare truccate,
limate, file sostituiti, inganni
pianificati e perpetrati o
anche solo ideati, nella continuità
ideale di una devianza
costituente, un morbo intraducibile
e inestirpabile dell’identità
dell’amministrazione
pubblica. Il Sud è stato sempre
un passo avanti nella gara alla
furfanteria, ma in questo caso
il Nord (pure leghista) della civile Verona, così
tanto propagandata attraverso l’immagine del
pragmatico sindaco Tosi, conferma il sospetto
che non c’è limite al peggio e non c’è salvezza verso
gli abissi.
Truccare una gara d’appalto non è la stessa cosa
che intossicare la dieta di un bambino, giocare col
suo destino e con la sua vita. La questione qui si
trasforma da criminale in disumana, nel senso vero
e pieno della parola.
C’è un dolo superiore dentro il quale un sentimento
minimo di rispetto per la vita altrui, specialmente
quando è indifesa e libera da ogni prudenza,
dovrebbe convincerci a non oltrepassare
almeno la soglia della compassione.
E fa ancora più male sapere che la vicenda nasce e si
sviluppa dentro una delle città più
ricche d’Italia, che negli anni
scorsi ha chiesto al resto del Paese,
attraverso il suo sindaco (a
proposito: ora che fa? Si dimette?)
rispetto per la legalità, rigore nella
gestione dei fondi pubblici e senso
comune per il bene comune.
Eccoci invece alla sabbia al posto
della carne, alla pianificazione
della crudeltà. I nove dirigenti
comunali arrestati, e il loro
comportamento ora agli atti del
fascicolo giudiziario, ci conducono
ancora una volta a negare
che esista un fondo, un limite,
un punto d’arresto della devianza
pubblica. Esiste purtroppo
sempre uno scalino ulteriore,
non c’è orrore che tenga.
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