Ciclone caltagirone
di Vittorio Malagutti
Il costruttore romano ha sborsato più di 700 milioni in un anno per arrivare al vertice delle Generali. Con un trading frenetico in Borsa e girandole societarie. A spese anche dei piccoli azionisti del suo gruppo
Francesco Gaetano Caltagirone fa il costruttore, l'immobiliarista, il finanziere, l'editore di giornali, il banchiere e l'assicuratore. Controlla cinque società quotate in Borsa, tra cui Cementir e Vianini. È azionista di peso della terza banca italiana, il Monte dei Paschi di Siena. E giusto un paio di settimane fa è diventato anche vicepresidente delle Assicurazioni Generali, un gradino sotto il nuovo chairman Cesare Geronzi. Un salto di qualità, hanno subito salutato la notizia analisti e commentatori in coro. E lo stesso Caltagirone, di solito assai parco di parole in pubblico, ha lasciato trasparire la sua personale soddisfazione concedendo alla stampa qualche dichiarazione un po' più incisiva del solito sui suoi programmi. Del tipo: "Generali punti su Est e Asia", come hanno riassunto i giornali.
Qualche motivo per festeggiare in effetti ci sarebbe. L'ascesa al vertice del gruppo del Leone, di cui era già socio influente e amministratore, rappresenta la definitiva consacrazione nel ruolo di 'potere forte' per un imprenditore che solo pochi anni orsono faticava a liberarsi della fastidiosa etichetta di 'palazzinaro romano'. Di più. La nomina dell'ingegnere, classe 1943, erede di una dinastia di costruttori partiti dalla Sicilia un secolo fa, servirebbe a fare da contrappunto alla tradizionale influenza di Mediobanca sulla compagnia triestina, ricchissimo scrigno del capitalismo nazionale. Così, se il nuovo presidente Geronzi è espressione innanzitutto dell'istituto che fu di Enrico Cuccia, il suo vice Caltagirone fa riferimento in primo luogo al nucleo di grandi investitori privati che vede schierati in prima linea la De Agostini guidata da Lorenzo Pellicioli, Leonardo del Vecchio di Luxottica, i soci veneti della finanziaria Ferak con gli alleati piemontesi della Fondazione Crt. Questa lettura, ovviamente, non troverà mai conferme dai diretti interessati. Tantomeno dal costruttore romano. Che però, per il solo fatto di essere in qualche modo contrapposto a un peso massimo come Geronzi, ha visto crescere alla grande il suo già notevole peso specifico.
Questione d'immagine, più che altro. Perché grazie ai suoi giornali ('Il Messaggero' di Roma, 'Il Mattino' di Napoli, 'Il Gazzettino di Venezia', la free press 'Leggo') e a una rete di rapporti politici che va da Berlusconi al Pd passando per il centro (sua figlia Azzurra ha sposato il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini) il riservatissimo Caltagirone gode da un pezzo di grande influenza nei palazzi del potere. A cui, adesso, si aggiunge anche la medaglia al valore della vicepresidenza Generali. Se non fosse per i pm di Roma, che ai primi di aprile hanno chiesto il suo rinvio a giudizio per la scalata alla Bnl del 2005 (quella dei furbetti), il trionfo sarebbe completo. Dalla speculazione immobiliare su su fino ai cieli dell'alta finanza: una carriera di successo annaffiata da un gigantesco patrimonio personale. Caltagirone? "L'uomo più liquido d'Italia", cantano da anni i sempre più numerosi biografi più o meno ufficiali. E via con le cifre, sempre difficili da verificare. Un miliardo di euro, due, tre. Tutto cash. Fantastico. In effetti, chi mette sul piatto nel giro di un anno almeno 700 milioni (ma forse di più) giusto per togliersi lo sfizio di sedersi al tavolo di comando delle Generali, può a buon diritto candidarsi al club dei Paperoni d'Italia. Alle spalle, ma distanziato di poco, dei soli Berlusconi, Ferrero e Benetton.
Classifiche a parte, di certo si può dire che Caltagirone governa il suo impero dall'alto di una montagna di soldi. Ma a ben guardare la sorpresa più grande è un'altra. Tutto quel denaro, centinaia e centinaia di milioni di euro, si muove di continuo. Scorre, rimbalza da un angolo all'altro dello smisurato organigramma del gruppo. Decine di societa, spesso semplici srl con capitale sociale di poche migliaia di euro, si passano l'un l'altra titoli e contante. Soprattutto azioni Generali. E poi Monte dei Paschi. Ovvero i due gruppi finanziari in cima alle preferenze dell'immobiliarista romano. Tutto in famiglia. Caltagirone compra, Caltagirone vende. Caltagirone vince, Caltagirone perde. Le operazioni risultano intestate a un piccolo esercito di sigle: VM 2006, Quarta Iberica, Echetlo, Finced, Ical, Costedil, Viafin, Capitolium, Pantheon 2000, Rofin, e molte altre ancora.A che serve questo gran via vai, questo gioco di sponda milionario? Vantaggi fiscali, perché il trading produce anche perdite che servono ad abbattere il carico d'imposte. Senza contare che, con tutte quelle compravendite incrociate, alla fine diventa difficile fare chiarezza sul mandante esatto degli acquisti.
Insomma, sembra proprio la strategia ideale per tenere alla larga i curiosi. E, ovviamente, anche gli avversari.
Caltagirone, però, come detto, controlla anche cinque società quotate in Borsa: la holding Caltagirone spa, la Caltagirone editore a cui fanno capo i giornali, la Cementir e, infine, le imprese di costruzioni Vianini industria e Vianini lavori. Ai prezzi correnti, e dopo i forti ribassi degli ultimi tre anni, il gruppo vale oltre 1,2 miliardi. E, fatto importante, è popolato di centinaia di investitori: piccoli azionisti e fondi.
Così, alla fine, si scopre che anche loro, i soci di minoranza, finiscono per essere coinvolti nella girandola di acquisti diretta da Caltagirone insieme a un gruppo ristretto di amministratori di fiducia. Una pattuglia di fedelissimi capitanata da Mario Delfini (da mezzo secolo nel gruppo), Albino Majore, Fabio Gera.
Un esempio pratico. Il costruttore romano punta dritto sulle Generali. Fa man bassa di acquisti in Borsa. Ma ad appoggiare la scalata sono scese in campo anche società controllate o partecipate dalla Caltagirone editore, la stessa che possiede il 'Messaggero', il 'Mattino' e così via. Che cosa c'entra il business dell'editoria con la scalata al Leone di Trieste? A prima vista poco o nulla. Eppure, come risulta dai documenti ufficiali, a partire dal 2007 la Caltagirone editore ha investito decine di milioni in azioni della compagnia assicurativa. Diversificazione di portafoglio? Un modo come un altro per impiegare la consistente liquidità in cassa? Può darsi. Va detto, però, che vengono comprati solo titoli Generali e Monte dei Paschi, ovvero i due gruppi nel mirino di Caltagirone, azionista di maggioranza nonché presidente della società editoriale. Sembra una diversificazione, come dire, piuttosto 'mirata'. Di più. Le azioni rimbalzano da una sigla all'altra. A volte fanno andata e ritorno nel giro di pochi mesi. Sono affari da decine di milioni di cui all'osservatore esterno sfugge la logica economica.
Vediamo, in estrema sintesi, com'è andata. Nel 2007 la Finced, una finanziaria controllata al 100 per cento dalla Caltagirone editore, investe circa 37 milioni in Generali. L'anno dopo vende gli stessi titoli a Rofin 2008, un'altra società che fa capo al gruppo Caltagirone (per il 30 per cento alla stessa Caltagirone editore). È un affare in perdita: la minusvalenza si aggira intorno a 2,6 milioni. Niente paura. Di lì a poco, siamo sempre nel 2008, Finced torna in pista e compra 1,8 milioni di titoli della compagnia assicurativa con base a Trieste. Rofin 2008, invece, spende quasi 30 milioni per rilevare un pacchetto di 1,2 milioni di Generali. Chi vende? Questa volta è la Capitolium, controllata da Caltagirone in persona.
Altro giro altra corsa. Nel 2008 Finced investe più di 32 milioni nel Monte dei Paschi. Dura poco. Nel 2009 Finced ha già venduto tutto. Solo che nel frattempo le quotazioni della banca senese sono calate di molto. E allora l'operazione si chiude in perdita per oltre 12 milioni. Anche Rofin nel 2009 è andata in rosso per oltre 20 milioni per effetto della vendita, con minusvalenze milionarie, del pacchetto di titoli Generali comprato giusto un anno prima. Operazioni come questa, ovviamente, lasciano il segno nel bilancio della Caltagirone editore, che è costretta a sopportare i risultati negativi della controllata Finced e della partecipata Rofin. Morale della storia: la società editrice ha chiuso il 2009 con una perdita consolidata di 39 milioni.
I conti in rosso scontano la crisi generalizzata dell'editoria e il crollo dei ricavi pubblicitari. Sul risultato, però, incide anche il trading di Borsa. La negativa gestione finanziaria del gruppo pesa per oltre 16 milioni, quasi la metà delle perdite totali. Senza contare che risorse per decine di milioni sono andate a finanziarie i raid in Borsa invece dell'attività caratteristica, cioè i giornali, che nel corso del 2009 hanno proclamato lo stato di crisi con tagli e prepensionamenti per decine di dipendenti. D'altra parte, come confermano i bilanci degli ultimi anni, la liquidità del gruppo viene gestita in modo piuttosto singolare. A fine 2009 in cassa al gruppo editoriale c'era un vero tesoro: oltre 280 milioni cash. Due anni fa erano addirittura 440 milioni, in gran parte frutto del collocamento in Borsa dei titoli della società, che risale addirittura al 2000. Quell'operazione fruttò circa 630 milioni. Ebbene, come sono stati investiti tutti questi soldi? Semplice, in gran parte restano fermi, depositati in banca. Solo che nel frattempo i tassi d'interesse sono precipitati e così pure il rendimento dei conti correnti. Compresi quelli accesi a nome della Caltagirone editore, che l'anno scorso ha incassato 3,7 milioni contro i 18,7 milioni del 2008.
Poco male. Restano in cassa, comunque, oltre 200 milioni pronti per essere investiti. Nei giornali, forse. O magari nel prossimo raid di Borsa. La solita Finced è già partita in avanscoperta. All'inizio di quest'anno ha comprato un pacchetto di 500 mila Generali. Giusto qualche settimana prima che a Trieste Caltagirone si accomodasse sulla poltrona di vicepresidente.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ciclone-caltagirone/2126511/10/1
(06 maggio 2010)
lunedì 10 maggio 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
5 commenti:
Noi c'abbiamo in maggioranza il vice-sindaco che è un pò il caltagiorone di Pontinia. Però a te non t'ho mai sentito dire nulla a riguardo. Tutto a posto ovviamente. Lessy
Con persone anonime che non hanno il coraggio di esporsi ci ritroviamo tutte le berlusconate. Io al contrario i miei pareri, posizioni le esprimo pubblicamente. Contro tutti gli affaristi e speculatori
Libralato ma chi te crede de esse, Saviano? Parli come se fossi un martire, un'eroe, un profugo de guerra!!! Michelino
capisco che non siete in grado di confrontarvi, che non ce la fate a rispondere a dati e fatti. E' evidente. Capisco anche che cercate di nascondere tutte le berlusconate. Ma la vostra coperta è sempre troppo corta. E i fatti tra malafatte, affari, speculazioni troppo grandi. rassegnatevi.
questo chiamasi conflitti d'interesse, tanto la destra quanto la sinistra ha interessi per non eliminare il problema, ci sono manager presidenti o consiglieri in 10 anche 20 aziende pubbliche e private contemporaneamente, questo è il sistema che alimenta pochi ricchi avidi e balordi che impoveriscono di anno in anno l'intera popolazione italiana.
di chi è la colpa? di qualche singolo delinquente corrotto e corruttore o dell'intero sistema politico-amministrativo?
ceres
Posta un commento