Acea, strategia cercasi disperatamente
LUCA IEZZI
Acea indecisa a tutto. Sono passati esattamente sei mesi da quando Marco Staderini è arrivato al comando della municipalizzata romana e nessuno dei nodi strategici per i quali è stato chiamato a sostituire Andrea Mangoni è stato risolto.
La trattativa con Gaz de France è in stallo dall’inizio del 2009 e non farà passi avanti per almeno un altro mese; la prospettiva di un’aggregazione con un’altra municipalizzata, a lungo si è parlato della bolognese Hera, è addirittura sparita dall’agenda. Mentre il management fatica a chiarirsi le idee dall’esterno piovono tegole, per di più da chi dovrebbe essere politicamente vicino. Il governo ha deciso di dimostrare la propria volontà liberalizzatrice partendo proprio dai servizi pubblici locali, solo una provvidenziale opera di lobbing ha permesso in qualche modo di stralciare gas ed elettricità dai mercati che dovranno essere assegnati con gara d’appalto in ogni comune.
Il primo colpo è stato schivato, non ancora il secondo: nello stesso decreto che "recupera" alcuni ritardi italiani rispetto all’Ue, è prevista la restituzione da parte delle municipalizzate quotate di alcuni sgravi fiscali ottenuti nella seconda metà degli anni 90. Secondo le stime, la lombarda A2a e Acea sono le più colpite dell’intero comparto che ha già versato 200 milioni di euro (60 milioni sono usciti dalle casse romane). Il conto finale rischia, nel peggiore dei casi, di essere raddoppiato. Federutility prepara un ricorso, ma l’unico obiettivo sembra essere quello di ritardare di qualche mese l’inevitabile esborso. Un modo per evitare l’impatto su bilanci già provati dal crollo dei consumi energetici. Per tutte le municipalizzate quotate il rischio è quello di dover azzerare i dividendi del 2009. I manager di tutta Italia sanno che è il modo più rapido per inimicarsi persino il più entusiasta dei sindaci.
Il primo cittadino di Roma, Gianni Alemanno, nel 2008 ha incassato a maggio 71 milioni di euro (quattro in più dell’anno precedente), ma erano ancora frutto della gestione Mangoni e dei 192 milioni di utili con cui ha chiuso il 2008.
Ora la situazione è cambiata, la crisi economica, ma anche l’incertezza strategica hanno trasformato Acea da una "cash cow" in un possibile problema: l’utile a giugno è già crollato del 24% rispetto allo stesso periodo del 2008, il debito è schizzato a un passo dai 2 miliardi di euro e Staderini ha persino "bussato" agli uffici della giunta per chiedere un aumento del 10% delle tariffe idriche nella capitale. Pochi centesimi per gli utenti, ma un segno di debolezza che ha aumentato, anche in Campidoglio, i critici dell’attuale gestione.
Né la presentazione del piano finanziario 201012, né l’inconsueto incontro plenario con tutti i dirigenti dell’azienda, sono bastati a calmare le acque, anche perché le difficoltà nel designare i direttori generali (una telenovela durata sei mesi) ha portato nel cuore del gruppo i difficili rapporti tra gli azionisti di Acea: il comune di Roma e Francesco Gaetano Caltagirone da un lato e Suez Gaz de France dall’altro.
E dire che proprio Staderini, manager di riferimento dell’Udc e grande mediatore, doveva essere l’uomo giusto per ricucire i rapporti con i francesi. Alemanno e Caltagirone in primavera hanno ricusato la grande alleanza che avrebbe portato Acea e Gdf a dividere i destini sulla produzione elettrica, sulla vendita ai clienti finali e anche sul gas. Un equilibrio che era sembrato troppo favorevole ai francesi, ma da allora quell’intesa ha perso diversi "pezzi" senza fare passi avanti. Gaz de France ha rinunciato a rilevare da Eni la rete del gas della capitale, mentre per le due joint venture di produzione e vendita elettrica il cda di Acea ha scelto di non decidere nemmeno a metà settembre rimandando tutto di almeno un mese. I due advisor Mediobanca e Rothschild stanno lavorando ad una nuova piattaforma che è poco più di una riorganizzazione dell’esistente: la produzione elettrica sarà affidata ad una società a maggioranza francese (le partecipazioni nelle centrali di cui dispone Gaz di France è tre volte superiore a quella di Acea), mentre l’egemonia della società di vendita sarà affidata alla municipalizzata forte del suo parco clienti. I francesi hanno altro da offrire: la controllata al 100% Italcogim che offre a livello nazionale gas ed elettricità e soprattutto la volontà di continuare ad investire per continuare a crescere sul mercato italiano.
Cosa voglia Acea si fa fatica a capirlo, con un cda che non si è mai espresso sui propri obiettivi e non ha contropartite (finanziarie e industriali) per trattare alla pari con Gdf. Il debito, soprattutto non permette grandi avventure. Risorse fresche potrebbero arrivare dalle cessioni: la rete a media tensione interessa a Terna, gli analisti di Intermonte l’hanno valutata 50 milioni. Non certo l’operazione in grado di spezzare l’incertezza.
http://www.repubblica.it/supplementi/af/2009/09/28/finanza/018laperto.html
lunedì 28 settembre 2009
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