.
Romani
SINTESI
NON TECNICA
DELLO
STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE
ai
sensi del D. Lgs 152/06 e s.m.i.
30
(Geol.
Gabrio Romani)
Via
Adriatica 111/G 06135 Perugia
g.romani@igrsrl.com
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
Latina Srl Ing. Ferdinando Ferdinandi 002amb/2013
08/2013 220/5160 Sintesi non tecnica
INDICE
INTRODUZIONE
UBICAZIONE
DEL PROGETTO
ALTERNATIVE
PROGETTUALI
1
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO
1.1
Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio
1.2
Piano Territoriale Paesistico Regionale
1.3
Piano di Tutela della Acque
1.4
Piano per il Risanamento della Qualità dell’Aria
1.5
Piano Stralcio dell’Assetto Idrogeologico
1.6
Regio Decreto n. 3267 del 30/12/1923 “Vincolo Idrogeologico”
1.7
Piano Regolatore Generale (PRG) del Comune di Latina
1.8
Piano Energetico Regionale
1.9
Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti
2
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE
2.1
Introduzione e aspetti generali
2.2
Descrizione del processo produttivo nel suo complesso
3
CARATTERISTICHE DELL’IMPATTO SULLE SINGOLE COMPONENTI E INTERVENTI
DI
MITIGAZIONE
3.1
Aspetti climatici e impatti in atmosfera
3.1.1
Emissione in atmosfera dei gas di scarico dei motori endotermici di
combustione del biogas
3.1.2
Polveri
3.1.3
Emissioni odorigene
3.2
Idrogeologia
3.2.1
Impianti di gestione delle acque di prima pioggia
3.2.2
Impianti di trattamento delle acque di processo
3.2.3
Compatibilità pozzo - acquifero
3.3
Aspetti geologici e sismici
3.4
Uso e protezione del Suolo
3.5
Aspetti vegetazionali
3.6
Aspetti faunistici
3.7
Salute Pubblica
3.7.1
Rumore
3.7.2
Traffico indotto
3.8
Aspetti paesaggistici
3.9
Interventi di mitigazione ambientale
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
Latina Srl Ing. Ferdinando Ferdinandi 002amb/2013
08/2013 230/5160 Sintesi non tecnica
INTRODUZIONE
Il
presente documento di Sintesi, redatto ai sensi del DPCM 27 Dicembre
1988, è parte
integrante
della documentazione prodotta al fine dell’espressione del
provvedimento di
Valutazione
di Impatto Ambientale, ai sensi del D. Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii. del
progetto di
realizzazione
di un impianto di produzione di energia da biogas, della potenza di
1.487 kWel, da
ubicarsi
in comune di Latina, località Latina Scalo.
L’impianto
di produzione di energia da biogas, viene proposto dalla Società
RECALL LATINA
Srl,
con Sede Legale in Viale Le Corbusier, 393 – 04100 Latina (LT) (P.
IVA 02734310598).
In
esercizio l’impianto produrrà biogas attraverso “digestione
anaerobica” di FORSU ed altre
matrici
(come meglio esplicato al capitolo 3, paragrafo 3.2): un processo
biologico di
fermentazione
in assenza di ossigeno di materia prima ad elevato contenuto
organico.
Il
biogas così prodotto verrà utilizzato per la produzione di energia
elettrica attraverso
combustione
in motore endotermico.
Il
motore opererà in assetto cogenerativo (produzione combinata di
energia elettrica e termica)
e
l’energia termica generata, sotto forma di acqua calda, sarà
interamente utilizzata per
processi
interni quali il riscaldamento della sospensione all’interno dei
digestori, l’alimentazione
termica
del sistema di trattamento del digestato liquido e l’essiccazione
di biomasse legnose.
Per
conseguire l’obiettivo sopra indicato sono stati eseguiti studi,
rilievi e verifiche sull’area di
intervento
e nel suo intorno significativo, i cui risultati sono illustrati ai
capitoli che seguono.
Lo
studio comprende la sintesi dell’analisi degli strumenti di tutela
e pianificazione territoriale ed
evidenzia
gli aspetti geologici, geomorfologici ed idrogeologici dell’area in
esame. Sono state
inoltre
trattate le caratteristiche paesaggistiche del territorio indagato.
Capitoli
specifici sono stati inoltre dedicati all’individuazione degli
impatti connessi alla
realizzazione
dell’impianto contestualizzato nella realtà ambientale e
paesaggistica del luogo.
Il
progetto in esame è stato sviluppato in piena conformità alla
normativa vigente, verificando le
relazioni
e la sua coerenza con gli obiettivi perseguiti dagli atti di
pianificazione e
programmazione
territoriale e settoriale.
Le
principali finalità del progetto, pertanto, possono essere così
sintetizzate:
��
dimensionamento
dell’impianto
e delle sue strutture in termini di massima efficienza e
produttività,
nel rispetto della sua collocazione ambientale e territoriale;
��
valutazione
della conformità del
progetto alla normativa vigente, con particolare
riferimento
ai requisiti e prescrizioni di cui al D.Lgs. n. 387 del 29 dicembre
2003
“Attuazione
della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia
elettrica
prodotta
da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricità”
e successive
modificazioni
e norme attuative, nonché al
DGR Lazio n. 16 del 13 gennaio 2010;
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��
studio
e descrizione di tutti gli elementi atti a dimostrare la
compatibilità tra
il progetto e
l’ambiente
di riferimento.
UBICAZIONE
DELL’AREA
L’area
di ubicazione dell’impianto in oggetto è sito in, località Latina
Scalo, con accesso da Via
delle
Industrie, nel territorio appartenente amministrativamente al Comune
di Latina (LT).
La
superficie complessiva dell’insediamento è pari a circa 60.000 m2;
di questi circa 30.000 m2
occupano
l’area dell’impianto (comprensiva delle aree destinata a verde,
parcheggi, spazi di
manovra,
locali tecnici, ecc.).
Ad
oggi l’area d’intervento risulta essere priva di qualsiasi
infrastruttura o intervento di
urbanizzazione,
al esclusione di un accesso su via delle industrie, utilizzato
esclusivamente
come
viabilità di servizio,.
Dal
punto di vista cartografico l’area di progetto è inquadrata:
• nella
sezione n. 400080 della CTR Lazio;
• al
Foglio n. 62 della Mappa Catastale del Comune di Latina, particelle
n. 16, 19, 20 e 99 ,
Entrando
nel dettaglio, l’ambito del territorio circostante l’impianto
appare da un lato a carattere
prevalentemente
agricolo, con la quasi totalità delle aree coltivate
(prevalentemente seminativi
e
pascoli), dall’altro caratterizzato da aree industriali e/o
artigianali (riconducibili alla D.R.S.
Depositi
Regionali Surgelati S.p.A., alla Chemtura S.r.l., al Polo Intermodale
di Latina Scalo).
In
termini di distanza dai centri abitati rilevanti (vedi Figura 1), vi
è da sottolineare che il più
vicino
è l’insediamento di Latina Scalo (direzione sud-est), che dista
circa 1,8 km dall’impianto,
seguiti
da Sermoneta (direzione nord-est), Norma (direzione nord-est), Latina
(direzione sud) e
Cisterna
di Latina (direzione nord-ovest) distanti rispettivamente circa 4 km,
6 km, 9 km e 10 km
in
linea d’aria. Per quanto riguarda gli insediamenti residenziali più
piccoli, nel comune di
Sermoneta
troviamo località Ponte Nuovo (direzione est) ad una distanza di 2,1
km, mentre nel
comune
di Latina troviamo a 7 ed 8 km le località di Borgo Podgora e di
Borgo Piave. In ultimo,
vi
è da aggiungere come all’interno del raggio di 500 m dal perimetro
del sito d’interesse siano
presenti
case sparse concentrate nel quadrante occidentale rispetto al lotto
in esame.
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ALTERNATIVE
PROGETTUALI
Le
alternative progettuali proponibili si basano in genere o sulla
scelta del sito, in base alle sue
caratteristiche,
o sulle tecnologie utilizzabili, oppure sulla cosiddetta Alternativa
0, ovvero la non
realizzazione
dell’opera proposta.
La
scelta del sito, nel caso in questione, è avvenuta in seguito alle
seguenti caratteristiche dello
stesso:
• congruenza
con la Pianificazione urbanistica e territoriale, dato che l’area è
priva di vincoli
ambientali
ostativi e rientra nella programmazione Comunale come area
Industriale;
• facile
accessibilità e raggiungibilità essendo il sito proposto ubicato
nella vicinanza di
strutture
viarie atte al passaggio dei mezzi di adduzione della materia prima
(in questo
caso
un rifiuto) e di trasporto all’esterno dei residui di lavorazione;
• scarsa
visibilità dell’opera da parte di recettori sensibili dal punto di
vista paesaggistico;
• non
rilevante valore ambientale ed ecosistemico dell’area;
• non
rilevante densità abitativa nel comprensorio finitimo al sito.
La
scelta della tipologia di tecnologie, come si vedrà in seguito, è
avvenuta al fine di
minimizzare
ogni impatto possibile sul territorio circostante, impiegando metodi
produttivi e di
lavorazione
intermedia tali da scongiurare ogni possibilità di scarichi
inquinanti in aria o in
acqua,
anche solo odorigeni o polveri, anche in caso di incidente.
In
merito all’alternativa 0, la sua scelta comporterebbe negare la
possibilità di smaltire, nel
Lazio,
una quantità di FORSU che altrimenti sarebbe destinata ad essere
smaltita fuori
Regione,
con un notevole aggravio di costi per la collettività, sia in
termini economici che di
impatto
sull’ambiente.
Sulla
base di tali considerazioni si è giunti alla conclusione che il
progetto proposto rappresenti
la
migliore alternativa possibile sia in termini di BAT, sia di
localizzazione, sia di opportunità,
soprattutto
considerando la contingenza della situazione dei rifiuti nel Lazio e
nella vicina città di
Roma.
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1.
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO
1.1
Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/2004)
Relativamente
alle disposizioni legislative in materia dei beni culturali e
ambientali, il Decreto
Legislativo,
sostituisce il D.L. 490/99 “Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di beni
culturali
e ambientali, a norma della L. 8 ottobre 1997 n. 352, art.1”. Tale
decreto entrato in
vigore
dal 1° maggio 2004, è l’unico codice dei beni culturali e del
paesaggio. Il presente
decreto,
afferma che il patrimonio culturale è costituito dai Beni culturali
e dai Beni
paesaggistici:
-
Beni culturali - le cose immobili e mobili che presentano interesse
artistico, storico,
archeologico
antropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose aventi
valore di civiltà;
-
Beni paesaggistici - gli immobili e le aree indicate dall’art. 134
del presente DL, costituenti
espressione
dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del
territorio.
In
riferimento al D.Lgs. 42/2004, le opere di intervento risultano:
Adiacenti
ma esterne (area di impianto) a Fiumi, torrenti, corsi d'acqua
iscritti negli elenchi
previsti
dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti
elettrici, approvato con
Regio
Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli
argini per una
fascia
di 150 metri ciascuna (art. 142 comma 1 lett. c) D. Lgs 42/2004),
Vedi Tav 145.
Completamente
interne (viabilità di accesso e cavidotto interrato di
collegamento): a Fiumi,
torrenti,
corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle
disposizioni di legge sulle
acque
ed impianti elettrici, approvato con Regio Decreto 11 dicembre 1933,
n. 1775, e le
relative
sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna
(art. 142 comma 1 lett.
c)
D. Lgs 42/2004). In particolare il tracciato del cavidotto e la
viabilità di accesso all’impianto
ricadono
all’interno della fascia di rispetto di 150m del canale delle acque
medie. La tutela di
questo
bene paesistico è ripresa dall’art. 46 delle NTA del PTPR.
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1.2
PIANO TERRITORIALE PAESISTICO REGIONALE (PTPR)
Piano
Territoriale Paesistico (PTP)
La
normativa di tutela paesaggistica, archeologica, dei beni culturali
ed ambientali prevede che
molte
aree del territorio siano sottoposte a vincoli, cioè limitazioni
all'uso, quali divieto di
edificazione,
cambiamenti del territorio o degli edifici esistenti ecc.
La
Legge “Galasso” 8 ago 1985, n. 431 ha stabilito una serie di
vincoli quali zone costiere,
fiumi
e torrenti, zone di interesse archeologico, zone di vincolo
paesaggistico ecc. ed ha
disposto
che le aree vincolate venissero cartografate dalle singole Regioni
nei PTP.
La
cartografia dedicata che identifica le aree vincolate del Lazio fa
capo alla Legge Regionale 6
Luglio
1998, n. 24 - "Pianificazione paesistica e tutela dei beni e
delle aree sottoposti a vincolo
paesistico".
Questa è la norma di approvazione dei P.T.P. già redatti ed
adottati dalla Regione
Lazio
con precedenti provvedimenti.
Nella
Tavola E/1 dei PTP sono riportati i Vincoli ex legge 431/85.
Oggi
tulle le norme sui vincoli a la tutela dei beni culturali ed
ambientali sono ricomprese nel D.
Lgs.
22 gennaio 2004, n.42: "Codice dei beni culturali e del
paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della
legge 6 luglio 2002, n. 137"
L’area
di intervento ricade all’interno del Pianto Territoriale Paesistico
Lazio Ambito Territoriale
n.
10 Latina.
Poiché,
presso l’area di intervento, le misure previste del PTP sono meno
restrittive rispetto a
quelle
riportate nel PTPR si rimanda all’analisi della vincolistica
prevista dal PTPR per ulteriori
approfondimenti.
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Piano
Territoriale Paesistico Regionale (PTPR)
La
pianificazione territoriale regionale fa riferimento essenzialmente
al Piano Territoriale
Paesistico
Regionale (PTPR), adottato con Delibera della Giunta Regionale del 25
luglio 2007
n.
556 e del 21 dicembre 2007 n. 1025. Il nuovo PTPR sostituisce il
precedente PTP.
Il
PTPR intende per paesaggio le parti del territorio i cui caratteri
distintivi derivano dalla natura,
dalla
storia umana o dalle reciproche interrelazioni nelle quali la tutela
e valorizzazione del
paesaggio
salvaguardano i valori che esso esprime quali manifestazioni
identitarie percepibili
come
indicato nell’art. 131 del Codice dei beni culturali e del
paesaggio D. Lgs. 42/2004.
Il
PTPR assume altresì come riferimento la definizione di “Paesaggio”
contenuta nella
Convenzione
Europea del Paesaggio, Legge 14/2006, in base alla quale esso designa
una
determinata
parte del territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il
cui carattere deriva
dall’azione
di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni.
Il
paesaggio è la parte del territorio che comprende l’insieme dei
beni costituenti l’identità della
comunità
locale sotto il profilo storico-culturale e geografico-naturale
garantendone la
permanenza
e il riconoscimento.
Il
Piano Territoriale Paesaggistico Regionale è lo strumento di
pianificazione attraverso cui, nel
Lazio,
la Pubblica Amministrazione disciplina le modalità di governo del
paesaggio, indicando le
relative
azioni volte alla conservazione, valorizzazione, al ripristino o alla
creazione di paesaggi.
Il
PTPR riconosce il paesaggio in quanto componente essenziale del
contesto di vita della
collettività
e ne promuove la fruizione uniformandosi a principi e metodi che
assicurino il
concorso
degli enti locali e l’autonomo apporto delle formazioni sociali,
sulla base del principio
di
sussidiarietà.
Il
PTPR sviluppa le sue previsioni sulla base del quadro conoscitivo dei
beni del patrimonio
naturale,
culturale e del paesaggio della Regione Lazio
Per
l’analisi dell’interferenza del progetto in esame con le norme
del PTPR, sono riportate le
TAV
140, la TAV 145, la TAV 146 e la TAV 147 che rappresentano
rispettivamente stralci degli
elaborati
cartografici allegati al Piano come Tavola A, Tavola B, Tavola C e
Tavola D con
l’ingombro
dell’impianto a biogas, della viabilità di accesso e del tracciato
del cavidotto interrato
di
collegamento alla linea elettrica nazionale.
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Dall’esame
degli elaborati grafici riprodotti, si evince come l’area
dell’impianto interagisce con
alcune
delle norme di tutela definite dal Piano Paesistico Territoriale
Regionale.
Tavola
A
In
base a quanto riportato nelle cartografie allegate al PTPR (Tavola A
Foglio n. 35), tutte le
opere
di progetto ricadono esclusivamente in un sistema di Paesaggio
Agrario è più
specificatamente
in Paesaggio Agrario di Valore.
La
disciplina di tutela, d’uso e di valorizzazione del Paesaggio
Agrario di Valore è prevista
dall’art.
25 delle Norme del PTPR.
L’art.
25 del PTPR intende per Paesaggio agrario di valore “porzioni di
territorio che conservano
la
vocazione agricola anche se sottoposte a mutamenti fondiari e/o
colturali”.
In
base alla Tabella A dell’art, 25 del PTPR, le Componenti del
paesaggio e gli elementi da
tutelare
nel Paesaggio Agrario di Valore sono:
��
Seminativi
di media e modesta estensione;
��
Colture
tipiche o specializzate permanenti (vigneti frutteti, oliveti
castagneti, noccioleti);
��
Vivai;
��
Colture
orticole;
��
Centri
rurali utilizzabili anche per lo sviluppo di attività complementari.
Il
rispetto delle componenti del paesaggio e degli elementi da tutelare
suddetti, nel Paesaggio
Agrario
di Valore interno all’area di intervento, è stato oggetto di
valutazione in fase di adozione
degli
strumenti urbanistici vigenti, che hanno previsto per questo lotto
una destinazione
Urbanistica
a Zona D (Zona Industriale). I terreni oggetto di intervento, anche
se attualmente
utilizzati
come seminativo, non costituiscono un nucleo organico produttivo
riconducibile ad una
specifica
realtà agraria in quanto frammentati in varie proprietà ed isolati
da più ampi contesti
agricoli
limitrofi. Nel complesso i terreni inedificati circostanti ricadenti
anch’essi in zona con
destinazione
d’uso Industriale non presentano continuità con altri appezzamenti
agricoli
essendo
chiusi tra l’edificato industriale, le infrastrutture viarie e
l’aeroporto Camani. In base a
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quanto
detto i terreni oggetto di intervento non sono mai stati
contraddistinti da una particolare
vocazione
agricola rimanendo nelle disponibilità di vari proprietari e non
assorbiti dalle realtà
agrarie
operanti nell’area Pontina.
Inoltre
la realizzazione delle opere in progetto non insiste sensibilmente
sui fattori di rischio e gli
elementi
di vulnerabilità del Paesaggio Agrario di valore in quanto:
��
sono
previste limitate modificazioni dell’assetto fondiario, agricolo e
colturale;
��
L’intervento
non comporta suddivisione e frammentazione del paesaggio;
��
Non
è prevista l’intrusione di elementi estranei o incongrui con la
configurazione
compositiva,
percettiva e simbolica attuale (presenza area industriale);
��
Non
sono previste modificazioni dei caratteri strutturanti il territorio
agricolo;
��
La
riduzione di suolo agrario è irrilevante rispetto all’ambito
paesaggistico e all’area
vasta;
��
Non
è prevista un’intensificazione dello sfruttamento agricolo;
��
Non
verranno condotte modificazioni della funzionalità ecologica,
idraulica e
dell’equilibrio
idrogeologico dell’area.
Sempre
la Tabella A dell’art, 25 del PTPR riporta tra gli Obiettivi di
tutela e miglioramento della
qualità
del paesaggio, anche in relazione ad uno sviluppo sostenibile, la
possibilità di
valorizzare
energia rinnovabile all’interno del Paesaggio Agrario di Valore.
In
base a quanto finora detto la realizzazione del progetto non
compromette sensibilmente le
componenti
e gli elementi da tutelare del Paesaggio Agrario di Valore ed è in
linea con gli
obiettivi
di tutela e miglioramento della qualità del paesaggio.
In
riferimento alle azioni/trasformazioni e obiettivi di tutela previste
per la tipologia di “paesaggio
agrario
di valore” nella Tabella B dell’art. 25 del PTPR il progetto si
configura come “Impianto
per
la produzione di energia areali con grande impatto territoriale
(centrali idro – termoelettriche,
impianti
di termovalorizzazione, impianti fotovoltaici)” consentito al punto
6.3 “secondo le
procedure
delle norme vigenti in materia, previo accertamento in sede di
autorizzazione
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paesaggistica
della compatibilità con i valori riconosciuti del contesto agrario
ed alla
realizzazione
di misure ed opere di mitigazione degli effetti ineliminabili sul
paesaggio e di
miglioramento
della qualità del contesto rurale”.
L’intervento
proposto include, nelle scelte progettuali, il rispetto delle
disposizioni regolamentari
previste
per il Paesaggio agrario di valore come riportate in Tabella C
dell’art. n. 25 del PTPR.
Tavola
B
In
base a quanto riportato nelle cartografie allegate al PTPR (Tavola B
Foglio n. 35 - Beni
Paesaggistici),
le opere di progetto ricadono o lambiscono aree individuate come Beni
Paesaggistici
(vedi TAV 145). In particolare:
Il
terreno di sedime dell’impianto è adiacente ma esterno alla fascia
di rispetto di 150m dai corsi
delle
acque pubbliche normata dall’art. 35 del PTPR. Il corso d’acqua
tutelato è il Canale delle
Acque
Medie. Si ricorda che l’impianto non interferirà in alcun modo con
il bene tutelato e con la
vegetazione
antropica arginale esistente (distanza impianto bene tutelato >=150m;
distanza
impianto
vegetazione arginale >= 140m).
Il
terreno di sedime dell’impianto è adiacente ma esterno alla fascia
di rispetto di 150m dai
canali
delle bonifiche agrarie e le relative sponde normata dall’art. 46
del PTPR. Il canale di
bonifica
tutelato è il Canale d’Irrigazione (ex canale di derivazione a
servizio dello Zuccherificio).
Si
ricorda che l’impianto non interferirà in alcun modo con il bene
tutelato e con la vegetazione
antropica
arginale esistente (distanza impianto bene tutelato >=154m;
distanza impianto
vegetazione
arginale >= 150m).
La
viabilità di accesso all’impianto ed il cavidotto interrato di
collegamento saranno
completamente
ricadenti nella fascia di rispetto di 150m dai corsi delle acque
pubbliche normata
dall’art.
35 del PTPR. Il corso d’acqua tutelato è il Canale delle Acque
Medie. La viabilità di
progetto
occuperà circa 2.946m2 interni alla fascia di rispetto dell’argine
sinistro del canale,
mentre
il cavidotto interrato di collegamento occuperà una superficie di
circa 520m2 all’interno
della
stessa fascia di rispetto. La nuova viabilità di accesso
all’impianto sarà posta ad una
distanza
superiore a 70m dal bene tutelato e non interferirà in alcun modo
con il corso d’acqua
e
la vegetazione antropica arginale esistente. Il cavidotto interrato
in progetto non interesserà
minimamente
il canale delle acque medie (bene tutelato) e tantomeno la
vegetazione antropica
arginale
esistente.
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L’art.
35 del PTPR cita al comma 1 “Ai sensi dell’articolo 142 co1,
lettera c), del Codice sono
sottoposti
a vincolo paesistico i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua
iscritti negli elenchi di cui al
testo
unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici,
approvato con regio
decreto
11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli argini
per una fascia di
150
metri ciascuna, di seguito denominata fascia di rispetto”.
Lo
stesso art. 35 riporta a comma 6 “I corsi d’acqua e le relative
fasce di rispetto debbono
essere
mantenuti integri e inedificati per una profondità di metri 150 per
parte; nel caso di canali
e
collettori artificiali (condizione di progetto), la profondità delle
fasce da mantenere integre e
inedificate
si riduce a metri 50”.
Al
comma 8 dell’art 35 del PTPR si ha: “Per le zone C, D ed F, di
cui al Decreto Ministeriale 2
aprile
1968, come delimitate dagli strumenti urbanistici approvati alla data
di adozione dei PTP
o,
per i territori sprovvisti di PTP, alla data di entrata in vigore
della l.r. 24/98 nonchè per le aree
individuate
dal PTPR, ogni modifica allo stato dei luoghi nelle fasce di rispetto
è subordinata alle
seguenti
condizioni:
a)
mantenimento di una fascia di inedificabilità di metri 50 a partire
dall’argine;
b)
comprovata esistenza di aree edificate contigue;
c)
rispetto della disciplina di altri eventuali beni dichiarati di
notevole interesse pubblico o
sottoposti
a vincolo paesistico.”
Poichè
l’area di intervento ricade in zona D ai sensi del DM 2 Aprile 1968
ed in base a quanto
riportato
nell’art. 35 del PTPR comma 8, la realizzazione della viabilità di
accesso al lotto e del
cavidotto
interrato è ammissibile in quanto è mantenuta una fascia di
inedificabilità di 50m a
partire
dall’argine, sono presenti aree edificate contigue (vedi TAV 145) e
non sono presenti
interferenze
con altri eventuali beni dichiarati di notevole interesse pubblico o
sottoposti a
vincolo
paesistico.
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Tavola
C
Nella
Tavola C Foglio n. 35 Beni del Patrimonio naturale e culturale e
azioni strategiche del
PTPR
(vedi TAV 146), il lotto di intervento risulta esterno a beni ed
ambiti prioritari delineati
nello
strumento urbanistico.
Il
lotto di intervento ricade ad una distanza di circa 250m dalla rete
ferroviaria Roma-Napoli
delineata
nel PTPR come percorso panoramico ai sensi dell’art. 31 bis e 16
della L. R. 24/98.
Per
tale motivo si è ritenuto utile valutare nei successivi paragrafi
l’impatto visivo generato
dall’opera
sulla skyline dei potenziali viaggiatori presenti sulla linea
ferroviaria.
Tavola
D
Nella
Tavola D Foglio n. 35 del PTPR (vedi TAV 147), il lotto di intervento
e le relative opere
accessorie
risultano esterne a beni appartenenti all’inviluppo dei beni
paesaggisti.
Sulla
base di quanto finora esposto, si può affermare la compatibilità
dell’opera di progetto
rispetto
ai vincoli di tipo paesaggistico-ambientale definiti dal PTPR, anche
in virtù delle stesse
caratteristiche
costruttive dell’opera, le modalità di esercizio dell’impianto e
la tipologia dell’area
di
intervento.
Si
deve infatti ricordare che:
-
le opere di progetto non interferiranno sensibilmente con i beni
tutelati descritti né
quantomeno
ne inficeranno la percezione visiva.
-
l’opera di progetto non comporta trasformazioni rilevanti del
territorio e non prevede
interventi
significativi di carattere infrastrutturale;
-
è garantita una sostanziale conservazione dell’assetto attuale del
territorio, in quanto gli
interventi
previsti comportano modesti scavi e/o movimentazioni di terreno, che
non
alterano
in modo sostanziale il profilo del terreno;
-
gli interventi di progetto non prevedono in alcun modo modificazione
alla vegetazione
esistente
eposta ad istanza mai inferiore a 30m;
-
la visuale panoramica percepita da diversi punti di osservazione
(come evidenziato nello
Studio
di Inserimento Paesistico allegato e nel paragrafo 3.8) non è
condizionata in
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modo
rilevante dalla presenza dell’opera di progetto e poco
significativa è da ritenersi la
sottrazione
di paesaggio e di terreno agricolo, indotta dall’opera stessa.
Sulla
base di quanto sopra esposto, si può sicuramente affermare la piena
compatibilità
dell’opera
di progetto rispetto ai vincoli di tipo paesaggistico-ambientale
definiti dal PTPR,
anche
in virtù delle stesse caratteristiche costruttive dell’opera, le
modalità di esercizio della
stessa
e la tipologia dei terreni interessati dall’intervento.
1.3
PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE
Il
Piano di tutela delle acque costituisce un adempimento della Regione
per il perseguimento
della
tutela delle risorse idriche in tutte le fa ttispecie con cui in
natura si presentano.
Il
Piano di tutela prende le mosse da una approfondita conoscenza dello
stato delle risorse, sia
sotto
il profilo della qualità che sotto il profilo delle utilizzazioni.
La
normativa vigente in tema di tutte la delle acque è attualmente
definita dal D.Lgs 3 aprile
2006
n.152 – Norme in materia ambientale –. Il Piano di Tutela delle
Acque della Regione Lazio
è
stato redatto ai sensi della precedente normativa, D.Lgs 152/1999 e
s.m.i., in vigore al
momento
della raccolta, elaborazione e valutazione dei dati.
Il
Piano sarà oggetto di successive revisioni in coerenza con gli
indirizzi generali e gli atti di
coordinamento
emanati dallo Stato e dalle Autorità di bacino distrettuali, come
previsto dal
D.Lgs
152/2006.
Il
presente Piano di Tutela contiene:
a)
i risultati delle at tività conoscitive;
b)
l’individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per
specifiche destinazioni;
c)
l’elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree
richiede;nti specifiche misure di
prevenzione
dall’inquinamento e di risanamento
d)
l’indicazione temporale degli interventi e delle relative priorità;
e)
il programma di verifica dell’efficacia degli interventi;
f)
gli interventi di bonifica dei corpi idrici.
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Gli
studi condotti hanno portato a suddividere il territorio regionale in
39 bacini; di questi 36
individuano
altrettanti corpi idrici significativi, uno raccoglie i bacini
endoreici presenti nella
Regione
cui non è possibile associare corpi idrici significativi e gli
ultimi due sono costituiti dai
sistemi
idrici delle isole Ponziane.
Il
Piano ha richiesto una conoscenza approfondita della struttura del
territorio nei suoi vari
aspetti
geologici, idrologici, idrogeologici, vegetazionali, di vulnerabilità
e di pressione antropica
da
confrontare conil risultato dell’analisi della qualità delle acque
e con le specifiche protezioni
previste
dalla legge per porzioni di territorio interessate da corpi idrici a
specifica destinazione.
Gli
studi, che hanno richiesto un anno e mezzo di raccolta dati ed
elaborazioni, sono riportati
nei
successivi volumi e rappresentati in sintesi cartografica per bacino
nell’atlante dei bacini
idrografici.
Lo
stato qualitativo dei corpi idrici profondi e superficiali appare
dagli studi sulla individuazione
delle
zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola, dal monitoraggio
delle emergenze delle falde e
dal
monitoraggio dei corpi idrici superficiali.
Negli
studi condotti per la individuazione delle zone vulnerabili ai
nitrati e dal monitoraggio delle
sorgenti
si evince che i grandi complessi idrogeologici, sedi delle risorse
idriche profonde iù
importanti,
sono in buono stato di conservazione qualitativa. Dagli studi
condotti dalle Autorità di
Bacino
emerge invece che alcuni complessi, quali quelli dei sistemi
vulcanici, pongono problemi
in
ordine alla conservazione quantitativa delle risorse, in relazione ad
utilizzazioni al di sopra
delle
possibilità delle falde. Per le situazioni accertate sono state
assunte dalla Giunta
Regionale
provvedimenti per il governo delle utilizzazioni degli acquiferi.
Per
altre situazioni per le quali le conoscenze non hanno ancora
raggiunto il necessario
approfondimento
sono in corso studi; le norme di attuazione fissano semplici regole
che
potranno
condurre a soluzione le problematiche poste dallo sfruttamento
intensivo delle falde.
Lo
stato qualitativo dei corpi idrici superficiali si presenta molto più
complesso e non del tutto
tranquillizzante.
Dall’esame
della tavola si evince che nel Lazio è molto esteso lo stato di
qualità ambientale
“sufficiente”,
anche per bacini dove sarebbe stato logico attendersi una qualità
migliore in
relazione
alla limitata pressione antropica come per esempio nel reatino. Tale
stato si estende
anche
nel viterbese e nei bacini del Liri e del Melfa.
L’area
ricade nel bacino n. 27 “Rio Martino”.
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1.4
PIANO DI RISANAMENTO DELLA QUALITA’ DELL’ARIA
Il
Piano di risanamento della qualità dell’aria è lo strumento di
pianificazione con il quale la
Regione
Lazio da applicazione alla direttiva 96/62/CE, direttiva madre “in
materia di valutazione
e
di gestione della qualità dell’aria ambiente” e alle successive
direttive integrative.
In
accordo con quanto prescritto dalla normativa persegue due obiettivi
generali:
-
il risanamento della qualità dell’aria nelle zone dove si sono
superati i limiti previsti dalla
normativa
o vi è un forte rischio di superamento,
-
il mantenimento della qualità dell’aria nel restante territorio;
attraverso
misure di contenimento e di riduzione delle emissioni da traffico,
industriali e diffuse,
che
portino a conseguire il rispetto dei limiti imposti dalla normativa,
ma anche a mantenere
anzi
a migliorare la qualità dell’aria ambiente nelle aree del
territorio dove non si rilevano
criticità.
I
Comuni e le Province insieme ad ARPA Lazio sono chiamate in base alle
loro competenze ad
attivare
ed intensificare i controlli sulle emissioni degli impianti termici
civili e degli impianti
industriali
e a porre particolare rilievo alle attività autorizzative AIA.
Anche
la Regione viene investita di compiti volti ad incentivare la
conversione a metano degli
impianti
di riscaldamento alimentati con combustibili non gassosi, dando
priorità ai comuni di
Roma
e Frosinone; ad incentivare il ricorso a fonti di energia rinnovabile
o assimilata ai fini del
soddisfacimento
del fabbisogno energetico per il riscaldamento, il condizionamento,
l'illuminazione
e la produzione di acqua calda sanitaria degli edifici; a promuovere
iniziative per
l’utilizzo
di impian ti di cogenerazione e teleriscaldamento in particolare in
strutture pubbliche
sanitarie
e nelle aree di nuovo sviluppo edilizio, ecc.
La
Regione deve inoltre promuovere attività di ricerca e sviluppo
tecnologico finalizzate alla
realizzazione
di sistemi non convenzionali per la trazione autoveicolare e la
produzione di
energia
elettrica.
Particolare
rilievo viene dato all’informazione e sensibilizzazione della
popolazione: il successo
delle
azioni del Piano sarà maggiore se la popolazione verrà coinvolta e
resa partecipe dei
problemi
dell’inquinamento, consapevole della necessità di attuare
cambiamenti
comportamentali
e abitudinari in tema di mobilità, consumo energetico e sul rispetto
delle
risorse
disponibili. Nel Piano viene previsto
che
la Regione e gli Enti Locali, ciascuno nell’ambito delle proprie
competenze, promuovano
iniziative
di divulgazione, di informazione e di educazione ambientale, sulla
natura, le sorgenti,
la
diffusione degli
inquinanti
nonché sullo stato della qualità dell’aria ambiente e degli
effetti sulla salute umana.
Committente:
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Ai
fini dell’attuazione delle misure del pia no sono state
individuate, nel territorio regionale, tre
zone
differenziate da diversi livelli di criticità dell’aria ambiente:
• zona
A, che comprende i due agglomerati di Roma e Frosinone dove si
osservano le
maggiori
criticità sia per l’entità dei superamenti dei limiti di legge,
sia per la quantità di
popolazione
esposta;
• zona
B, che comprende i comuni dove è accertato, sia con misure dirette o
per risultato del
modello
di simulazione, l’effettivo supera mento o l’elevato rischio di
superamento, del limite
da
parte di almeno un inquinante;
• zona
C, che include il restante territorio della Regione nel quale
ricadono i comuni a basso
rischio
di superamento dei limiti di legge
Alcune
delle azioni previste riguardano l’intero territorio regionale al
fine di garantire il
mantenimento
della qualità dell’aria ove non si riscontrano superamenti dei
valori limite; altre
misure
interessano i comuni dove è accertato l’effettivo superamento o
l’elevato rischio di
superamento
del valore limite da parte di almeno un inquinante. Infine per i due
agglomerati più
critici
(Roma e Frosinone) sono previsti ulteriori provvedimenti specifici.
Si
riportano schematicamente le misure individuate:
Su
tutto il territorio regionale zone A; B e C sono previsti:
• Provvedimenti
per la riduzione delle emissioni di impianti di combustione ad uso
civile;
• Provvedimenti
per la riduzione delle emissioni di impianti di combustione ad uso
industriale;
• Provvedimenti
per la riduzione delle emissioni diffuse;
• Controllo
delle emissioni dei veicoli.
Nelle
zone A e B sono previsti:
• rinnovo
e potenziamento del trasporto pubblico con mezzi a basso impatto
ambientale;
• iniziative
di incentivazione all’utilizzo dei mezzi pubblici;
•
ammodernamento
delle flotte delle società di servizi pubblici con mezzi conformi
alle
normative
europee;
• adozione
da parte dei Comuni del Pia no urbano del traffico, limitazione della
circolazione
veicolare
nel centro urbano, adozione del piano del traffico merci al fine di
evitare o ridurre la
circolazione
dei mezzi pesanti all’interno dei centri urbani.
Per
la verifica ed il monitoraggio del piano verranno predisposti
specifici rapporti al fine di
valutare
lo stato di attuazione delle misure e soprattutto la loro efficacia
in termini di riduzione
delle
concentrazioni di inquinanti in atmosfera.
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Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
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In
considerazione degli effetti sulla salute umana associati
all’inquinamento atmosferico è
prevista
anche una valutazione dell’impatto sanitario delle misure.
Il
Comune di Latina ricade in zona B (vedi figura sottostante).
1.5
PIANO STRALCIO ASSETTO IDROGEOLOGICO
Altro
importante strumento di pianificazione e gestione del territorio,
esistente a livello regionale,
è
Il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), che
costituisce uno strumento conoscitivo,
normativo
e tecnico mediante il quale sono programmate e pianificate azioni,
norme d’uso ed
interventi
al fine della conservazione, difesa e valorizzazione del suolo e alla
prevenzione del
rischio
idrogeologico.
Esso,
infatti, rappresenta, nel territorio regionale, i livelli di
pericolosità e rischio derivanti dal
dissesto
idrogeologico relativamente alla dinamica dei versanti ed alla
pericolosità
geomorfologica
e alla dinamica dei corsi d’acqua ed alla pericolosità idraulica e
d’inondazione.
Il
P.A.I. – Piano per l’Assetto Idrogeologico è stato adottato con
deliberazione del Comitato
Istituzionale
n. 1 del 13 luglio 2009 (B.U.R.L. n. 37 del 07/10/2009)
L’intervento
di progetto non interagisce in alcun modo con le definizioni e norme
del PAI,
essendo
infatti localizzato al di fuori di qualsiasi area catalogata e
definita dal PAI stesso come
area
a rischio frana o a rischio esondazione (Vedi TAV 148).
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1.6
R.D.L. N. 3267 DEL 30 DICEMBRE 1923 (“VINCOLO IDROGEOLOGICO”)
Il
Regio Decreto Legge n. 3267/1923 prevede il riordinamento e la
riforma della legislazione in
materia
di boschi e di territori montani. In particolare, all’art. 1, il
decreto sottopone a vincolo
idrogeologico,
i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di
forme di uso
contrastanti
con la norma, possono subire denudazioni, perdere la stabilità o
turbare il regime
delle
acque, causando un danno pubblico. I successivi art. 7, 8 e 9
definiscono una serie di
prescrizioni
sulla utilizzazione e la gestione dei territori vincolati; l’art. 7
prescrive che la
trasformazione
dei boschi in altre qualità di coltura e dei terreni saldi in
terreni soggetti a
periodiche
lavorazioni, sono subordinate ad autorizzazione rilasciata dal
comitato forestale, nel
rispetto
delle modalità da esso prescritte.
L’interazione
delle opere di progetto con questa norma di tutela non sussiste, in
quanto sia
l’impianto
che le opere accessorie (viabilità e cavidotto di collegamento) sono
esterne e distanti
da
aree sottoposte a “vincolo idrogeologico” (vedi Tav 150).
1.7
PIANO REGOLATORE GENERALE (PRG) COMUNE DI LATINA
Il
lotto oggetto di analisi è localizzato, come detto, in località
Latina Scalo, in zona individuata
nel
Piano Regolatore generale del Comune di Latina come: Zona
Territoriale Omogenea (ZTO)
F,
Sottozona F1 – ZONA INDUSTRIALE (Zona D ai sensi del DM 2 Aprile
1968) (vedi TAV 120
ed
estratto a seguire)
In
questa Sottozona è consentita la costruzione di stabilimenti ed
impianti industriali in genere,
su
superfici minime di 1.000 mq per medie industrie e 10.000 mq per le
grandi industrie.
Per
la determinazione dell’area utile alla costruzione dell’impianto
sono prese in considerazioni
le
distanze minime riportate nelle Norme Tecniche del P.R.G. e del
P.P.E. : distacco dal ciglio
stradale
pari a 40m, distanze dai confini o dai corpi di fabbrica dello stesso
complesso di
almeno
7m o comunque pari all’altezza dell’edificio principale (nel caso
in esame 14m) e
distanze
minime dalle recinzioni di 7m.
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In
base agli indirizzi regionali e provinciali e alle Norme Tecniche
Attuative del PRG del
Comune
di Latina l’intervento è compatibile con le attività previste con
la destinazione
d’uso
descritta.
1.8
PIANO ENERGETICO REGIONALE
Il
progetto qui proposto, oltre ad andare nella direzione indicata in
quanto polifunzionale,
rispondendo
sia alle necessità di smaltimento della frazione organica
differenziata degli RSU,
sia
al completo riutilizzo degli stessi, contribuisce alla realizzazione
degli obiettivi del PER
producendo
energia elettrica rispettando tutte le indicazioni del PER stesso.
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1.9
PIANO REGIONALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI
Considerando
che la realizzazione di un impianto a recupero energetico e totale
equilibrio di
massa,
come quello proposto, concorre sicuramente al raggiungimento degli
obiettivi di Piano,
che
non vi sono fattori escludenti nella localizzazione, che l’aspetto
di attenzione rispetto alla
qualità
delle risorse idriche è stato preso in debita considerazione in fase
progettuale e che vi
sono
almeno sei fattori preferenziali evidenziati nella scelta del sito,
si può concludere che
l’impianto
previsto è perfettamente in linea con quanto pianificato dal Piano
Regionale di
Gestione
dei Rifiuti.
2
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE
2.1
INTRODUZIONE ED ASPETTI GENERALI
Il
presente paragrafo è volto a descrivere l’impianto di digestione
anaerobica per la
stabilizzazione
ed il recupero energetico alimentato con la Frazione Organica dei
Rifiuti Urbani
(FORSU),
con scarti agroindustriali e agro-alimentari.
Nella
fattispecie il rifiuto organico in ingresso, dopo opportuni
pre-trattamenti finalizzati alla
rimozione
di contaminanti inerti quali plastiche (sovvallo leggero), metalli
(sovvallo pesante),
sabbie
ed altre matrici, sarà indirizzato alle vasche di digestione
anaerobica ove avverrà la fase
di
bio-trasformazione anaerobica delle sostanze volatili in biogas.
Il
substrato di risulta del processo di produzione del biogas, è un
sottoprodotto denominato
“digestato”
che sarà separato in una fase liquida pompabile ed una fase solida
palabile.
Il
biogas, viene estratto dai digestori mediante idoneo sistema e, a
seguito di opportuno
pretrattamento,
è inviato ad alimentare la centrale di cogenerazione costituita da
motori a
combustione
interna per la produzione combinata di energia elettrica e termica.
L’energia
elettrica viene ceduta interamente alla rete di distribuzione
nazionale (al netto
dell’autoconsumo),
con punto di recapito presso la cabina ENEL appositamente
predisposta;
l’energia
termica viene reimpiegata nel processo di pastorizzazione del rifiuto
organico
pretrattato,
nel riscaldamento delle biomasse all’interno dei digestori, nel
sistema di
depurazione
del digestato separato liquido (fase di evaporazione/condensazione) e
nel sistema
di
essiccazione delle biomasse legnose.
Le
due fasi solida e liquida del digestato, separate mediante un
processo di centrifugazione,
seguono
due distinti percorsi nell’ambito delle successive fasi di
processo: la fase solida
(compresi
dunque i residui solidi della decantazione) viene inviata a impianto
di compostaggio
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esterno,
completando dunque il processo di biotrasformazione; la fase liquida
viene in parte
ricircolata
in testa al processo per agevolare la formazione della miscela da
sottoporre a
digestione
anaerobica ed in parte inviata al sistema di depurazione delle acque
di processo e,
dopo
una serie di opportuni trattamenti (correzione pH, evaporazione,
condensazione ed
osmosi
inversa) viene in parte riutilizzata a copertura delle idroesigenze
(ad uso industriale ed
irriguo)
dell’impianto ed in parte sversata in adiacente canale, dopo
ottenimento della specifica
autorizzazione
allo scarico.
La
configurazione impiantistica ipotizzata ha come finalità da un lato
quella di massimizzare il
recupero
della frazione organica dei rifiuti sia sotto forma di energia
(elettrica e termica), sia
sotto
forma di materia (ammendante compostato misto prodotto da impianto di
compostaggio
terzo
a partire dal digestato solido prodotto dall’impianto di digestione
anaerobica in oggetto),
dall’altro
quella di minimizzare la produzione di rifiuti di scarto, offrendo la
possibilità di
ricircolare
e/o riutilizzare le acque trattate limitando al minimo lo
sfruttamento delle risorse
idriche
sotterranee.
2.2
DESCRIZIONE DEL PROCESSO PRODUTTIVO NEL SUO
COMPLESSO
L’attività
dell’impianto in progetto può essere descritta come segue:
Fase
di ricezione
Il
rifiuto organico, proveniente dalla raccolta differenziata e da
industrie agro-alimentari, verrà
conferito
presso l’impianto dal lunedì al sabato (esclusi giorni festivi),
mediante opportuni mezzi
di
trasporto (di proprietà di aziende terze rispetto all’impianto).
All’ingresso
dei mezzi di trasporto, i rifiuti in arrivo saranno sottoposti a
primo controllo (visivo,
formulari,
etc.) per l’ammissibilità all’impianto. Dopo questo screening
iniziale e verificata la
compatibilità
del mezzo e del prodotto per la consegna, si procederà alle
operazioni di pesatura
e
registrazione.
I
mezzi saranno quindi indirizzati all’interno di un capannone
depressurizzato in cui è locata la
stazione
di ricezione e stoccaggio, dove si procederà al trasferimento e allo
scarico dei rifiuti
trasportati.
In questa fase si provvederà ad effettuare un secondo controllo
visivo della
compatibilità
dei rifiuti con il sito. Il capannone è mantenuto in atmosfera
depressurizzata al fine
di
evitare la possibile propagazione di emissioni odorigene verso
l’esterno tramite un apposito
sistema
di aspirazione e filtraggio che verrà descritto nei paragrafi a
seguire.
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Data
l’incertezza relativa alla composizione dei rifiuti si procederà
ad un controllo dimensionale
e
rimozione di rifiuti ingombranti, generalmente individuati allo
scarico dai camion e/o durante le
operazioni
di movimentazione e di caricamento con la pala frontale.
I
mezzi scarichi passeranno, prima di immettersi nell’area asfaltata
adiacente il capannone, su
una
stazione di lavaggio ruote al fine di evitare la possibilità di
spargimento sul piazzale e sulle
aree
di manovra esterne, del percolato generato dai rifiuti, con possibile
generazione di
emissioni
odorigene. Prima di lasciare il sito, i mezzi scarichi saranno
sottoposti ad un’ulteriore
operazione
di pesatura e registrazione.
Alimentazione
e pretrattamento del rifiuto
Il
punto di carico della FORSU e degli altri rifiuti organici da inviare
al pretrattamento è posto
all’interno
del capannone depressurizzato ed è costituito da una tramoggia posta
sopra al primo
nastro
di alimentazione dell’impianto.
Nel
punto di carico il nastro antisdrucciolo ha una zona di impatto con
una maggiore frequenza
dei
rulli di supporto che consente di ricevere il rifiuto caricato con la
pala.
Il
rifiuto caricato su un sistema di nastri trasportatori viene
trasferito nel comparto di trattamento
e
alimentato in un Pulper, dove il trattamento del rifiuto avviene ad
umido (in fase liquida)
all’interno
di macchine chiuse, assicurando pertanto il mantenimento di
condizioni ottimali nei
luoghi
di lavoro, anche dal punto di vista delle emissioni odorigene.
Nel
punto di carico il nastro antisdrucciolo ha una zona di impatto con
una maggiore frequenza
dei
rulli di supporto che consente di ricevere il rifiuto caricato con la
pala.
Il
rifiuto caricato su un sistema di nastri trasportatori viene
trasferito nel comparto di trattamento
e
alimentato in un Pulper, dove il trattamento del rifiuto avviene ad
umido (in fase liquida)
all’interno
di macchine chiuse, assicurando pertanto il mantenimento di
condizioni ottimali nei
luoghi
di lavoro, anche dal punto di vista delle emissioni odorigene.
Questo
trattamento consiste in una prima depurazione grossolana del rifiuto
solido con la
rimozione
della maggior parte dei materiali inerti presenti nella matrice in
ingresso. La
sospensione
organica è quindi inviata ad un ulteriore stazione di trattamento
che consente la
rimozione
della componente di inerti con dimensioni inferiori a 10 mm. Tale
frazione infatti
risulta
essere problematica negli impianti di digestione anaerobica in quanto
genera intasamenti
delle
tubazioni, sedimentazioni nei digestori e usura nelle macchine. La
fase di pretrattamento
ha
lo scopo di ottenere una matrice in ingresso ai digestori privo di
materiali estranei, requisito
fondamentale
per ottimizzare la resa metanigena e garantire un un digestato “di
alta qualità”,
ovvero
con un contenuto ridottissimo di materiali non organici.
La
sospensione organica viene a questo punto inviata ad una stazione di
pastorizzazione. Al
fine
del presente progetto il processo di pastorizzazione non risulta un
elemento indispensabile
in
quanto a seguito di una separazione solido/liquida del digestato, la
frazione solida sarà
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destinata
ad un centro di compostaggio esterno, dove avverrà la fase di
stabilizzazione e
igienizzazione
attraverso processi aerobici, mentre la frazione liquida sarà
depurata in apposito
sistema
e scaricata su ricettore idrico superficiale rispettando i parametri
di legge.
Qualora
risulti per qualsiasi causa, necessario avviare il processo in
oggetto, la pastorizzazione
della
sospensione avverrà riscaldandola e mantenendola ad una temperatura
> 70°C per la
durata
di un’ora. Ciò verrà realizzato con tre serbatoi di
pastorizzazione operanti in discontinuo.
La
sospensione organica depurata da contaminanti viene portata a questo
punto ad una
temperatura
di circa 38°C e stoccata in serbatoi di equalizzazione prima di
essere inviata alla
stazione
di digestione anaerobica.
L’impianto
in progetto ha lo scopo di valorizzare la frazione organica del
rifiuto solido urbano
(FORSU
o “umido”) e sottoprodotti dell’industria agroalimentare per la
produzione di energia
elettrica
e calore. La materia organica in ingresso all’impianto sarà
trasformata in biogas
attraverso
un processo di digestione anaerobica. Il biogas prodotto alimenterà
un cogeneratore
per
la produzione di energia elettrica e calore. L’impianto tratterà
40.500 ton/anno di materia
organica,
altrimenti diretta in discarica, e permetterà di produrre
13.888ton/anno di compost
(concime)
per l’agricoltura, 4.000 ton/anno di cippato (combustibile per
stufe), 8,8 GWh/anno di
energia
elettrica netta capace di soddisfare i fabbisogni di energia
elettrica di un anno di oltre
5.850
famiglie e recuperare 11,6 GWh di Energia termica.
Si
riportano a seguire i dati sintetici caratteristici dell’impianto:
− Impianto
a biogas alimentato da fonti rinnovabili per la produzione di energia
elettrica e
riutilizzo
del calore.
− Potenza
elettrica: 1.487 kWel
− Potenza
termica 1.451 kWt
− Ore
di produzione: 8000
− Energia
elettrica prodotta: 11,89 GWh/anno
− Energia
elettrica ceduta alla rete di distribuzione nazionale: 8,8 GWh/anno
− Energia
Termica prodotta: 16 GWh/anno
− Energia
termica riutilizzata: 11,6 GWh/anno
− Materie
prime in ingresso: 35.000 ton/anno di FORSU e 5.500 Ton/anno Rifiuto
verde e
ramaglie
− Area
di impianto: 26.450m2
Digestione
Anaerobica
Dal
serbatoio di equalizzazione, la sospensione viene inviata in due
biodigestori che possono
lavorare
indipendentemente. Nei biodigestori la sospensione viene miscelata
con agitatori e
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
Latina Srl Ing. Ferdinando Ferdinandi 002amb/2013
08/2013 2250/1506 Sintesi non tecnica
mantenuta
alla temperatura di processo di circa 38 - 40 °C (i biodigestori
sono coibentati e
dotati
di sistemi di riscaldamento). I batteri trasformano una parte della
sostanza volatile delle
biomasse
in biogas (metano e anidride carbonica), attraverso un processo di
idrolisi e
metanizzazione.
Il gas prodotto si accumula in gasometri realizzati in materiale
plastico ancorati
sopra
i biodigestori che gonfiandosi permettono di immagazzinare il biogas.
Il biogas prodotto è
composto
di metano, anidride carbonica e tracce di altri composti quali ad
esempio idrogeno
solforato.
Produzione
di energia
Per
poter essere utilizzato a fini energetici, il biogas deve essere
pretrattato. La desolforazione
del
biogas viene effettuata direttamente all’interno dei gasometri:
l’idrogeno solforato, attraverso
un
processo biologico regolato con l’immissione di aria, viene
convertito in zolfo che precipita
nel
digestato. L'umidità presente nel biogas viene estratta in un
separatore di condensa e viene
inviata
alla vasca dell’acqua di processo per essere riutilizzata
nuovamente nel ciclo produttivo.
Il
processo di condensazione del biogas avviene attraverso un suo
raffreddamento ad una
temperatura
di 10°C.
Il
biogas così depurato è inviato al cogeneratore costituito da un
motore a combustione interna.
Il
gruppo di cogenerazione ha una potenza di 1487 kW elettrici e di 1451
kW termici. L’energia
elettrica
è prodotta grazie ad un’alternatore, installato a monte del gruppo
cogenerativo, in
bassa
tensione e prima di essere immessa in rete necessita di una
trasformazione dalla bassa
alla
media tensione: l’impianto sarà dunque dotato di una sala di
trasformazione che renderà la
corrente
prodotta idonea alla ricezione da parte della rete di distribuzione
nazionale. Il calore
prodotto
dal cogeneratore viene utilizzato per:
• Riscaldamento
della sospensione per la pastorizzazione (solo se necessario),
• Riscaldamento
della sospensione per la digestione anaerobica,
• Alimentazione
termica dell’evaporatore del sistema di trattamento del digestato
separato
liquido,
• Alimentazione
termica del sistema di essiccazione rifiuti verdi.
In
caso di fermo dell’impianto il biogas prodotto sarà inviato ad una
torcia di emergenza che
brucerà
il biogas riducendo l’effetto clima alterante dell’eventuale
emissione diretta di biogas in
atmosfera
scongiurando la possibilità di dispersione nell’ambiente.
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
Latina Srl Ing. Ferdinando Ferdinandi 002amb/2013
08/2013 2260/1506 Sintesi non tecnica
Separazione
solido/liquido del digestato
Il
materiale digerito in uscita dai digestore viene inviato, attraverso
pompe volumetriche, alla
stazione
di separazione solido/liquido situata a una quota di +4 m rispetto al
piano campagna.
Non
è necessario un serbatoio di accumulo all’uscita del digestore
poiché il dimensionamento
dei
digestori consente di rinviare il volume all’interno degli stessi
utilizzandoli anche come buffer
di
contenimento.
Il
separatore solido/liquido è dimensionato per favorire il
funzionamento in continuo, senza
presidio
di personale.
Dalla
stazione di separazione si ottengono due flussi:
��
Il
materiale disidratato, detto anche SEPARATO SOLIDO, con un residuo
secco
che
varia dal 25 al 35%, che viene scaricato direttamente all’interno
di cassoni del
volume
di 30 mc cadauno e viene condotto presso impianti di compostaggio
terzi.
��
Il
materiale filtrato, detto anche SEPARATO LIQUIDO o ACQUA DI PROCESSO,
carico
di sostanze organiche disciolte e con residuo secco di circa 4-5%,
che viene
inviato
nella vasca dell’acqua di processo e da qui viene in parte
ricircolato nel
pretrattamento
per produrre la sospensione organica da inviare alla digestione
anaerobica
ed in parte inviato alla stazione di trattamento per la sua
chiarificazione e
scarico
su corpo idrico superficiale.
Al
fine di ovviare a problematiche relative agli impatti odorigeni, la
stazione di separazione
solido/liquido
è situata all’interno di un capannone chiuso e tenuto in
depressione, con l’aria
sottoposta
a trattamento in scrubber e biofiltro.
Il
digestato tal quale o il separato liquido potranno in alternativa
essere stoccati in opportune
vasche
ubicate come riportato in planimetria generale, qualora risultino
fermi o
malfunzionamenti
rispettivamente della stazione di separazione e/o di depurazione.
Circuito
acqua e trattamento del separato liquido
Al
fine di ridurre al minimo i consumi di acqua, nell’impianto in
oggetto è previsto di
massimizzare
il riutilizzo delle acque di processo. In particolar modo l’intero
ciclo impiantistico è
finalizzato
a poter ricircolare il più possibile le acque al suo interno
minimizzando
contestualmente
quanto più possibile la richiesta di acqua industriale esterna
necessaria per il
funzionamento
dell’impianto.
Il
digestato liquido viene infatti per quanto possibile ricircolato in
testa all’impianto e solamente
l’eccedenza
viene inviata all’impianto di trattamento delle acque.
Il
digestato liquido in esubero è sottoposto ad un trattamento
costituito da un processo
evaporativo
sotto-vuoto seguito da un sistema ad osmosi inversa, che consente la
concentrazione
dei solidi sospesi totali in esso contenuti e la produzione di acqua
chiarificata,
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
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08/2013 2270/1506 Sintesi non tecnica
con
parametri chimico-fisici tali da consentire lo scarico in acque
superficiali a norma del D.Lgs.
152/06.
Il concentrato solido sarà riunificato al digestato separato solido,
in quanto presenta le
sue
stesse caratteristiche.
L’impianto
utilizzerà dunque per il suo funzionamento solo acqua di processo ad
l’eccezione di:
��
Scrubber
e biofiltro;
��
Lavaggio
dell’impianto, delle aree di stoccaggio rifiuti, delle macchine
fisse e dei
mezzi
d’opera;
��
Servizi
igienici e lavaggio impianto da parte degli operatori
��
Mantenimento
delle aree verdi.
Per
gli utilizzi sopra indicati sarà utilizzata acqua di falda derivata
da un pozzo da realizzare e
per
il quale verrà richiesta Autorizzazione all’escavazione prima e
richiesta di concessione alla
derivazione
in seguito.
L’acqua
di processo chiarificata in esubero sarà a questo punto convogliata
al corpo idrico
superficiale
nel rispetto delle prescrizioni che saranno contenute
nell’autorizzazione allo scarico.
Trattamento
del separato solido
Il
digestato separato solido, verrà temporaneamente stoccato su una
platea sita all’interno del
capannone
depressurizzato e dotato di sistema di aspirazione e trattamento
delle arie esauste
e
successivamente conferito a centri di compostaggio esterni, per una
finale stabilizzazione
chimico-fisica,
mediante cassoni isolati che evitino emissioni odorigene in atmosfera
ed
eventuali
percolati.
Cippatura
ed essiccazione dei rifiuti verdi
Al
fine di una valorizzazione energetica di tutto il calore prodotto dal
cogeneratore, è prevista
l’installazione
di un sistema di cippatura ed essiccazione dei rifiuti verdi (sfalci
di potature del
verde
pubblico e privato) posto all’interno del già descritto capannone
per il pre e post
trattamento.
I
rifiuti verdi conferiti all’impianto, dopo la fase di accettazione,
saranno stoccati all’interno di un
tettoia
di circa 280 m2 (vedi planimetria generale), in attesa di essere
inviati al predetto sistema.
Nella
stesso capannone sarà inoltre presente una
bricchettatrice/pellettizzatrice che renderà il
rifiuto
verde delle dimensioni idonee alla successiva fase di essiccazione.
Dal
sistema di comminuzione, il rifiuto verde pellettizzato sarà
inviato, attraverso una stazione di
carico
automatizzata, all’interno dell’essiccatore attraverso il quale
sarà prodotto cippato a
basso
tenore di umidità.
Questa
operazione consentirà il recupero pressoché totale del calore di
cogenerazione, a tutto
beneficio
della sostenibilità ambientale di tutto il ciclo produttivo.
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
Latina Srl Ing. Ferdinando Ferdinandi 002amb/2013
08/2013 2280/1506 Sintesi non tecnica
Il
quantitativo di sfalci di potature dei rifiuti verdi da trattare,
sarà strettamente dimensionato
sulla
base della quantità di calore in esubero disponibile.
Gestione
del sovvallo
In
uscita dalla stazione di pretrattamento si generano tre tipologie di
sovvallo:
��
un
sovvallo costituito dalla frazione leggera identificato dal codice
CER 19.05.01
��
un
sovvallo costituito dalla frazione pesante identificato dal codice
CER 19.08.02
��
un
sovvallo costituito da inerti con dimensioni < 10 mm identificato
dal codice
CER
19.08.02
La
frazione pesante e gli inerti con dimensioni < 10 mm sarà
destinata ad impianti di
smaltimento
ovvero in discarica.
La
frazione leggera potrà essere conferita ad impianti terzi al fine di
essere trasformata in CSS
ovvero
smaltita in discarica.
3
CARATTERISTICHE DELL'IMPATTO SULLE SINGOLE COMPONENTI
E
INTERVENTI DI MITIGAZIONE
La
presente sezione dello Studio di Impatto ambientale costituisce la
parte riepilogativa dello
Studio
stesso e viene estesa analizzando gli impatti attesi su ognuna della
componenti
ambientali
sopra descritte.
Si
ritiene necessario evidenziare che i contenuti dei paragrafi
precedenti hanno evidenziato
sostanzialmente
impatti poco significati sull’ambiente dell’intervento proposto
dalla ditta
RECALL
LATINA S.r.l.; non solo, ma si ritiene ancorché importante delineare
gli aspetti socio
economici
dell’intervento stesso, ai fini di una corretta valutazione dei
benefici e dei costi per la
collettività
e l’ambiente che il progetto in argomento rappresenta.
3.1
ASPETTI CLIMATICI E IMPATTI IN ATMOSFERA
L’area
di intervento presenta caratteri bioclimatici (termotipo
mesomediterraneo, ombrotipo
subumido-umido)
ed edafici (suoli su sabbie dunari e piroclastiti) che consentono di
individuare
una
forte potenzialità per boschi caducifogli con locali presenze di
sughera e leccio, secondo la
Carta
del Fitoclima del Lazio di Blasi.
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
Latina Srl Ing. Ferdinando Ferdinandi 002amb/2013
08/2013 2290/1506 Sintesi non tecnica
Gli
impatti sul clima e l’atmosfera potrebbero essere ascritti
sicuramente all’emissioni di gas,
alla
liberazione di polveri in atmosfera e alle emissioni odorigene
conseguentemente alle attività
previste
dal progetto.
3.1.1
EMISSIONE IN ATMOSFERA DEI GAS DI SCARICO DEI MOTORI ENDOTERMICI DI
COMBUSTIONE
BIOGAS
Analisi
degli impatti
Uno
degli aspetti ambientali più significativi del progetto è senza
dubbio rappresentato dalle
emissioni
del motore per la combustione del biogas proveniente dai digestori.
Il biogas prodotto
all’interno
delle vasche di digestione, attraverso processi biologici descritti
nei paragrafi
precedenti,
sarà captato e trasportato, attraverso linee di adduzione dedicate,
dapprima ad un
sistema
di depurazione del biogas ed in secondo luogo alla centrale elettrica
(gruppo
cogenerativo)
e, in caso di emergenza da sovrappressione/arresto del cogeneratore,
alla torcia
di
sfioro ed emergenza.
Attraverso
il gruppo cogeneratore il biogas sarà valorizzato per produzione di
energia elettrica
(ceduta
alla rete) e termica (utilizzata in fase di pretrattamento,
riscaldamento dei digestori e
soddisfacimento
dei fabbisogni termici dell’impianto).
A
fronte di una valorizzazione energetica ne consegue tuttavia la
generazione di emissioni
puntuali
di gas di scarico del motore endotermico in atmosfera, attraverso
apposito camino. Per
il
motore che verrà installato, si dispone dei dati di progetto,
secondo i quali il volume massimo
dei
gas di scarico umidi risulta essere pari a 6.171 Nm3/h.
Nella
tabella di seguito si riportano i dati relativi ai gas di scarico
secondo le schede tecniche del
fornitore
(Motore Jembacher JMC420 GS-B.L. o similare).
Dati
gas di scarico
Parametri
U.M. Valore
Temperatura
gas di scarico a pieno carico °C 424
Temperatura
gas di scarico a BMEP = 15[bar] °C 444
Temperatura
gas di scarico a BMEP = 10 [bar] °C 469
Portata
gas di scarico umido kg/h 7938
Portata
gas di scarico secco kg/h 7368
Volume
gas di scarico umido Nm3/h 6171
Volume
gas di scarica secco Nm3/h 5487
Contropressione
mass. Gas di scarico all'uscita motore mbar 60
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
Latina Srl Ing. Ferdinando Ferdinandi 002amb/2013
08/2013 3200/1506 Sintesi non tecnica
Altri
parametri, connessi agli scarichi di gas in atmosfera, che possono
generare impatti
sull’ambiente
e sulla salute dell’uomo sono SO2, NOx, CO, HCl, HF, COT, Polveri,
tutti
parametri
per cui è previsto il rispetto di valori limite dalla normativa
vigente.
Nella
valutazione delle emissioni in atmosfera si considera il caso più
gravoso in cui si ipotizza il
funzionamento
dell’impianto per 8.500 h/anno e un valore di concentrazione degli
inquinanti al
limite
con quanto previsto dalla normativa di riferimento e riportato nella
tabella che segue.
Limiti
di emissioni per gli impianti a combustione interna a norma del piano
di tutela e ripristino della qualità dell’aria
della
Regione Lazio.
Inquinante
U.M. Valori Limite
SO2
mg/Nm3 350
NOX
+ NH3 (come NO2) mg/Nm3 450
CO
mg/Nm3 500
HCl
mg/Nm3 10
HF
mg/Nm3 2
COT
mg/Nm3 100
Polveri
mg/Nm3 10
Sulla
base dei predetti valori limite, si riportano le emissioni massime
generabili nella seguente
tabella.
Stima
delle emissioni in atmosfera prodotte dal gruppo cogenerativo nel
corso dell’anno.
Inquinante
U.M. Valore
SO2
ton/anno 18,35
NOX
+ NH3 (come NO2) ton/anno 23,60
CO
ton/anno 26,22
HCl
ton/anno 0,52
HF
ton/anno 0,10
COT
ton/anno 5,24
Polveri
ton/anno 0,52
Le
considerazioni sulle emissioni in atmosfera effettuate nel presente
paragrafo risultano essere
molto
cautelativi in quanto, i limiti previsti dal piano di tutela e
ripristino della qualità dell’aria
della
Regione Lazio sono più restrittivi rispetto a quelli previsti dal
D.Lgs. 152/06.
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
Latina Srl Ing. Ferdinando Ferdinandi 002amb/2013
08/2013 3210/1506 Sintesi non tecnica
In
ogni caso, stante la potenza termica primaria, che supera il valore
limite di 3,0 MW (circa 3,5
MW)
dovrà essere richiesta specifica autorizzazione alle emissioni in
atmosfera ai sensi di
legge.
Misura
di mitigazione e prevenzione
In
generale le emissioni dei gas di scarico del gruppo cogenerativo, in
quanto soggette a
specifica
autorizzazione, sono vincolate a rispettare i limiti imposti dagli
stessi dispositivi
autorizzativi,
nonché sono oggetto di una serie di attività di monitoraggio e
controllo (illustrate
nei
successivi paragrafi), finalizzate alla verifica del corretto
funzionamento ed al rispetto dei
limiti
di cui sopra. Già questo aspetto, ovvero il rispetto dei limiti
imposti, rappresenta di per sé
un
accorgimento di prevenzione che mira a ridurre il possibile
inquinamento atmosferico per
effetto
della diffusione degli efflussi gassosi in uscita dai punti di
emissione.
I
camini dei motori sono posizionati ad un’altezza di almeno 10 m da
terra, così come indicato
dall’art.
6 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Risanamento della
Qualità dell’aria
della
Regione Lazio per gli impianti con potenza termica compresa tra 3MW e
10MW termici
quale
quello in oggetto, e questo senza dubbio rappresenta un elemento di
mitigazione del
possibile
impatto sulla qualità dell’aria all’interno dell’area di
impianto, con diretto beneficio per
lo
stato di salute delle maestranze impiegate ogni giorno e dunque, in
linea di principio,
sfavorevolmente
esposte (tempi di permanenza prolungati e frequenti) a tali effetti.
Al
fine di garantire il rispetto delle concentrazioni di COT e CO al
camino sarà inoltre prevista
l’installazione
di un termoreattore che consentirà la post-combustione dei fumi fino
ai valori
previsti
dalla normativa.
DESCRIZIONE
DELL’IMPIANTO DI POST-TRATTAMENTO DEI FUMI
Il
sistema di post-combustione previsto sarà costituito dai seguenti
componenti:
Post
combustore
Costruito
internamente in acciaio inox AISI 310 per contenere le sollecitazioni
termiche ed
esternamente
in acciaio al carbonio verniciato. La sua funzione è di abbattimento
del carbonio
organico
totale (COT) e del CO, emesso dai fumi di scarico dei motori
alimentati a biogas. Le
sue
dimensioni di ingombro in pianta sono circa 4,5 x 2.3 metri, per
un’altezza massima di 3,3
metri.
In particolare esso sarà costituito da:
-
Torri di accumulo calore :n°2 Torri a
letto statico costruite in acciaio inox AISI 310.
Ciascuna
torre è predisposta per contenere i corpi ceramici ed ha una
struttura di
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
Latina Srl Ing. Ferdinando Ferdinandi 002amb/2013
08/2013 3220/1506 Sintesi non tecnica
sostegno
interna adeguata al massimo carico statico. Corpi di riempimento in
materiale
ceramico
adatto a temperature fino 1000 °C, con conducibilità termica K da
0,958 a 1,024
al
variare delle temperature di esercizio, che presentano altissima
resistenza alla
temperatura,
all’abrasione e minimi coefficienti di dilatazione. La
conformazione di detti
corpi
è tale da assicurare il massimo rapporto utile fra superficie di
contatto e massa
disponibile
per l’accumulo ed il rilascio del calore.
-
Camera di ossidazione termica: Camera di
reazione costruita in acciaio inox AISI 310.
Costituisce
la parte superiore di collegamento fra le due torri di accumulo.
All’interno è
alloggiato
un sistema di resistenze elettriche da 3,5 Kw cadauna e le
termocoppie,
quest’ultime
utilizzate per il controllo necessario al mantenimento della
temperatura di
regime
impostata.
Valvola
a 4 vie
Costruita
in acciaio inox AISI 310 e opportunamente coibentata con azionatore
pneumatico e
rilevatore
di posizione, per garantire la posizione corretta per ogni ciclo di
funzionamento.
Circuito
gas di scarico
Sistema
di tubazioni dedicate al trasporto dei fumi, realizzate in acciaio
inox AISI 304 e
provviste
di giunti di dilatazione. Saranno inoltre opportunamente coibentate e
rivestite con
lamierino
in alluminio. Il tutto sarà alloggiato su staffe di acciaio dotate
di rulli di scorrimento, per
permettere
la dilatazione necessaria secondo la temperatura di esercizio. Lungo
la linea
saranno
installati punti di campionamento e punti di drenaggio. Tale circuito
termina all’interno
del
camino esistente presso l’impianto.
Quadro
elettrico
Utilizzato
per il comando e controllo delle funzioni del post combustore,
fornito a bordo
macchina
e corredato di tettoia antipioggia Grado di Protezione IP 55.
Comprenderà:
-
Armadio con ventilatore e bocchette per
raffreddamento;
-
Interruttore generale;
-
Comandi, protezioni, alimentazione e
segnalazioni al sistema;
-
Morsettiere con contatti puliti per
consensi e blocchi esterni;
-
Trasformatori ausiliari;
-
Relé programmatore per la regolazione
automatica della temperatura e logica di
funzionamento;
P.L.C. programmato per la gestione ed il controllo del sistema che
gestisce
le logiche di marcia: regolazione, blocco ed allarme, set-point di
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
Latina Srl Ing. Ferdinando Ferdinandi 002amb/2013
08/2013 3230/1506 Sintesi non tecnica
termoregolazione
e sicurezze, logica di segnalazione sulle pagine grafiche del
pannello
interfaccia
operatore;
-
Pannello d’interfaccia operatore
touch-screen per la visualizzazione dei tempi del ciclo,
acquisizione
dati, visualizzazione allarmi, grafico andamento, set-point di
termoregolazione.
Provvisto d’idonea password.
Schematizzazione
del circuito di abbattimento del CO e del COT
Il
funzionamento dell’impianto si basa sulla proprietà di particolari
corpi ceramici, di peso e
superficie
esterna ben definiti, che fungono da accumulatori di energia termica
(serbatoi
di
calore), scambiabile attraverso un contatto diretto aria/corpi.
Il
flusso d’aria da depurare attraversa alternativamente e con tempi
variabili, basati sulle
temperature
della camera di reazione, due serbatoi di calore che fungono
rispettivamente da
riscaldatore
e da recuperatore di energia termica.
Condizione
necessaria per la distruzione del COT e del CO è una temperatura
costante di
almeno
750°C, che permetta la completa ossidazione. In fase di avviamento
il sistema di
gestione
pilota, con un sistema ad impulsi, una serie di resistenze elettriche
che permettono il
raggiungimento
della temperatura richiesta e lo stesso sistema le disattiva a
temperatura
raggiunta,
continuando il funzionamento in autoalimentazione.
Per
accelerare tale condizione il post combustore è dotato di due lance
per l’immissione di gas.
Tali
componenti possono essere utilizzati dal sistema di gestione anche
durante il normale
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
RECALL
Latina Srl Ing. Ferdinando Ferdinandi 002amb/2013
08/2013 3240/1506 Sintesi non tecnica
esercizio,
qualora si dovesse verificare un calo di temperatura al di sotto dei
750°C, dovuto alla
variazione
di volume di gas di scarico convogliato all’interno del sistema.
La
peculiare caratteristica fisica dei corpi ceramici è utilizzata per
creare le condizioni termiche
di
minor consumo d’energia ausiliaria, per portare l’aria inquinata
nella camera di reazione. In
altre
parole, l’energia termica, necessaria per il riscaldamento
dell’aria inquinata sino alla
temperatura
di completa ossidazione, viene trasferita alternativamente tra i due
serbatoi di
calore.
L’inquinante
presente nelle emissioni inizia a bruciare (senza fiamma) sin dal
momento in cui
raggiunge
la sua temperatura di autoaccensione, che avviene già all’interno
del letto ceramico.
In
tal modo si ha un innalzamento della temperatura, in ragione della
concentrazione
dell’inquinante.
Il
gas, già in fase di ossidazione e quindi di depurazione, passa poi
nella camera di reazione per
ottenere
la combustione completa delle sostanze organiche presenti e per
fornire al sistema
l’energia
termica necessaria all’auto funzionamento.
La
camera sarà opportunamente dimensionata per assicurare al gas di
scarico una
permanenza
non inferiore a 0,8 sec. alla temperatura di reazione di almeno
750°C.
Il
gas combusto così purificato attraversa poi il secondo serbatoio al
quale cede il contenuto di
calore
precedentemente accumulato, per poi uscire dal camino con una
temperatura di poco
superiore
a quella d’ingresso.
Con
questo sistema si è sviluppato un processo nel quale l’energia
termica necessaria al
riscaldamento
del flusso d’aria fino alla temperatura di reazione, è
immagazzinata in serbatoi
di
calore aventi masse, caratteristiche chimico-fisiche e superfici di
scambio termico tali, da
minimizzare
i costi di gestione.
DESCRIZIONE
DEL SISTEMA DI DESOLFORAZIONE
Al
fine di evitare la corrosione delle componenti meccaniche del motore
e l’immissione dei
inquinanti
in atmosfera, prima dell’utilizzazione del biogas all’interno dei
gruppi cogenerativi, il
biogas,
che contiene modeste tracce di acido solfidrico (H2S), sarà
opportunamente trattato, in
particolare
adottando un sistema di desolforazione biologica che avverrà
attraverso
l’insufflazione
di aria all’interno delle cupole gasometriche sovrastanti i
fermentatori.
Mediante
un sistema di compressione, una piccola quantità d’aria,
continuamente controllata,
verrà
introdotta nel serbatoio di raccolta del gas.
La
quantità d’aria verrà regolata secondo il contenuto di acido
solfidrico. Quando il contenuto di
acido
solfidrico aumenterà, anche l’aria introdotta subirà un
conseguente incremento e quando
il
contenuto di acido solfidrico diminuirà verrà analogamente ridotta
l’aria in ingresso.
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Il
tasso di ossigeno del biogas viene misurato e visualizzato in quanto
deve rientrare tra un
minimo
dello 0,1% e un massimo dello 0,8% in volume.
Il
tasso d’ossigeno non dovrà comunque eccedere il 6% in volume in
nessuna circostanza. Per
evitare
il riflusso di biogas nella tubazione dell’aria viene installata
una valvola di non ritorno.
Nel
processo di desolforazione biologica, i batteri dapprima ossidano
l’acido solfidrico in ione
solfato
e quindi riducono il solfato formando zolfo elementare.
Per
i batteri è normalmente sufficiente un tasso di ossigeno ridotto (<
1% in volume). In tale
processo
biologico i batteri aderiscono alle superfici del fermentatore. È
presente un leggero
deposito
solido sopra la sospensione semiliquida. Lo strato di deposito
fornisce umidità e
nutrimento
ai batteri.
Lo
zolfo elementare si accumulerà sulle superfici del fermentatore,
specialmente sulla superficie
del
fluido in fermentazione e sarà visibile sotto forma di strato
bianco-giallastro.
Questi
depositi di zolfo elementare vengono successivamente rimossi dalla
camera di
sospensione
assieme al residuo di fermentazione e non ne viene permesso
l’accumulo nel
fermentatore.
I
micro-organismi, della famiglia Thiobacillus, sono già presenti nel
materiale in fase di
digestione.
Le
rese di abbattimento, variabili in funzione delle caratteristiche
locali di temperatura e del
tempo
di reazione, possono raggiungere il 95%.
La
concentrazione di H2S attesa nel biogas, dopo il trattamento sopra
descritto, è pari a circa lo
0,02
% in volume, valore molto inferiore a quanto prescritto dal D.L.
152/2006 e soprattutto dal
Piano
di tutela dell’aria della Regione Lazio.
Qualora
tali valori non siano rispettati, si procederà ad un ulteriore
abbattimento per via chimica
attraverso
l’immissione nei digestori di ossido di ferro e/o l’installazione
di filtri ai carboni attivi
sulla
linea di captazione e adduzione del biogas ai motori.
3.1.2
POLVERI
Analisi
degli impatti
Il
materiale conferito presso l’impianto è costituito da rifiuti ad
elevata percentuale di umidità,
tale
da non consentire la formazione di polveri. Inoltre non essendo
previste lavorazioni
meccaniche
veloci delle biomasse quali triturazione di residui
ligno-cellulosici, vagliatura e
raffinazione
del digestato solido (interamente conferito presso impianti terzi)
non si prevede in
alcun
modo la produzione di polveri.
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L’unica
possibile fonte di inquinamento da polveri può essere generata dal
passaggio dei mezzi
conferitori
e dei mezzi d’opera. Tuttavia essendo la viabilità e l’area di
manovra dell’impianto
interamente
asfaltata come pure la viabilità di accesso al lotto, il rischio di
generazione delle
polveri
risulta estremamente ridotto.
Nonostante
si ritenga poco significativo l’effetto di tale impatto sulle
componenti ambientali
interessate
si ritiene comunque necessario fornire, nei paragrafi successivi,
indicazioni sulle
misure
di prevenzione e di mitigazione che possono essere adottate.
Misura
di mitigazione e prevenzione
Al
fine della salvaguardia della salute dell’uomo e dell’ambiente
dalla emissioni di polveri, in
primo
luogo si rimanda al rispetto della normativa di riferimento in
materia dei qualità dell’aria ed
in
particolare al D.Lgs. 155/2010 che fornisce i valori limite della
concentrazioni di inquinanti
dell’aria
e dei quali si riporta una sintesi nella tabella che segue.
Sintesi
del quadro normativo relativo ai valori limite delle concentrazioni
di polveri sottili nell’aria
Inquinante
Tempo
di
mediazione
dei
dati
Unità
di
Misura
Limite Margine di tolleranza
Data
di
raggiungimento
del
valore limite
1
giorno g/m3
50
(da non superare
più
di 35 volte per
anno
civile)
50%
il 19 luglio 1999, con una
riduzione
il 1° gennaio 2001 e
successivamente
ogni 12 mesi secondo
una
percentuale annua costante fino a
raggingere
lo 0% entro il 1° gennaio
2005
Già
in vigore dal 1°
gennaio
2005
PM
10
1
anno civile g/m3
40
20%
il 19 luglio 1999, con una
riduzione
il 1° gennaio 2001 e
successivamente
ogni 12 mesi secondo
una
percentuale annua costante fino a
raggingere
lo 0% entro il 1° gennaio
2005
Già
in vigore dal 1°
gennaio
2005
FASE
1
1
anno civile g/m3
25
20%
il 11 giugno 2008, con una
riduzione
il 1° gennaio successivo e
successivamente
ogni 12 mesi secondo
una
percentuale annua costante fino a
raggingere
lo 0% entro il 1° gennaio
2015
1°
gennaio 2015
PM
2,5 FASE 2
Valore
limite da stabilire con successivo decreto ai sensi dell'articolo 22,
comma
6, tenuto conto del valore indicativo di 20 μg/m3 e delle verifiche
effettate
dalla Commissione europea alla luce di ulteriori informazioni circa
le
conseguenze
sulla salute e sull'ambiente, la fattibilita' tecnica e l'esperienza
circa
il perseguimento del valore obiettivo negli Stati membri.
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Per
quanto riguarda le misure preventive e/o mitigative da adottare
durante la fase esecutiva
dell’impianto
si forniscono le seguenti indicazioni:
limitare
le velocità dei mezzi impiegati in cantiere entro i 10 km/h, in modo
da ridurre la
possibilità
di generare polveri;
provvedere,
durante la stagione secca, alla periodica bagnatura delle aree di
lavorazione in
modo
da abbattere la possibilità di generazione di polveri;
realizzare,
una barriera arborea perimetrale con funzione di schermo alla
diffusione e
propagazione
verso l’esterno delle polveri;
Nonostante
l’adozione degli accorgimenti sopra descritti, gli addetti alle
macchine che possono
essere
soggetti all’inalazione di polveri, verranno comunque dotati di
dispositivi di protezione
individuale
per evitare l’inalazione diretta, ed utilizzeranno mezzi operativi
comunque muniti di
cabine
di protezione in grado di isolarli dalla propagazione delle polveri
medesime, ai sensi del
D.Lgs.
81/08 e smi.
3.1.3
EMISSIONI ODORIGENE
Analisi
degli impatti
Le
emissioni di odori molesti rappresentano senza dubbio una potenziale
fonte di impatto
rilevante
per l’impianto oggetto della presente relazione. Tale impatto
risulta inoltre quello
socialmente
più sentito in quanto costituisce uno dei principali fattori di
alterazione del
benessere
psicofisico in quanto l’emissione incontrollata di cattivi odori,
potrebbe provocare
malesseri
fisici e spiacevoli sensazioni di disagio sia negli addetti
dell’impianto che nella
popolazione
residente nelle immediate vicinanze dell’impianto. L’inquinamento
olfattivo è
costituito
dall’emissione in atmosfera di composti volatili organici che,
nella maggior parte dei
casi,
non raggiunge concentrazioni tali da determinare pericoli reali per
la salute. Tra l’altro, la
percezione
dell’odore è una reazione involontaria e spontanea ed è un
fattore tipicamente
soggettivo;
ognuno di noi percepisce l’intensità dell’odore, il cosiddetto
“tono edonico”, e lo
considera
più o meno sgradevole in base alla proprio sensibilità di percepire
e sopportare
questo
disagio.
L’impianto
in oggetto è alimentato da rifiuti organici, ricchi pertanto di
materiale putrescibile in
grado
di generare emissioni diffuse di odori. Pertanto l’impianto in
questione è potenzialmente
produttore
di emissioni odorigene proprio in relazione al tipo specifico di
rifiuti trattati in ciascuna
delle
sezioni che costituiranno la struttura. In particolar modo le
esalazioni maleodoranti
saranno
generate dai composti volatili prodotti durante la decomposizione dei
rifiuti, soprattutto
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in
fase di deposito. Infatti, le parti organiche, degradandosi, formano
complesse molecole di gas
che
sono i principali responsabili di tali emissioni odorigene.
Le
potenziali emissioni di odori nell’impianto in oggetto sono:
-
emissioni dal prodotto fresco, appena
conferito, costituito essenzialmente da sottoprodotti
della
prima decomposizione della sostanza organica, riguardante per lo più
le zone di
stoccaggio;
-
emissioni odorigene dal sistema di
concentrazione delle acque di processo (acque di
disidratazione
del digestato in uscita dalla sezione di digestione anaerobica)
immesse in
testa
all’hydropulper;
-
emissioni di biogas (metano, anidride
carbonica, etc.) e soprattutto della sua componente
minore,
l’acido solfidrico (H2S). Tale composto al fine di non generare
impatti
sull’ambiente
e sui macchinari viene rimosso, prima che il biogas sia inviato al
motore,
mediante
l’unità di desolforazione biologica sopra descritta. Tutto il
processo avviene in
un
ambiente a tenuta ermetica, studiato per evitare dispersioni e
potenzialmente dannose.
Dopo
la desolforazione il biogas è trasportato in condotte stagne che non
permettono
scambi
con l’esterno fino al motore che lo utilizzerà come combustibile.
E’ pertanto
evidente
come nell’intero processo, non vi sia interfaccia tra l’ambiente
circostante ed il
sistema
di condutture che trattano e convogliano il biogas al motore. In base
a quanto
detto
si possono escludere emissioni odorigene legate alla dispersione di
H2S
Nei
paragrafi successivi si forniscono indicazioni sulle misure di
prevenzione e di mitigazione
che
saranno adottate al fine minimizzare i potenziali imbatti ambientali
legati alle emissioni
odorigene.
Misura
di mitigazione e prevenzione
Al
fine di evitare la diffusione in ambienti circostanti di odori,
l’impianto sarà dotato di un sistema
aeraulico
per la captazione dell’aria (confinamento dell’aria nei locali di
lavorazione) e da un
sistema
di abbattimento delle arie esauste. In particolare il sistema
aeraulico per la captazione
dell’aria
sarà costituito da una rete di tubazioni di aspirazione servita da
ventilatori assiali
deputato
all’estrazione dell’arie esauste presenti nei locali di
lavorazione per convogliarle ad un
sistema
di abbattimento costituito da scrubber e biofiltro.
Lo
scrubber ad umido è un'apparecchiatura che consente di abbattere la
concentrazione di
sostanze
presenti in una corrente gassosa solitamente polveri e
microinquinanti acidi,
attraverso
il contatto e la miscelazione tra la corrente di aria inquinata e un
liquido in
controcorrente.
Tale processo si realizza in un ambiente confinato completamente
isolato con
l’esterno
in cui avviene il trasferimento dalla fase gas alla fase liquida
delle componenti
inquinanti
presenti nella miscela, mediante dissoluzione in opportuno solvente.
Il liquido
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assorbente
base è l’acqua. L’impiego di acqua e reagenti chimici garantisce
l’efficacia
dell’abbattimento
sia per le sostanze idrosolubili (quali ammoniaca, alcoli, acidi
grassi volatili,
ecc.)
che per quelle scarsamente solubili (quali composti clorurati, le
ammine, l’acido solfidrico, i
chetoni,
le aldeidi, ecc.) o insolubili (quali dimetildisolfuro, idrocarburi
aromatici, ecc.).
Il
sistema di biofiltrazione è una tecnologia mediante la quale le
emissioni gassose da trattare
vengono
fatte passare uniformemente attraverso un mezzo poroso biologicamente
attivo,
ovvero
in un apposito letto riempito con materiali quali cortecce, legno
triturato, compost
maturo,
torba, ecc., mantenuti a condizioni di temperatura e umidità
costanti e che vengono
colonizzati
da microrganismi aerobi in grado di degradare i composti da trattare
presenti nelle
emissioni.
Prima dell’uscita dal letto filtrante, la corrente emissiva si
arricchisce di CO2 e degli
altri
composti volatili prodotti e del calore generato dalle reazioni
biochimiche. È importante
sottolineare
che la colonizzazione e le attività metaboliche avvengono
all’interno del biofilm che,
in
questo caso, deve intendersi come la pellicola d’acqua che si crea
attorno alle particelle della
matrice
solida di cui il biofiltro è costituito. I composti rimovibili con
la biofiltrazione sono:
ammoniaca,
monossido di carbonio, acido solfidrico, acetone, benzene, butanolo,
acetato di
butile,
dietilammina, disolfuro di metile, etanolo, esano, etilbenzene,
butilaldeide, acetato,
scatolo,
indolo, metanolo, metiletilchetone, stirene, isopropanolo, metano,
metilmercaptano,
monoditriclorometano,
monossido di azoto, tricloroetano, tetracloroetano, 2-etilesanolo,
xilene.
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Il
sistema aeraulico e di abbattimento delle emissioni sarà asservito
ai capannoni descritti nei
paragrafi
precedenti, e nei quali avverrà il conferimento ed il pretrattamento
dei rifiuto, nonché il
post-trattamento
del digestato.
Il
principio di funzionamento del sistema di trattamento dell’aria
esausta è riportato nella figura
di
seguito.
I
principali inquinanti che si ritrovano negli effluenti dalle
specifiche attività sono polveri ed odori
originati
dalle sostanze organiche in bio-ossidazione, già avviata all’interno
dei mezzi al
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momento
del conferimento. In particolare i suddetti impatti possono essere
generati ad opera
della
presenza di alcune componenti chimiche quali:
-
Polveri Totali,
-
Acidi organici (acido acetico + acido
propionico + acido butirrico),
-
Mercaptani,
-
Ammoniaca,
-
Idrogeno solforato,
-
Altre sostanze organiche volatili.
La
quantità stimata di polveri prodotte dalle sostanze oggetto della
presente richiesta, è pari
(come
da esperienze similari) cautelativamente a 200 mg/m3. Inoltre si
assume come
temperatura
dell’effluente gassoso all’interno dei capannoni quella
dell’ambiente circostante.
Per
una più accurata descrizione del processo vedere la Relazione
dedicata alle Emissioni in
atmosfera
allegata al presente Studio
Dall’analisi
di quanto riportato si può evidenziare come il progetto proposto
possa provocare un
impatto
sull’atmosfera sensibile, reversibile solamente con il termine del
ciclo di vita
dell’impianto,
ma completamente mitigabile.
3.2
IDROGEOLOGIA
Dal
punto di vista idrogeologico e di qualità delle acque il sito di
progetto ricade nel
Bacino
n. 27 “Rio Martino”. I corsi d’Acqua di detto bacino, secondo
il Piano di Tutela della
qualità
delle acque, presentano una qualità scadente.
Il
progetto, prevedendo il prelievo d’acqua tramite realizzazione di
un pozzo e scarichi in
corpo
idrico superficiale presenta potenziali impatti sulla componente
idrica sotterranea e
superficiale.
Scarichi
delle acque
I
sistemi di trattamento delle acque reflue prodotte dall’impianto si
differenziano in:
-
Impianto di trattamento delle acque di
prima pioggia,
-
impianto d trattamento delle acque di
processo.
Tali
sistemi sono dimensionati per trattare tutte le acque di scarico,
quindi anche nel caso in
cui,
per qualsiasi motivo tecnico, non si possa effettuare il ricircolo
dell’acqua verso l’impianto.
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3.2.1
IMPIANTI DI GESTIONE DELLE ACQUE DI PRIMA PIOGGIA
L’impianto
di trattamento delle acque di prima pioggia depurerà le acque:
-
Meteoriche di dilavamento piazzali;
-
di prove antincendio e di lavaggio
piazzali esterni.
Le
prime insistono sui piazzali di transito e manovra e di
stoccaggio/deposito temporaneo di
rifiuti
non pericolosi e sulle aree di viabilità e parcheggio. Tali acque
sono caratterizzate da
residui
di sabbie, oli e tracce di idrocarburi derivanti dalla presenza degli
autoveicoli di trasporto.
Si
considerano acque da trattare quelle corrispondenti ai primi 5 mm di
pioggia assunte con un
coefficiente
di afflusso in fognatura pari a 1.
Le
acque in eccesso e le acque meteoriche provenienti dai tetti degli
edifici, considerate a
basso
carico inquinante, verranno direttamente scaricate nel corpo idrico
recettore dal pozzetto
finale
dell’impianto.
Le
acque per le prove antincendio vengono raramente utilizzate per prove
interne di tenuta, di
pressione
statica e dinamica e per esercitazioni. Questa tipologia di acque
viene normalmente
raccolta
dai sistemi di fognatura delle acque di prima pioggia e convogliata
all’impianto di
trattamento.
Le
acque di lavaggio piazzali esterni agli edifici costituiscono una
tipologia di scarico che
tipicamente
viene generata, solo nel periodo estivo. Unitamente all’acqua non
viene utilizzato
alcun
detergente o prodotto chimico di sorta. Le acque di lavaggio per
caratteristiche e portate
vengono
assimilate alle acque di dilavamento dei piazzali e quindi raccolte
dalla medesima rete
e
trattate nel medesimo impianto.
Descrizione
del processo di depurazione delle acque di prima pioggia
Il
sistema di trattamento delle suddette acque è articolato nelle
seguenti fasi:
-
Accumulo. Tramite dei pozzetti di
captazione, opportunamente posizionati, le acque di
prima
pioggia verranno convogliate nelle vasche di accumulo. Dette vasche
sono
collegate
tra loro da una condotta posta ad una certa altezza dal fondo in modo
da
impedire
il trascinamento nelle successive vasche del materiale sedimentato,
garantendo
una
preventiva fase di dissabbiatura del materiale più grossolano;
-
Accumulo e sollevamento. In questa vasca
verrà posta idonea pompa per il travaso al
dissabbiatore-disoleatore;
-
Dissabbiatore – disoleatore. Tale
sistema è usato per la separazione dei solidi
sedimentabili
e degli oli sfruttando la loro diversa densità: mentre le sabbie si
depositeranno
sul fondo della vasca, gli oli in superficie saranno accumulati in un
pozzetto
di
raccolta che sarà periodicamente aperto per far scolmare le sostanze
oleose che si
depositano
in superficie. Si provvederà periodicamente allo svuotamento del
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dissabbiatore-disoleatore
per lo smaltimento delle sabbie e degli oli accumulati attraverso
ditte
autorizzate a norma di legge.
Il
sistema di trattamento delle acque di prima pioggia è dimensionato
per trattare i primi 5 mm di
pioggia.
L’eccedenza e le acque provenienti dai tetti, essendo considerate
acque pulite, sono
convogliate
direttamente nel pozzetto finale per poi essere direttamente
scaricate nel canale,
nel
rispetto di quanto sarà prescritto dalla Provincia di Latina,
settore Ecologia e Ambiente, in
fase
di autorizzazione allo scarico.
3.2.2.
IMPIANTO DI TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI PROCESSO
L’impianto
d trattamento delle acque di processo depurerà:
-
le acque reflue domestiche;
-
le acque di processo (digestione
anaerobica);
-
le acque di lavaggio ruote;
-
gli sversamenti accidentali e colaticci
eventualmente prodotti nelle aree interne;
-
le acque di lavaggio delle
pavimentazioni interne ai capannoni.
Le
acque reflue domestiche provengono dai servizi igienici presenti
nell’edificio uffici. Si
riportano
le caratteristiche medie delle acque reflue civili:
BOD5
(30 gr/ad*g) kg/d 0,3
Azoto
(9 gr/ad*g) Kg/d 0,09
Fosforo
(1 gr/ad*g) Kg/d 0,01
Le
acque derivanti dal processo di digestione anaerobica (il digestato),
in quantità da trattare
nettamente
superiore rispetto le altre, sono caratterizzate da un elevato
contenuto di azoto
ammoniacale,
creatosi durante la degradazione delle frazioni organiche, variabile,
secondo dati
di
letteratura, da 1.000 a 2.500 mg/l, con punte di a 4.000 mg/l;
possono altresì essere presenti
concentrazioni
residue di acidi grassi non trasformati durante la digestione. Il
digestato presenta
una
percentuale di sostanza secca pari a circa 8%.
Le
acque di lavaggio delle ruote provengono dal lavaggio degli automezzi
per la raccolta ed il
trasporto
dei rifiuti in uscita all’impianto. Tale sistema, voluto per
evitare che i mezzi trasportino
al
di fuori dell’impianto materia organica raccolta durante lo scarico
nella sezione di stoccaggio
dei
rifiuti, è costituito da una platea, con apposita griglia per la
raccolta dell’acqua, e da una
struttura
autoportante dalla quale vengono emessi dei getti di acqua a forte
pressione. Il ciclo di
lavaggio
è completamente automatico e non è pertanto necessaria la presenza
di personale
durante
l’operazione.
Le
acque di lavaggio delle pavimentazioni interne sono acque che si
generano occasionalmente
quando
si effettua la pulizia nei capannoni: nei casi in cui saranno
utilizzati prodotti per la pulizia
dei
locali, l’acqua di scarico prodotta verrà convogliata verso
l’impianto di depurazione.
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Le
acque di lavaggio delle pavimentazioni interne, le acque degli
sversamenti accidentali e
colaticci
prodotti nelle aree interne e le acque destinate al lavaggio delle
ruote saranno
composte
principalmente da frazioni organiche e avranno quindi caratteristiche
simili a quelle
del
digestato. Tali acque potranno, tramite una valvola di baypass , o
essere direzionate verso
l’impianto
di trattamento delle acque di processo o essere recuperate nel
serbatoio polmone.
Descrizione
del processo di depurazione
Il
processo di trattamento proposto sfrutta il calore prodotto dal
cogeneratore durante la
trasformazione
del biogas in energia tramite un sistema di
evaporazione/concentrazione.
Il
sistema ha come obiettivi principali:
-
la riduzione dei volumi in gioco;
-
il recupero del calore prodotto;
-
la concentrazione dei nutrienti presenti
nel digestato.
Tale
impianto sarà preceduto da un sistema di separazione di fasi che
produrrà, da una parte,
una
frazione solida da avviare ad una successiva fase di bio-ossidazione
presso opportuni
impianti
autorizzati e, dall’altra, una frazione liquida ricca di nutrienti
(ammoniaca, fosfato,
potassio)
che sarà avviata al trattamento in oggetto.
I
prodotti finali del sistema di evaporazione/condensazione saranno:
-
il distillato che presenta
caratteristiche tali da poter soddisfare i limiti per lo scarico in
acque
superficiali,
-
il concentrato, avente un’elevate
quantità di ammoniaca (sotto forma di sali di ammonio),
che
sarà poi o utilizzato nei campi per le sue proprietà fertilizzanti
o utilizzato per
arricchire
il digestato solido da avviare alla fase successiva di compostaggio.
Il
sistema prevede tre fasi distinte:
-
correzione del pH al fine di creare
nella successiva fase di processo quell’ambiente acido
in
grado di favorire le reazioni chimiche che consentono di “trattenere”
l’ammoniaca NH3,
presente
nel refluo in ingresso, nel concentrato come ione ammonio NH4+ e per
eliminare
i
gas incondensabili quali la CO2;
-
evaporazione/condensazione con
separazione delle due frazioni liquida/solida di cui
sopra;
-
fase di post-trattamento per affinare la
qualità del distillato ed eliminare residui di
inquinanti
che possono essere ancora presenti pervio lo scarico in fosso.
Il
sistema multi stadi sfrutta il calore recuperato dal modulo di
cogenerazione, sotto forma di
acqua
o di vapore.
Tutta
la depurazione avviene in un serbatoi e tubazioni chiusi e collegati
tra loro in modo da
evitare
così perdite di ammoniaca creatasi durante la fase di evaporazione.
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Per
una più accurata descrizione del processo vedere la Relazione
dedicata agli Scarichi
allegata
al presente Studio.
3.2.3
CONSIDERAZIONI SULLA COMPATIBILITA’ POZZO/ACQUIFERO
Ricordando
il fabbisogno idrico massimo richiesto in concessione pari a
14.512m3/anno e
considerando
che le ricariche della falda che si intende captare ammontano a
4.838.230
m3/anno,
appare evidente come il volume idrico richiesto in concessione
rappresenti lo 0,3%
delle
ricariche. Tale valore risulta ampiamente sostenibile dal sistema
idrogeologico interessato
e
permette di escludere che il prelievo richiesto in concessione possa
inficiare la falda e
condurre
ad un depauperamento della risorsa.
Allo
stesso modo ricordando la portata massima richiesta in concessione
pari a 3,545l/s e la
portata
media delle ricariche che alimentano la falda (153,42l/s), appare
evidente come il
massimo
prelievo che si potrà realizzare esclusivamente 5 giorni anno non
consecutivi con un
pompaggio
di 8 h/gg rappresenta il 2,31% delle ricariche. In base a quanto
detto si può
assumere
che anche la massima portata di prelievo prevista dal progetto è
ampiamente
compatibile
con il sistema idrogeologico interessato dalle opere.
Le
considerazioni finora fatte sono supportate anche dal fatto che le
acque derivate dal pozzo
vengono
restituite all’interno dello stesso bacino idrogeologico captato e
le restituzioni sono
superiori
ai prelievi.
La
distanza dell’opera in progetto dal mare (oltre 18 km) è tale da
scongiurare qualsiasi
problema
di potenziali intrusioni di acque saline.
A
circa 300 m dal sito di realizzazione del pozzo si rilevano
insediamenti industriali che possono
configurarsi
come potenziali centri di pericolo. Tali insediamenti sono realizzati
al disopra dello
stesso
acquifero freatico superficiale oggetto di captazione. Tuttavia la
presenza di litologie
superficiali
a scarsa permeabilità e una direzione di deflusso sotterraneo con
direzione sud
sono
comunque in grado di garantire la salvaguardia della risorsa.
Dall’analisi
di quanto riportato si può evidenziare come il progetto proposto
possa provocare un
impatto
sui corpi idrici superficiali sensibile, reversibile solamente con il
termine del ciclo di vita
dell’impianto,
ma completamente mitigabile. La realizzazione del pozzo, non crea
invece impatti
rilevanti
sulla falda sotterranea.
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
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08/2013 4260/1506 Sintesi non tecnica
3.3
ASPETTI GEOLOGICI E SISMICI
Inquadramento
geologico locale
Per
quanto concerne l’assetto geologico locale, l’area in esame è
caratterizzata da una
stratigrafia
costituita per i primi 50/60 m da alternanze fra depositi di tipo
argilloso, limoso,
torboso,
di origine lagunare e spessore variabile con frequenti eteropie sia
verticali che
orizzontali,
contenenti livelli travertinosi, intervallati da un livello più o
meno potente di
piroclastici
di provenienza albana.
Tali
terreni sono posto al tetto di depositi marini in facies epilitorale
che, da circa 60 m di
profondità,proseguono
oltre i 100 m. La porzione superiore dei depositi marini è
contraddistinta
dalla
presenza di marne e limi..
Aspetti
Morfologici
L’area
in esame si inserisce nella zona orientale della Pianura Pontina,
un’area pianeggiante
delimitata
a Nord dai rilievi dei Colli Albani, a N-E dalle pendici della catena
dei Monti Lepini e a
Sud
e S-W dal Mare Tirreno e dal promontorio del Circeo.
Il
modellato superficiale presenta una forma pianeggiante che digrada in
maniera blanda verso
il
mar Tirreno e contrasta in maniera netta con lo stacco morfologico
rappresentato dai
contrafforti
Sudoccidentali dei rilievi della catena lepina.
Più
blando invece è il passaggio fra la Piana Pontina e i versanti
meridionali dei rilievi dei Colli
Albani.
L’idrografia
è contraddistinta dalla presenza di una fitta rete di canali di
origine antropica
risalenti
all’opera di bonifica, che ha permesso il drenaggio delle acque
superficiali verso la
costa,
quest’ultima caratterizzata dalla presenza di un cordone litoraneo.
In
riferimento all’assetto morfologico locale, la zona si mostra
pianeggiante, con l’unica variabile
rappresentata
dalla presenza delle arginature dei numerosi canali e fossi
artificiali che la
attraversano.
Visto
l’assetto morfologico, si esclude il manifestarsi di fenomeni
legati ad eventi di dissesto
gravitativo.
L’impatto
sulla componente geologica può ritenersi limitato sia nella fase di
cantiere, in
cui
si avranno i movimenti terra che altereranno l’assetto esistente,
sia nella fase di
esercizio
in cui l’aumento della superficie impermeabilizzata saià
completamente
mitigata
dalla regimazione delle acque meteoriche.
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
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08/2013 4270/1506 Sintesi non tecnica
Aspetti
Sismici
In
base a quanto stabilito nell’allegato C alla D.G.R. n. 10 del
13/01/2012 è possibile definire la
Pericolosità
Geologica del Sito e la Classe di Rischio Geologico ad essa correlata
nella seguente maniera:
Classe
d’uso della struttura II
Categoria
sismica UAS 3A
Pericolosità
geologica Tipo A: Bassa
Classe
di rischio geologico Rischio Basso
In
base a quanto riportato il sito di intervento non presenta
particolari rischi di natura
geologica
e sismica.
3.4
USO E PROTEZIONE DEL SUOLO
I
terreni oggetto di intervento, anche se attualmente utilizzati come
seminativo, non
costituiscono
un nucleo organico produttivo riconducibile ad una specifica realtà
agraria in
quanto
frammentati in varie proprietà ed isolati da più ampi contesti
agricoli limitrofi. Nel
complesso
i terreni inedificati circostanti ricadenti anch’essi in zona con
destinazione d’uso
Industriale
non presentano continuità con altri appezzamenti agricoli essendo
chiusi tra
l’edificato
industriale, le infrastrutture viarie e l’aeroporto Camani. In base
a quanto detto i
terreni
oggetto di intervento non sono mai stati contraddistinti da una
particolare vocazione
agricola
rimanendo nelle disponibilità di vari proprietari e non assorbiti
dalle realtà agrarie
operanti
nell’area Pontina.
Onde
prevenire ogni fenomeno di inquinamento del suolo verranno adottate
le seguenti misure:
-
Pavimentazione delle aree interne
adibite allo stoccaggio/deposito temporaneo e alla
lavorazione:
Tutte le pavimentazioni interne ai capannoni ed alle tettoie saranno
del tipo
industriale
in calcestruzzo cementizio armato. I capannoni saranno dotati di un
sistema
per
la raccolta delle acque di lavaggio e di eventuali percolati e
sversamenti. Essendo i
rifiuti
trattati tutti rifiuti non pericolosi che possono produrre percolati
organici, il lavaggio
sarà
effettuato unicamente con acqua con o senza prodotti per abbattimento
odori.
-
Pavimentazione delle aree esterne
adibite allo stoccaggio e delle aree di manovra e di
sosta:
Le aree di stoccaggio esterne al capannone e le aree adibite alla
viabilità interna e
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al
parcheggio saranno pavimentate con conglomerato bituminoso con
cordolo di
contenimento
perimetrale e dotate di fognatura di raccolta delle acque meteoriche
in
modo
da permettere un veloce e sicuro deflusso delle acque nelle reti
fognanti. I rifiuti in
grado
di produrre percolati saranno stoccati/depositati temporaneamente in
cassoni
coperti
stagni.
-
Cordoli di separazione tra le zone
pavimentate e le aree a verde: Tra le aree a verde e
le
aree pavimentate saranno realizzati dei cordoli in calcestruzzo
rialzati, rispetto alla
quota
dei piazzali, tali da non consentire alle acque meteoriche di
defluire nelle zone a
verde.
-
Regimazione delle acque meteoriche: Il
sistema di fognature consentirà il deflusso
delle
acque meteoriche in corsi d’acqua superficiali, impedendo nell’area
dell’impianto
infiltrazioni
e percolazioni sul suolo.
L’alterazione
dell’Uso del suolo deve ritenersi sensibile ma reversibile in
quanto ai sensi del D.
Lgs
387/2003 è prevista la dismissione dell’impianto al termine del
ciclo di vita dello stesso. Le
attività
previste sono comunque perfettamente congruenti sia con le vocazioni
dell’area, sia con
la
Pianificazione urbanistica vigente, che prevede l’assenza di
Vincoli ambientali ostativi e la
previsione
di utilizzo industriale per l’area.
3.5
ASPETTI VEGETAZIONALI
Sito
analizzato
Nel
settore tirrenico il Lazio presenta caratteri bioclimatici (termotipo
mesomediterraneo,
ombrotipo
subumido-umido) ed edafici (suoli su sabbie dunari e piroclastiti)
che consentono di
individuare
una forte potenzialità per boschi caducifogli con locali presenze di
sughera e leccio
(Blasi,
1994).
Dai
rilievi condotti, le zone analizzate presentano un’elevata
antropizzazione derivante dal fatto
che
sono presenti numerosi interventi antropici quali la presenza dei
canali, le arginature
artificiali,
ponti stradali e fabbricati (soprattutto industriali) a ridosso e
nelle immediate vicinanze
del
sito (vedi per esempio l’Aeroporto).
Presso
l’area di studio il canale delle acque medie ha una sezione
geometrica trapezoidale con
argini
artificiali ben definiti (anch’essi a sezione trapezoidale) che si
innalzano dalla circostante
area
pianeggiante. Il canale nel tratto di interesse è interessato da
numerose opere idrauliche
che
da monte verso valle possono essere così descritte: ponte
ferroviario della linea Roma-
Napoli;
derivazione idrica per un canale irriguo; attraversamento idraulico
del Canale della
Banditella.
Presso l’area di studio il canale delle acque medie presenta i
lineamenti tipici di un
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canale
artificiale quali: tragitto rettificato, argini geometrici regolari,
viabilità arginale al colmo
delle
arginature, scarsa o assente vegetazione ripariale.
Le
arginature sono coperte, per una fascia di 5-10m, da una vegetazione
tipica dei rilevati
antropici
caratterizzata da specie arbustive infestanti con radi esemplari
arborei di Ailanthus spp
e
Robinia pseudoacacia. Le specie arbustive prevalenti sono Arundo
donax, Rubus spp e Rosa
sp.
In via subordinata e nei tratti meno antropizzati si rilevano, Salix
fragilis, Ciematis sp. e
Typha.
Tra gli arbusti crescono numerose specie erbacee quali: Plantago
lanceolata, Trifolium
repens,
Avena fatua, Taraxacum officinale, Ranunculus sceleratus, Poa
pratensis, Hordeum
murinum,
Rubus fruticosus, Vicia sativa, Urtica dioica ,Artemisia verlotorum.
In alcuni tratti la
vegetazione
arbustiva e monospecifica con soli esemplari di Arundo donax.
La
vegetazione erbacea ed arbustiva termina ai piedi della scarpata
dell’argine dove iniziano
terreni
agricoli e terreni industriali. L’assenza di vegetazione arborea o
la sua scarsa presenza è
legata
agli interventi di manutenzione idraulica che prevedono annualmente
(nel periodo
primaverile
ed estivo) lo sfalcio della vegetazione erbacea ed arbustiva.
Di
conseguenza anche le associazioni vegetazionali presentano un
influsso antropico rilevante
dovuto
a secoli di attività umana su quel tratto di territorio.
La
presenza umana costante e perdurata nei secoli ha fortemente
influenzato il contesto
ecologico
ed in particolare quello vegetazionale portando l'ecosistema ben
lontano dallo stadio
di
climax. munque lontane dalle condizioni potenziali dove tali siti
sarebbero riconducibili a
quercete
e leccete.
La
flora erbacea è dominata da Rubus Fruticosus, presente pressoché
ovunque che è
caratterizzata
da una forte rusticità e resistenza, tanto che tale erbacea è
presente in luoghi
fortemente
disturbati quali vigneti, discariche, ambienti ruderali e fortemente
antropizzati; tale
presenza
è un indicatore ambientale molto forte e segnala quindi la forte
antropizzazione dei
luoghi.
L’
impatto sulla vegetazione, andrà ad interessare associazioni già
molto alterate e degradate.
Si
presenta pertanto di lieve entità e mitigabile.
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
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08/2013 5200/1506 Sintesi non tecnica
3.6
ASPETTI FAUNISTICI
L’area
studiata si caratterizza per essere una area agricola a seminativo
irriguo, sub
pianeggiante,
compresa tra le arginature artificiali del Canae delle Acque Medie e
aree
industriali,
commerciali e residenziali con limitanti possibilità di sviluppo
della biodiversità.
La
scarsa biodiversità dei luoghi è legata sia alla consistente
pressione antropica dei luoghi sia
dalla
scarsa presenza di corridoi ecologici utilizzabili principalmente dai
vertebrati terrestri, sia
alla
scarsa qualità chimico fisica delle acque.
In
base a quanto detto appare evidente come la realizzazione del
progetto possa comportare
modesti
impatti sulla fauna terrestre e sull’avifauna.
3.7
SALUTE PUBBLICA
Considerate
le peculiarità proprie dell’impianto proposto è evidente come gli
elementi che
potrebbero
influire sulla salute pubblica, oltre agli scarichi e reflui, sia in
atmosfera che in acque
correnti
superficiali, sopra approfonditi, siano costituiti dal rumore e
traffico indotto, di seguito
trattate.
3.7.1
RUMORE
Zonizzazione
acustica
Alla
data di redazione della presente valutazione previsionale presso il
Comune di Latina, non
risulta
in vigore la classificazione del territorio comunale come previsto
dalla Legge quadro
sull’inquinamento
acustico L. 26 ottobre 1995; n.447 pubblicata sulla G.U. n.254 del 30
ottobre
1995;
art. 6, comma 1 lettera a), pertanto si farà riferimento a quanto
previsto dal dpcm 14
novembre
1997.
Inquadramento
urbanistico e definizione della Zona Acustica
L’area
di ubicazione dell’impianto in oggetto è sito in località Latina
Scalo, con accesso da Via
delle
Industrie, nel territorio appartenente amministrativamente al Comune
di Latina (LT).
La
superficie complessiva dell’insediamento è pari a circa 60.000 m2;
di questi circa 30.000 m2
occupano
l’area dell’impianto (comprensiva delle aree destinata a verde,
parcheggi, spazi di
manovra,
locali tecnici, ecc.). Ad oggi l’area d’intervento risulta essere
priva da alcun intervento
di
urbanizzazione.
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
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08/2013 5210/1506 Sintesi non tecnica
Entrando
nel dettaglio, l’ambito del territorio circostante l’impianto
appare da un lato a carattere
prevalentemente
agricolo, con la quasi totalità delle aree coltivate (prettamente
seminativi e
pascoli),
dall’altro caratterizzato da aree industriali e/o artigianali
(riconducibili alla D.R.S.
Depositi
Regionali Surgelati S.p.A., alla Chemtura S.r.l., al Polo Intermodale
di Latina Scalo).
In
termini di distanza dai centri abitati rilevanti, vi è da
sottolineare che il più vicino è località
Latina
Scalo (direzione sud-est) che dista circa 1,8 km dall’impianto,
seguiti da Sermoneta
(direzione
nord-est), Norma (direzione nord-est), Latina (direzione sud) e
Cisterna di Latina
(direzione
nord-ovest) distanti rispettivamente circa 4 km, 6 km, 9 km e 10 km
in linea d’aria.
Per
quanto riguarda gli insediamenti residenziali più piccoli, nel
comune di Semoneta troviamo
località
Ponte Nuovo (direzione est) ad una distanza di 2,1 km, mentre nel
comune di Latina
troviamo
a 7 ed 8 km le località di Borgo Podgora e di Borgo Piave. In
ultimo, vi è da
aggiungere
come all’interno del raggio di 300 m dal perimetro del sito
d’interesse siano presenti
case
sparse concentrate nel quadrante occidentale rispetto al lotto in
esame. Tale
inquadramento
mette in evidenza il carattere isolato dell’area di progetto dal
contesto urbano
e/o
residenziale della zona.
Dal
punto di vista altimetrico si può affermare che l’area
d’intervento è da considerarsi
pianeggiante,
caratterizzata da quote intorno ai 20 m s.l.m.
Da
un sopralluogo volto alla caratterizzazione acustica dell’area si
sono evidenziate le seguenti
sorgenti:
-
rumore prodotto dagli impianti di raffreddamento e di trattamento
presso gli opifici posti ad est
del
fondo su cui dovrà sorgere l’impianto
-
passaggi aerei
-
passaggio autoveicoli leggeri e pesanti lungo via delle industrie
-
passaggio convogli ferroviari merci e passeggeri
-
rumore prodotto da uccelli, animali da cortile e frusciare delle
piante
In
funzione dei risultati ottenuti dalla campagna di misura effettuata e
dei risultati del modello
matematico
indicante che l’opera oggetto dell’intervento non produce
variazioni significative nei
valori
di immissione individuati presso i ricettori individuati si ritiene
che vi siano fondati motivi
per
ritenere l’impianto, nelle condizioni di monitoraggio e di indagine
effettuate, compatibile la
zona
acustica in cui verrà collocato.
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08/2013 5220/1506 Sintesi non tecnica
Si
puntualizza poi che la scelta progettuale di realizzare l’impianto
con tecnologie volte
all’abbattimento
dell’inquinamento acustico, rappresenta una soluzione acusticamente
ideale al
fine
di minimizzare le emissioni rumorose verso l'esterno delle sorgenti
in essa contenute.
Si
evince che i livelli sonori di immissione previsti presso entrambi i
ricettori non solo
rimarranno
ampiamente entro i limiti di legge in entrambi i periodi di
riferimento (diurno e
notturno),
ma il clima acustico dell’area in esame non subirà modificazioni.
Da
ciò si può concludere che il progetto avrà sulla componente in
esame un impatto
trascurabile.
3.7.2
TRAFFICO INDOTTO
Dall’analisi
dei dati relativi ai flussi di traffico indotti dall’attività
oggetto della presente relazione
sulla
SS7 – Appia, si evince come, nella configurazione peggiore, nel
corso del periodo di
esercizio
dell’impianto vi sia un incremento del traffico, rispetto alla
situazione ante operam, del
solo
7% circa in ambo le direzioni corrispondente ad un flusso giornaliero
pari a circa circa 25
veicoli
al giorno in ingresso e successivamente in uscita.
Si
ritiene pertanto che un traffico costituito da 6 mezzi/ora possa
essere ritenuto poco
significativo
e non impattante sulla viabilità attuale.
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
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3.8
ASPETTI PAESAGGISTICI
L’area
di intervento si colloca nella porzione settentrionale dell’Agro
Pontino che si chiude
contro
i rilievi montuosi dei Lepini. Tale zona è esterna ad aree
individuate nel PTPR della
Regione
Lazio come aree tipizzate.
L’area
circostante il lotto di intervento presenta una monotona morfologia
pianeggiante
interrotta
dai rilevati artificiali delle infrastrutture viarie, dai canali di
bonifica e dagli edificati
industriali.
A
nord corre in rilevato il tracciato della ferrovia Roma Napoli e il
canale delle acque medie le
cui
scarpate antropiche sono coperte da una fitta vegetazione
(prevalentemente arbustiva) che
termina
bruscamente in corrispondenza del raccordo con la pianura.
In
questa zona il canale delle acque medie ha una sezione geometrica
trapezoidale con argini
artificiali
ben definiti (anch’essi a sezione trapezoidale) che si innalzano
dalla circostante area
pianeggiante.
Il canale nelle vicinanze del lotto (circa 150m) è interessato da
numerose opere
idrauliche
che da monte verso valle possono essere così descritte: ponte
ferroviario della linea
Roma-Napoli;
derivazione idrica per un canale irriguo (ex derivazione per
l’alimentazione dello
Zuccherificio);
attraversamento idraulico del Canale della Banditella. Presso l’area
di studio il
canale
delle acque medie presenta i lineamenti tipici di un canale
artificiale quali: tragitto
rettificato,
argini geometrici regolari, viabilità arginale al colmo delle
arginature, scarsa o
assente
vegetazione ripariale.
Le
arginature sono coperte, per una fascia di 5-10m, da una vegetazione
tipica dei rilevati
antropici
caratterizzata da specie arbustive infestanti con radi esemplari
arborei di Ailanthus spp
e
Robinia pseudoacacia. Le specie arbustive prevalenti sono Arundo
donax, Rubus spp e Rosa
sp.
In via subordinata e nei tratti meno antropizzati si rilevano, Salix
fragilis, Ciematis sp. e
Typha.
Tra gli arbusti crescono numerose specie erbacee quali: Plantago
lanceolata, Trifolium
repens,
Avena fatua, Taraxacum officinale, Ranunculus sceleratus, Poa
pratensis, Hordeum
murinum,
Rubus fruticosus, Vicia sativa, Urtica dioica ,Artemisia verlotorum.
In alcuni tratti la
vegetazione
arbustiva e monospecifica con soli esemplari di Arundo donax.
La
vegetazione erbacea ed arbustiva termina ai piedi della scarpata
dell’argine dove iniziano
terreni
agricoli e terreni industriali. L’assenza di vegetazione arborea o
la sua scarsa presenza è
legata
agli interventi di manutenzione idraulica che prevedono annualmente
(nel periodo
primaverile
ed estivo) lo sfalcio della vegetazione erbacea ed arbustiva.
I
terreni oggetto di intervento, anche se attualmente utilizzati come
seminativo, non
costituiscono
un nucleo organico produttivo riconducibile ad una specifica realtà
agraria in
quanto
frammentati in varie proprietà ed isolati da più ampi contesti
agricoli limitrofi. Nel
complesso
i terreni inedificati circostanti ricadenti anch’essi in zona con
destinazione d’uso
Industriale
non presentano continuità con altri appezzamenti agricoli essendo
chiusi tra
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l’edificato
industriale, le infrastrutture viarie e l’aeroporto Camani. In base
a quanto detto i
terreni
oggetto di intervento non sono mai stati contraddistinti da una
particolare vocazione
agricola
rimanendo nelle disponibilità di vari proprietari e non assorbiti
dalle realtà agrarie
operanti
nell’area Pontina.
Circa
500m ad ovest del lotto di intervento sorge l’aeroporto militare
Enrico Camani realizzato
nel
1939 ed occupante una superficie di circa un km2. Dell’aeroporto
contraddistingue il
paesaggio
la torre di controllo, visibile per la sua altezza, e la pista di
atterraggio visibile dai
rilievi
dei Lepini.
A
sud dell’area di intervento sono presenti ampi appezzamenti coltivi
che terminano a ridosso
dell’area
industriale e proseguendo ancora è presente la Via Appia delimitata
dai tipici filari di
pini.
Verso
ovest l’area di intervento prosegue nella zona industriale con
l’industria chimica della
Chemtura,
i Depositi Regionali Surgelati (DSR) ed infine con la Piattaforma
Logistica di Latina
Scalo
(Area Ex Zuccherificio). L’area industriale è caratterizzata da
fabbricati di notevoli
dimensioni
(altezza anche superiori a 14m) con forme geometriche regolari
intervallate da
impianti
esterni con condotte serbatoi silos e camini. Nell’area si
distinguono le strutture dell’Ex
Zuccherificio
di colore rosso ed una architettura tipicamente razionalista.
Analizzando
il giudizio complessivo circa la percezione visiva dell’impianto
(vedi allegata
Relazione
PAesaggistica) appare evidente come la realizzazione del progetto sia
ininfluente
nella
visuale panoramica condotta dai centri abitati di Norma e Sermoneta
verso la pianura,
come
anche la non visibilità delle opere ai viaggiatori che percorrono la
linea ferroviaria Roma-
Napoli
(percorso panoramico).
Allo
stesso modo non è rilevante la visibilità dell’impianto percepita
dagli osservatori che
percorrono
la Via Appia mentre percorrendo Via delle Industrie l’impianto è
ben visibile ma
produce
un impatto sulla percezione della visuale poco rilevante.
In
base a quanto ottenuto si è dimostrato come l’impatto visivo
condotto dalla realizzazione
dell’impianto
sui punti cruciali di percezione panoramica come la viabilità
principale e di valenza
paesaggistica
(Ferrovia RM-NA e Via Appia) ed anche dai luoghi caratterizzanti il
paesaggio e
soggetti
a notevole fruizione (Sermoneta e Norma) sia irrilevante.
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
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3.9
INTERVENTI DI MITIGAZIONE AMBIENTALE
Oltre
alle opere di mitigazione degli impatti già trattate nei precedenti
paragrafi, lungo la
recinzione
che delimita l’area sarà realizzato uno schermo arboreo costituito
da piante
autoctone
poste in modo da attenuare l’impatto visivo e acustico che
l’impianto può comportare
nelle
aree limitrofe e da contrastare la dispersione di polveri e/o altri
agenti potenzialmente
inquinanti
verso l’esterno dell’impianto stesso.
Tale
barriera avrà inoltre lo scopo di limitare l’eventuale diffusione
di cattivi odori che seppur
molto
ridotti per la tecnologia utilizzata, potrebbero comunque presentarsi
in corrispondenza di
giornate
molto ventose.
La
tipologia di piante che costituiscono lo schermo arboreo sono di
seguito descritte.
Lungo
tutta la recinzione di confinamento dell’impianto sarà impiantato
uno schermo arbustivo
costituito
da ginestre. Tale pianta è un arbusto fiorifero a foglie caduche.
Raggiunge i 2-3 metri
di
altezza ed ha portamento eretto, tondeggiante, con chioma molto
ramificata; i fusti sono
sottili,
legnosi, molto flessibili, di colore verde scuro o marrone; le foglie
sono piccole, lanceolate
o
lineari, di colore verde scuro, molto distanziate le une dalle altre,
che cadono all'inizio della
fioritura.
Produce
numerosissimi fiori di colore giallo oro, delicatamente profumati,
sui fusti spogli; ai fiori
fanno
seguito i frutti: lunghi baccelli pubescenti, che contengono 10-15
semi appiattiti. Tale
arbusto
è permanente e presenta il periodo di fioritura in primavera ed
estate. E’
particolarmente
presente nella regione mediterranea e pertanto si integra con il
contesto
paesaggistico
in cui verrà impiantata.
Committente:
Progettista: Rif. Job. Rev. Data Pag. Luglio
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08/2013 5260/1506 Sintesi non tecnica
Lungo
la recinzione ovest, in prossimità delle limitrofe abitazioni, al
fine di mitigare la eventuale
diffusione
di cattivi odori e schermare l’impianto rispetto alle abitazioni
più vicine, sarà
impiantata
una barriera arborea costituita da eucalipti. L’eucalipto è un
albero maestoso ed
elegante,
che raggiunge altezze fino a 30 metri. Ha un fusto dritto con rami
arcuati, chioma
largamente
ovale o irregolare liscia grigio verdognola, che si stacca dal fusto
in nastri irregolari
longitudinali,
lasciando intravedere la corteccia più chiara, bianco o color crema
che col tempo
diventa
più scura.
La
scelta dell’utilizzo di questa specie arborea è legata alla sua
abbondante presenza sul
territorio
e conseguentemente alla sua facile integrazione con il contesto
paesaggistico in cui
verrà
impiantata; infatti durante e dopo la bonifica dell'Agro vennero
piantati numerosi esemplari
di
eucalipti, in quanto le linee frangivento create dai filari di
eucalipto costituivano una valida
protezione
contro il forte vento e le trombe d'aria (piuttosto comuni nel
Pontino, specialmente
nel
periodo autunnale); inoltre limitando la dispersione d'acqua nei casi
di irrigazione a lungo
getto
contribuivano alla conservazione dei prodotti agricoli.
. Romani
Progetti
- 12/06/2014 - Realizzazione di un impianto a biogas della potenza nominale 1487 Kwe alimentato a rifiuti organici e sottoprodotti in loc. Latina Scalo V. delle Industrie Scarica Sintesi Elaborati Progettuali Responsabile del Procedimento: Fernando OlivieriRecapito Telefonico: 0651689362Indirizzo di Posta Elettronica Istituzionale: folivieri @regione.lazio.it
proponente: RECALL LATINA SRL
comune: Latina
provincia: LT
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