domenica 19 agosto 2012
Ilva Taranto indagini sui rifiuti, coinvolti 20 politici, dirigenti, imprenditori
Non solo fumi tossici s’indaga sui rifiuti COINVOLTI 20 TRA POLITICI, DIRIGENTI E IMPRENDITORI Il manager i n t e rc e t t a t o : “Mi prepari dieci...”. Poi la consegna della busta al perito Il Fatto quotidiano 18 agosto 2012 decisiodi Francesco Casula Tara nto Enviroment sold out”, l’in - chiesta che porta all’in - tercettazione dei telefoni di Archinà e Riva, continua a fare il suo corso. Forse lentamente. La vicenda giudiziaria, che vede iscritti al momento nel registro degli indagati venti soggetti tra politici e amministratori, dirigenti ministeriali e imprenditori, a distanza di oltre di due anni non sembra ancora giunta a una conclusione. Tempi evidentemente lunghi: il presunto scambio di mazzette tra un consulente della procura e un dirigente Ilva avviene il 26 marzo 2010, l’in - terrogatorio dell’indagato diciotto mesi più tardi. L’8 novembre 2011, di fronte al sostituto procuratore Remo Epifani, il professor Lorenzo Liberti manifesta tutto il suo sdegno per l’accusa di corruzione in atti giudiziari. “E lei ritiene veramente che io mi facessi corrompere con diecimila euro? Sono sbalordito”. Il 26 marzo 2010 la Guardia di finanza di Taranto ha documentato un incontro nel parcheggio alle spalle di una stazione di servizio della A14 tra Liberti, consulente della procura che indagava sull’Ilva, e l’allora responsabile delle relazioni istituzionali dello stabilimento Girolamo Arch i n à . UNA BUSTA bianca passa dalle mani del dirigente a quelle perito. Per i finanzieri all’in - terno c’è una mazzetta da diecimila euro in contanti necessari per ammorbidire la perizia che il docente universitario sta realizzando per conto della magistratura. Una perizia “soft” secondo il pm Epifani che scagionerebbe il camino E312 dell’Ilva. Una relazione che dimostrerebbe che le diossine trovate nelle carni degli animali contaminati e poi abbattuti, non sarebbero state emesse da quella ciminiera. Liberti cerca di fornire spiegazioni. “Continuo a non ricordare – scrive nella memoria difensiva presentata in procura – l’oggetto dell’incontro né il motivo di tanta urgenza. Mi sembra logico attribuirlo all’oppor tunità di un incipiente visita a Taranto di un Riva (Fabio?) per tentare di chiudere la lunga trattativa sull’accordo quadro con il Po l i t e c n i c o ”. Sul contenuto della busta, Liberti parla del “testo dell’accordo quadro, quindi lui mi avrà portato l’ultima versione a quella data dell’a c c o rd o q u a d ro ”. Per il pm però non ci sono contatti diretti tra Archinà e Liberti che giustificherebbero un incontro urgente e contro l’ipotesi dello scambio di una bozza dell’accordo ci sono le telefonate precedenti di Archinà. La prima, il giorno precedente all’ufficio cassa dell’Ilva: “Per domani mi prepari dieci…” chie - de Archinà al suo interlocutore, precisando poi che “se sono da cinquecento è meglio”. La seconda il giorno successivo quando l’ufficio cassa conferma che la somma è pronta “ma sono tutti da cento e da cinquanta, non ce ne avevano da cinquecento”, ma il problema di usare una valigetta che dia nell’occhio non si pone: “È una busta, in tasca entra” afferma ridendo il cassiere. Poi Archinà chiama un collaboratore di Liberti e cripticamente secondo i militari fissa l’appuntamento. L’ex consulente della procura afferma di aver sempre avuto la memoria debole e che quell’ap - puntamento non è segnato sulla sua agenda. Le foto mostrate dal pm però non lasciano dubbi: l’incontro è avvenuto e anche il passaggio della busta. Il pm incalza, ma Liberti ribatte seccamente tutte le accuse: “E s cl u d o categoricamente di aver preso la somma indicata nell’av v i s o ! Aggiungo: escludo di ma preso un solo euro – uno! – in tutta la mia vita, non dovuto, da Ilva, direttamente attraverso Archinà, attraverso altri dirigenti, attraverso chiunque”. LIBERTI, Archinà, Riva e Capogrosso restano comunque indagati per corruzione in atti giudiziari e la vicenda viene stralciata dall’inchiesta originale per dimostrare nel procedimento che ha portato al sequestro dell’area a caldo e ai domiciliari per 8 persone. La capacità dei vertici aziendali di inquinare le prove. L’inchiesta che non coinvolge solo i vertici dello stabilimento, ma anche e soprattutto soggetti impegnati a vario titolo nella gestione dei rifiuti e dell’ambiente in generale resta ancora aperta. E intanto Taranto attende. Ancora.
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