giovedì 23 aprile 2015

Villettopoli e cemento (sul monte che frana) per seppellire Maratea


ANCHE IL CONSIGLIO DI STATO DICE SÌ: LA “PERLA DEL TIRRENO”
RISCHIA LO SFREGIO CON 196 CASE IN ZONA A ELEVATO RISCHIO
LA STRANEZZA
L’architetto
che classificò
l’area come R4 (dissesto
idrogeologico) è lo stesso
che redige il progetto
per il costruttore

di Giampiero Calapà
Maratea (Potenza)
La “perla del Tirreno”,
Maratea, trenta
chilometri di costa
lucana tra Campania
e Calabria, rischia di essere
sfregiata e compromessa da un
complesso di ville a schiera su
terreno dissestato, ma con il
benestare del Consiglio di Stato.
Si tratta di un vecchio progetto
di speculazione edilizia –
rispolverato con lo zampino
dalla Regione del supergovernatore
Marcello Pittella, fratello
del potente eurodeputato
Gianni, Pd e Partito socialista
europeo – che prevede la costruzione
di altre centonovantasei
casette (duecento già esistono
più a monte): una Villettopoli
di almeno 30 mila
metri cubi di cemento vista
mare sotto al celebre Cristo
Redentore, al centro del Golfo
di Policastro, oltre tutto su
un’area di pregio paesaggistico
e classificata R4: cioè ad elevato
rischio di dissesto idrogeologico.
Nella documentazione
ufficiale in vigore, da qui
il via libera anche da parte del
Consiglio di Stato, la zona R4
sarebbe in realtà a quaranta
metri dal terreno dove dovrebbe
sorgere la nuova Villettopoli,
comunque una distanza
da possibili frane che non lascerebbe
troppo tranquilli.
Peccato che uno studio più aggiornato
considera R4 anche
l’area di nuova costruzione,
ma quello studio è nei cassetti
della Regione Basilicata a
prendere polvere dal 2010,
mai approvato, tenuto nascosto
e ritenuto ufficialmente e
opportunamente” errato dalla
stessa Regione. Altra stranezza,
l’architetto che redige il
rapporto “nascosto” si chiama
Carla Ierardi, la stessa professionista
che firma, successivamente,
anche la relazione paesaggistica
e verifica impatto
ambientale per il committente
della Villettopoli: la Simar Srl.
Un tentativo di asfaltare
cominciato nel 1981
È una lunga storia, che comincia
addirittura nel 1981, quando
il Comune di Maratea approva
la lottizzazione per la costruzione
del megacomplesso
turistico Pianetamaratea, attualmente
esistente sull’altro
costone della montagna, invisibile
dal mare, ma il cui completamento
che riguardava
anche la parte affacciata sul
Tirreno – non è avvenuto entro
i dieci anni previsti per legge.
Però, ecco che nel 2007, 26
anni dopo, il Comune riconsidera
il progetto adottando una
delibera per la “sanatoria del
complesso turistico”, approvando
la realizzazione di nuove
costruzioni sul versante a rischio
idrogeologico alle società
Sviluppo Maratea e Simar
srl, entrambe amministrate da
Rosa Amoroso. Simar e Pianetamaratea
sono praticamente
la stessa cosa. Altri atti amministrativi
del Comune si sono
susseguiti, non senza l’aiuto
della Regione Basilicata, fino
all’agosto 2010, cinque anni fa,
con l’approvazione della Convenzione
di “adempimenti ancora
da assolvere nel complesso
alberghiero Pianetamaratea
per nuove edificazioni”, avviando
così l’iter per la costruzione
di “residenze turistiche”
per un totale di 30 mila metri
cubi di cemento.
Il colpo di mano della mancata
Verifica ambientale
Il vero colpo di scena, o colpo
di mano, avviene il 19 luglio
2011, quando la Regione Basilicata
decide che la colata di cemento
sul Golfo di Policastro è
definibile “di piccola entità” e
quindi non deve essere soggetta
né a Vas (Verifica ambientale
strategica) né a Via (Valutazione
di impatto ambientale),
nonostante si tratti di un
territorio considerato ad alto
rischio di dissesto idrogeologico.
E nonostante la normativa
europea imponga la Verifica
ambientale strategica a piani di
lottizzazione che superano lo
soglia volumetrica di 25 mila
metri cubi. Quindi, il 18 aprile
2012, il Comune ha potuto approvare
la variante al piano di
fabbricazione, quella contentente
il progetto controfirmato
dall’architetto Ierardi, giustificandola
come “intervento di
interesse pubblico”, per procedere
con la costruzione dello
scempio Villettopoli: altre 196
unità abitative alte nove metri,
visibili dal mare sotto al Cristo
Redentore, località denominata
Santa Caterina, affacciata sul
Tirreno e ritenuta d’interesse
paesaggistico comunitario,
una cartolina sfregiata, insomma.
Più esattamente si tratta
del Monte San Biagio, un tempo
chiamato Monte Minerva,
sulla cui cima ci sono le rovine
dell’antica Maratea e di fronte
al quale c’è l’isolotto di Santo
Ianni, circondato da un giacimento
di anfore romane unico
nel Mediterraneo per dimensioni
e valore.
Ma sulla variante approvata
dal Comune casca l’asino, perché
Italia Nostra se ne accorge
e si rivolge al Tar di Potenza
prima (che respinge il ricorso)
e al Consiglio di Stato poi, ottenendo
la sospensione, seppur
parziale, della variante
stessa, ma solo in un primo
momento (dicembre 2014).
Purtroppo, a fine febbraio
2015, anche il Consiglio di Stato
concede il via libera, ignorando
il documento del 2010
nascosto nei cassetti della Regione.
Terrazze con vista mozzafiato
e valutazione dell’Unesco
Allora, Italia Nostra tenta il
tutto per tutto, impugnando al
Ministero dell’Ambiente la determina
di non assoggettabilità
alla Verifica ambientale
strategica. Se dal ministro Gian
Luca Galletti non arriveranno
risposte entro trenta giorni si
aprirà la possibilità di un altro
ricorso al Tar, ma lo sfregio
delle casette sotto al Cristo Redentore
potrebbe essere più vicino
alla realizzazione. Con
buona pace del Programma
europeo natura 2000 che classifica
quel tratto di costa come
eccellenza continentale, con
buona pace di possibili disastri
idrogeologici. E con buona pace
anche dell’attestato di patrimonio
dell’umanità attualmente
in stato di valutazione
da parte dell’Unesco.
In compenso ci saranno 196
nuove villette, con vista mozzafiato,
acquistabili dai privati
con multi-proprietà a rotazione:
in sostanza per 15/20 mila
euro si potrà essere padroni di
un bel terrazzo per una settimana
all’anno.
@viabrancaleone

Il fatto quotidiano 23 aprile 2015


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