Non c’è certezza che sia Xylella a far seccare gli ulivi, ma è un dettaglio, il protocollo di quarantena è scattato comunque. Per il Salento, la tagliola imposta rischia di provocare, in prospettiva,più danni di quelli che sta già procurando la malattia. Ha provato ad opporsi l’Italia, ma è rimasta isolata davanti al fronte comune di FranciaGrecia e Spagna, a cui si sono aggiunti tutti gli altri Paesi membri. Ora, però, la Puglia potrebbe decidere di optare per la guerra legale.
Il metodo imposto dall’Unione Europea è graduale. Si utilizzerà la mannaia più drastica nel Brindisino e nel Tarantinocome nel caso del focolaio di Oria: ogni volta che sarà segnalato un albero attaccato dal patogeno, si farà il deserto intorno, con la “rimozione e la distruzione delle piante infette e di tutte quelle ospiti nel raggio di 100 metri, a prescindere dal loro stato di salute”. Tradotto: per ogni ulivo malato, se ne abbatteranno 300 sani, secolari compresi. Questa è la proporzione, stimata dall’Osservatorio fitosanitario regionale, le cui controdeduzioni sono rimaste lettera morta.
Sarà differente l’approccio nel Leccese. A sud del confine amministrativo della provincia, resta la “fascia di eradicazione” di 20 chilometri, dove “viene mantenuto il requisito di rimuovere sistematicamente tutte le piante infette e di testare quelle circostanti nell’arco di 100 metri”. Dunque, via non tutti, ma solo gli alberi malati. Nel resto della penisola salentina, dove l’eradicazione del batterio “non è più possibile”, si dovrà, invece, imparare a gestire la fitopatia ed è prevista “la possibilità per l’Italia di applicare misure di contenimento”.
La Puglia diventa un sorvegliato speciale. La strada è tutta in salita. E la decisione dell’Ue non fa altro che renderla ancora più ripida: è stata ribadita l’interdizione assoluta all’impianto di tutte le specie ospiti di Xylella fastidiosa. Significa che ogni ulivo perduto non potrà essere sostituito con una pianta giovane e neppure con le altre finite nella lista nera, come mandorlo, albicocco, susino, pesco, quercia. È un divieto “adottato per la prima volta in maniera così restrittiva, visto che – ha replicato l’Osservatorio fitosanitario barese nelle osservazioni inviate quattro giorni fa all’Ue – in situazioni analoghe di lotta ad organismi nocivi di quarantena, per esempio Erwinia a., è stato posto il divieto di messa a dimora di piante ospiti per un periodo limitato di dodici mesi; inoltre, per altri patogeni da quarantena come il virus della tristezza degli agrumi o della vaiolatura delle drupacee non è posto alcun limite”.
Ma c’è di più. E’ minato alle fondamenta uno dei settori finora più floridi del Salento, quello vivaistico: stop totale alla commercializzazione delle specie indiziate e nessuna deroga per le viti, sebbene il ceppo di Xylella fastidiosa riscontrato in Puglia, come è stato dimostrato scientificamente, non sia in grado di attaccarle. Una decisione che, ribaltata sul territorio, è la condanna dei 50 vivai otrantini che esportano barbatelle in tutto il mondo e impiegano mille addetti. In questo caso, la pressione della Franciaa tutela dei propri vitigni l’ha fatta da padrona. Come reagiranno l’Italia e la Puglia? Non è esclusa la via di un possibile ricorso, già preannunciato, tra le righe, dalla Regione, per “violazione del principio di proporzionalità, sia quanto alla omessa valutazione e ponderazione dei diversi interessi coinvolti sia quanto alla inidoneità dei mezzi adottati rispetto al fine prefissato”. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/28/xylella-il-comitato-ue-nel-leccese-via-tutte-le-piante-in-un-raggio-di-100-metri-da-ulivi-malati/1634311/