Per «violazione diritto alla vita» e ad avere «informazioni corrette»
STRASBURGO - Il caso della Terra dei fuochi approda alla Corte europea dei diritti umani. Oltre 3.500 persone si sono rivolte a Strasburgo presentando una quarantina di ricorsi «collettivi» con cui denunciano l’Italia per aver violato il loro diritto alla vita e a ricevere tempestivamente informazioni corrette.
Si tratta del problema della perpetuazione dell’emergenza rifiuti (e roghi tossici) in Campania. Gli interessati chiedono che si proceda all’accertamento della violazione del diritto alla vita ex art.2 della C.E.D.U. e del diritto all’intangibilità della propria vita privata e familiare ex art.8 sempre della Convenzione, anche sub specie del diritto alla corretta informazione ambientale, nell’accezione propria della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che ritiene che la nozione di domicilio sia riferibile non soltanto all’abitazione intesa in senso fisico, ma si estenda anche al diritto dell’individuo di godere pacificamente della stessa, senza interferenze che comportino un’alterazione del benessere psico - fisico. La Corte Europea ha sovente statuito che l’art. 8 della C.E.D.U. è finalizzato a garantire la piena tutela dell’individuo al rispetto del suo domicilio e della sua vita privata ed il suo ambito di applicazione si estende a tutte le ipotesi in cui i soggetti titolari del diritto siano afflitti da forme di inquinamento che ne rendano impossibile il pacifico godimento, mettendo contemporaneamente a rischio il loro benessere e la loro salute.
I ricorrenti ritengono e denunciano che la causa delle malattie da loro contratte, che hanno già determinato migliaia di decessi di individui che hanno in precedenza condotto una vita normale, sia da individuarsi nel fattore geografico di provenienza della cosiddetta Terra dei Fuochi. Lo Stato Italiano ha sostanzialmente ignorato che il diritto all’ambiente è elemento costitutivo del diritto alla salute, che la Costituzione tutela in quanto diritto primario (articolo 32) facendovi discendere l’obbligatorietà e la vincolatività degli interventi volti alla tutela di tale diritto; ha omesso di difenderlo dalle varie forme di inquinamento e di degrado, tra i quali gli illeciti ambientali che conculcano l’effettiva realizzazione del diritto stesso; non ha finora svolto un’effettiva e concreta azione di tutela dell’ambiente, finendo con l’evidenziare tutta la lacunosità di un’azione particolarmente deficitaria in termini sia legislativi che amministrativi, rendendosi ripetutamente moroso rispetto all’adempimento sia degli obblighi comunitari che costituzionali, soprattutto rispetto alla situazione della Regione Campania, oggetto più volte dell’attenzione e dei moniti della Corte di Giustizia U.E. (sentenze del 26 aprile 2007, causa C-135/05, e del 4 marzo 2010, causa C-297/08), sia della Corte di Strasburgo (sentenza del 10 gennaio 2012, ricorso 30765/08, Di Sarno ed altri c/ Italia).
Manca ancora un sistema di tracciabilità rigorosa dei rifiuti speciali ed industriali particolarmente tossici per la salute umana. Vi sarà da valutare la gravissima e colpevole incapacità ed inettitudine delle istituzioni italiane, che erano ben consapevoli del traffico illecito di rifiuti che, da tutta la penisola, venivano sversati nelle zone agricole del casertano e del napoletano. Il pentito Schiavone ha avuto modo di chiarire inequivocabilmente come la vicenda abbia avuto origine nel lontanissimo 1988 e come della stessa fossero a conoscenza sia la Direzione Nazionale Antimafia che la Direzione Distrettuale Antimafia, ben prima di una sua audizione, avutasi in data sette ottobre 1997 e resa, poi, nota solo alla fine del mese di ottobre 2013 (a distanza di ben 16 anni). La richiesta è di condanna per lo Stato italiano per quelle che i denuncianti reputano essere omissioni ventennali, come, sostengono, ha dimostrato la desecretazione tardiva delle audizioni del pentito Carmine Schiavone.
Tra gli aderenti al ricorso, promosso dal Coordinamento Comitati Fuochi e curato dagli avvocati Valentina Centonze, Armando Corsini e Ambrogio Vallo, ci sono parenti di malati terminali e di persone morte per tumori e associazioni. «Ci stanno togliendo il futuro e, ora che non posso più tutelare mia figlia, mi batto per i figli degli altri», ha spiegato Pina Leanza, mamma di Tonia, morta a 6 anni l’anno scorso ad Acerra per medulloblastoma. La donna è tra le “mamme delle cartoline” di don Patriciello, ricevute dal presidente Napolitano. I cittadini chiedono «la rimozione della causa e degli effetti dell’inquinamento ambientale, la messa in salvo delle falde acquifere, controlli serrati su prodotti agroalimentari e risarcimento del danno esistenziale per chi corre il rischio di ammalarsi e morire più che altrove». «Un ricorso avviato oggi in Italia – ha invece spiegato l’avvocato di Acerra Centonze – nella migliore delle ipotesi arriverebbe a sentenza tra sette o otto anni, mortificando la tenacia di chiunque. Ecco perché ricorriamo alla Corte dei diritti dell’uomo: vogliamo che un organo di giustizia esterno all’Italia verifichi quanto questa terra sia stata abbandonata dalle istituzioni e vogliamo che si accendano i riflettori su come una democrazia occidentale manchi di strumenti di lotta concreti, perché gli attuali tempi dei processi sono inaccettabili». Ed ancora: «Non puntiamo a un risarcimento del danno biologico ma di un danno esistenziale. Non sappiamo cosa contengono le verdure che mangiamo, l’acqua che beviamo; il numero di tumori aumenta costantemente e tutti noi cresciamo con l’idea che andarsene sia sempre meglio che restare».
29 gennaio 2015 | 15:36 http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/cronaca/15_gennaio_29/terra-fuochi-pioggia-ricorsi-corte-strasburgo-9b975eb8-a7c3-11e4-a919-1a402233c54b.shtml
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