La battaglia delle trivelle infuria in tutto il Mediterraneo e la notizia delle nuove concessioni che la Croazia ha destinato a una serie di multinazionali del petrolio, ENI compresa, sta scuotendo le coscienze di tanti cittadini, su entrambe le sponde dell'Adriatico.
L'idea di trivellazioni, di pozzi di petrolio, in un mare chiuso (al punto che greci e romani lo chiamavano "Golfo Adriatico") sembra aberrante, sotto ogni punto di vista.
Quanto petrolio ci possa essere è un'incognita. Che convenga estrarlo, col greggio che pare destinato a restare ancora per qualche anno a prezzi intorno ai 40 dollari al barile, è tutto da dimostrare. Che invece, al netto dell'opzione di un disastro in grande stile, il danno di immagine all'industria del turismo sia comunque grave è una certezza. Lo stesso per i rischi al "sistema pesca" che, solo per l'Italia, in Adriatico (dalla Puglia al Friuli) vale poco meno di 374 milioni dieuro l'anno (dati IREPA, 2012).
Ovvio che, infatti, un incidente petrolifero in Adriatico colpirebbe anche l'Italia. Non è forse il caso che l'Italia richieda alla Croazia di attivare le procedure della Convenzione di Espoo sullavalutazione di impatto ambientale transfrontaliero? Perché, in questo frangente, il nostro Paese sta zitto? Forse che la follia dello "Sblocca trivelle", il famigerato articolo 38 della Legge "Sblocca Italia" ci ha dato alla testa? E' vero che siccome "così fan tutti" qualcuno ha deciso che le trivelle hanno la precedenza sulla testa dei pescatori e delle comunità costiere, anche in Adriatico? Forse che un Paese che ha deciso di fare "trivellazioni sperimentali" in un'area fragile, a rischio di subsidenza, come il delta del Po ha mandato il cervello all'ammasso?
Di sicuro, non lo hanno fatto i quasi 100.000 italiani che con una petizione su Avaaz al Premier e ai ministri del turismo e dell'economia della Croazia chiedono "di fermare il progetto di ricerca di idrocarburi e trivellazioni nell'Adriatico, e salvaguardare questo spazio naturale tra Italia e Croazia con un enorme potenziale naturalistico e turistico. La scelta di andare verso lo sfruttamento dei combustibili fossili non guarda al futuro".
Questo non è un Paese per fossili, e nemmeno la Croazia: io, quella petizione, l'ho firmata!
Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia http://www.greenpeace.org/italy/it/News1/blog/le-trivelle-la-croazia-e-noi/blog/51975/
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