Traffico organizzato di rifiuti speciali: responsabilità del produttore inziale
23 maggio 2014
fonte:
Redazione InSic
La Cassazione penale con la sentenza n.13025 del 20 marzo 2014 ha affermato che il produttore iniziale dei rifiuti che consegni tali rifiuti ad un altro soggetto che ne effettui, anche in parte, il trattamento conserva comunque la responsabilità per l'intera catena di trattamento restando inteso che essa sussiste anche nel caso in cui i rifiuti siano trasferiti per il trattamento preliminare ad uno dei soggetti consegnatari.
L'imputazione
Nella sentenza n.13025/2014 si dibatteva su di un traffico illecito organizzato di rifiuti speciali, anche pericolosi, avvenuto mediante una serie indeterminata di trasporti e sversamenti presso siti sconosciuti o discariche non autorizzate, di ingenti quantità di materiale abrasivo di scarto (cosiddetto "grit"), prodotto da lavori di verniciatura di carene di navi. L'imputato era il legale rappresentante di due società incaricate di effettuare i lavori di sabbiatura all'interno del cantiere dal quale provenivano i materiali abrasivi di scarto ciò gli era costato l'imputazione per associazione a delinquere. Infatti, al fine di assicurarsi l'affidamento di detti lavori, l'indagato si era accordato con terzi per omettere qualsiasi controllo sui rifiuti prodotti, così permettendo di smaltire illecitamente il grit esausto e, dunque, di non sostenere i costi di conferimento a una discarica autorizzata.
In particolare, era stata omessa la caratterizzazione dei rifiuti prodotti, che erano avviati in modo clandestino in siti sconosciuti, formalmente classificati quali materiali misti da demolizione e avviati presso discariche per inerti non autorizzate a ricevere tale rifiuti; in parte anche attraverso la miscelazione di rifiuti pericolosi e non pericolosi.
Il giudizio della Corte
In merito alla vicenda, la Cassazione ha precisato che secondo quanto disposto dal Codice Ambiente (D.Lgs. n. 152/2006, art. 188, comma 1, il produttore iniziale dei rifiuti che consegni tali rifiuti ad un altro soggetto che ne effettui, anche in parte, il trattamento conserva comunque la responsabilità per l'intera catena di trattamento, restando inteso che essa sussiste anche nel caso in cui i rifiuti siano trasferiti per il trattamento preliminare ad uno dei soggetti consegnatari.
Quindi, colui che conferisce i propri rifiuti a soggetti terzi per il recupero o lo smaltimento ha il dovere di accertare che questi ultimi siano debitamente autorizzati allo svolgimento delle operazioni, con la conseguenza che l'inosservanza di tale regola di cautela imprenditoriale è idonea a configurare la responsabilità per il reato di illecita gestione di rifiuti in concorso con coloro che li hanno ricevuti in assenza del prescritto titolo abilitativo (ex multis, sez. 3, 4 giugno 2013, n. 29727, rv. 255876; sez. 3, 19 dicembre 2007, n. 6101, rv. 238991). E tali conclusioni valgono anche qualora - come nel caso di specie - i rifiuti siano prodotti dall'appaltatore nell'esecuzione di un contratto di appalto (sez. 3, 25 maggio 2011, n. 25041, rv. 250676; sez. 3, 5 aprile 2011, n. 35692, rv. 251224).
L'imputazione
Nella sentenza n.13025/2014 si dibatteva su di un traffico illecito organizzato di rifiuti speciali, anche pericolosi, avvenuto mediante una serie indeterminata di trasporti e sversamenti presso siti sconosciuti o discariche non autorizzate, di ingenti quantità di materiale abrasivo di scarto (cosiddetto "grit"), prodotto da lavori di verniciatura di carene di navi. L'imputato era il legale rappresentante di due società incaricate di effettuare i lavori di sabbiatura all'interno del cantiere dal quale provenivano i materiali abrasivi di scarto ciò gli era costato l'imputazione per associazione a delinquere. Infatti, al fine di assicurarsi l'affidamento di detti lavori, l'indagato si era accordato con terzi per omettere qualsiasi controllo sui rifiuti prodotti, così permettendo di smaltire illecitamente il grit esausto e, dunque, di non sostenere i costi di conferimento a una discarica autorizzata.
In particolare, era stata omessa la caratterizzazione dei rifiuti prodotti, che erano avviati in modo clandestino in siti sconosciuti, formalmente classificati quali materiali misti da demolizione e avviati presso discariche per inerti non autorizzate a ricevere tale rifiuti; in parte anche attraverso la miscelazione di rifiuti pericolosi e non pericolosi.
Il giudizio della Corte
In merito alla vicenda, la Cassazione ha precisato che secondo quanto disposto dal Codice Ambiente (D.Lgs. n. 152/2006, art. 188, comma 1, il produttore iniziale dei rifiuti che consegni tali rifiuti ad un altro soggetto che ne effettui, anche in parte, il trattamento conserva comunque la responsabilità per l'intera catena di trattamento, restando inteso che essa sussiste anche nel caso in cui i rifiuti siano trasferiti per il trattamento preliminare ad uno dei soggetti consegnatari.
Quindi, colui che conferisce i propri rifiuti a soggetti terzi per il recupero o lo smaltimento ha il dovere di accertare che questi ultimi siano debitamente autorizzati allo svolgimento delle operazioni, con la conseguenza che l'inosservanza di tale regola di cautela imprenditoriale è idonea a configurare la responsabilità per il reato di illecita gestione di rifiuti in concorso con coloro che li hanno ricevuti in assenza del prescritto titolo abilitativo (ex multis, sez. 3, 4 giugno 2013, n. 29727, rv. 255876; sez. 3, 19 dicembre 2007, n. 6101, rv. 238991). E tali conclusioni valgono anche qualora - come nel caso di specie - i rifiuti siano prodotti dall'appaltatore nell'esecuzione di un contratto di appalto (sez. 3, 25 maggio 2011, n. 25041, rv. 250676; sez. 3, 5 aprile 2011, n. 35692, rv. 251224).
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