Di Michele Buono e Piero Riccardi
MILENA GABANELLI STUDIO Nella scorsa puntata abbiamo visto come l'Italia svende il suo marchio acquistando dall’estero materie prime che lavora qui e poi le vende made in Italy e questo mette in crisi allevatori e produttori perché sono costretti a produrre sempre meno qualità, ma sono minacciati anche dalle bioenergie perchè se ogni settore va per conto suo e s’inseguono solo gli incentivi alla
fine la ricaduta la paghiamo tutti. Michele Buono e Piero Riccardi
ALESSANDRO FILIPPINI ALLEVATORE Oggi il mais anche qua intorno, una realtà locale molto piccola viene utilizzato spesso e volentieri per essere immesso in impianti che producono biomassa, ad esempio noi qua abbiamo cento ettari di terreno che sono stati destinati a biomassa. Quindi quei cento ettari li
invece di finire sulla zootecnia o sull'umana andranno a finire a marcire, tra virgolette, poi produrranno effettivamente energia ma marciranno all'interno di un impianto che produce biogas, allora ci stiamo chiedendo se anche qui, quella lì è l'agricoltura o è la nostra
l'agricoltura?
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO
Quell'agricoltura lì con cui se la prende il giovane allevatore si chiama Cat, che sta per Cooperativa Agroenergetica Territoriale con sede nel vicino comune di Correggio in provincia di Reggio Emilia. La cooperativa nasce dal giorno alla notte, quando l'Europa decide di tagliare la produzione di barbabietola da zucchero, decisione che cade come una condanna da queste parti dove di barbabietola se ne produceva molta. E’ allora che qualcuno suggerisce che si poteva fare biogas ed energia elettrica.
GABRIELE SANTI PRESIDENTE COOPERATIVA CAT Valutando la possibilità di fare energia da fonti rinnovabili, abbiamo capito che poteva essere
importantissimo l'uso dei sottoprodotti, perché noi oltre che fare bietole, coltiviamo vite, coltiviamo pere, coltiviamo pomodoro da industria e abbiamo una massa enorme di sottoprodotti, siam partiti da lì. MASSIMO ZAGHI AD COOPERATIVA CAT La cosa interessante del nostro progetto è che ci siamo fatti dare 4 milioni e mezzo dalle banche con 100mila euro di capitale sociale e i nostri agricoltori non hanno ipotecato nulla. Il segreto di questa cosa è che una banca ha creduto nel progetto, è diventata socio sovventore con noi e ha partecipato al progetto. Questo è un concetto di sviluppo importante: la banca che crede e partecipa al rischio.
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO Banche che partecipano al rischio, sottoprodotti che vengono riutilizzati, il progetto funziona. Dunque, si prendono i liquami degli allevamenti e si mettono dentro questi enormi silos, ci si mischiano degli scarti agricoli come i graspi delle uve e le potature delle pere, i batteri digeriscono il miscuglio e fanno il gas, il gas finisce dentro questi motori che a loro volta fanno
l'energia elettrica. Ma quando ci mostrano lo schema dell'impianto i conti non tornano. I famosi sottoprodotti si riducono a 200 tonnellate di graspi d' uva riducono a 200 tonnellate di graspi d' uva contro 8600 tonnellate di mais, 6 mila e 200 di triticale che sarebbe grano e mille e 100 di sorgo. Mais e grano, ma non si dovevano usare i sottoprodotti?
MASSIMO ZAGHI – AD COOPERATIVA CAT Ogni prodotto che noi inseriamo ha una resa energetica completamente diversa, e in base alla resa energetica...
PIERO RICCARDI Per esempio?
MASSIMO ZAGHI AD COOPERATIVA CAT Be' il mais fa circa 200, 210 metri cubi di biogas per tonnellata, il triticale ne fa 170, il sorgo ne
fa 140, se faccio i graspi che le abbiamo detto prima siamo tra i 40 e i 50, ogni prodotto ha un
suo valore qui dentro.
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO Chiaro: il mais rende e i graspi no. MASSIMO ZAGHI – AD COOPERATIVA CAT I soci si sono vincolati perché alla banca il progetto va presentato e deve essere finanziato, alla banca ci siamo presentati con trecento ettari di conferimento all'impianto, quindi la banca ha avuto da parte nostra l'unica garanzia di alimentare l'impianto.
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO Iniziamo a capirci qualcosa, dunque l'impianto, calcolando 300 giorni di lavoro effettivo, ingoia un ettaro al giorno tra mais e grano, che fa 18mila tonnellate all'anno di cereali. Per produrre un Kilowat di elettricità da biogas ci vogliono, solo di costi, 22 centesimi, ma
l'energia sul mercato elettrico ne costa finita 7 di centesimi. E allora dov'è il business? La risposta è in questo disegno di legge del 20/2/2009 che equipara gli impianti di biogas a fonti di energia rinnovabile, come il solare e l'eolico, e compensa questa produzione di energia con
una tariffa incentivata di 28 centesimi a Kilowat, quattro volte di più di quella di mercato.
PIERO RICCARDI Ma secondo voi senza gli incentivi sull'energia...
MASSIMO ZAGHI – AD COOPERATIVA CAT
lo sapete perfettamente che non è comparabile, non è comparabile
DIRETTORE FUORI CAMPO
Fuori ripresa le volevo dire che, il nostro progetto, ci siamo costituiti nel 2007 e abbiamo avuto
l'impianto funzionante nel 2010 perché nel passaggio dai 22 centesimi ai 28 l'istituto di credito
ci ha detto no, se arrivano i 28 andiamo se rimangono i 22 ci pensiamo.
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO Altro che partecipazione al rischio, le banche si son fatte due conti: 22 centesimi costa un Kilowat di elettricità se si usa il mais che energeticamente rende di più, per via degli amidi che contiene, se si usassero i graspi la resa energetica sarebbe ridicola e non basterebbero neppure i 28 centesimi degli incentivi statali. È per questo che le banche sono entrate nell'affare ad una sola condizione: che i soci vincolassero trecento ettari per produrre mais, per
i 15 anni che sono la durata degli incentivi. Se questi sono rischi d'impresa! Alberto di Fazio è un esperto del picco del petrolio, quel calcolo che ci dice che abbiamo già consumato più della metà del petrolio disponibile del pianeta e che d'ora in poi la produzione è destinata a scendere. Gli chiediamo: ha senso sostituire il petrolio usando cereali?
ALBERTO DI FAZIO ASTROFISICO INAF CNR Il risultato è questo, che se tutto il territorio arabile disponibile del pianeta, quindi non
coltivando più, e tutto il territorio arabile e non solo quello arato, quindi escludendo laghi, fiumi deserti, montagne ecc, fosse dedicato alla produzione di colture adatte a costruire biocarburanti, mais, a vari tipi di avene, tutto quello che si può utilizzare, si riuscirebbe con gli
idrocarburi sintetici così costruiti, si riuscirebbe a alimentare il 25%, solo un quarto, del parco motori a combustione interna presenti nel mondo. Qui sta il chiaro assurdo, non può essere
intanto questa è una questione diciamo grossolana, non si può risolvere questo in questa maniera, perché morendo di fame, perché...
PIERO RICCARDI Perché non ci sarebbe più cibo e cereali...
ALBERTO DI FAZIO ASTROFISICO INAF CNR
il calcolo è fatto senza coltivare per mangiare
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO E questo è un calcolo estremo, ma la resa?
ALBERTO DI FAZIO ASTROFISICO INAF CNR E' un problema quello dei carburanti, pensi solo al problema dei carburanti, senza vedere quello che succede per l'agricoltura per la salute per il clima, per la desertificazione, non te ne
frega niente, solo a quello, allora per risolvere solo quello già è una cosa assurda, ma paradossalmente manco quello fai, che se tu vuoi aggiungere del carburante sintetico utilizzando la bioagricoltura e togliendo terreno al territorio arabile, ma soprattutto utilizzando petrolio per i fertilizzanti e rendere più efficace e permettere questa vasto, noi parliamo di migliaia di kilometri quadrati, centinaia di migliaia di kilometri quadrati in brasile, per esempio, per fare questo ci vogliono quantità di fertilizzanti impressionanti, è la scala di quello di cui parliamo che sfascia il tutto.
PIERO RICCARDI Usiamo petrolio per risparmiare petrolio...
ALBERTO DI FAZIO ASTROFISICO INAF CNR Ma ne usiamo di più...
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO Ne usiamo di più, ovvero spendiamo più energia di quanta ne ricaviamo. Vediamo di aiutarci con questo studio americano: per coltivare un ettaro a mais consumo tra lavoro, macchine, combustibili, fertilizzanti ecc 8 milioni e 200 mila calorie, per ottenere 13 tonnellate di silo mais che equivalgono a 9 milioni e 800mila calorie. Dunque il paradosso è questo: che per ottenere 9 milioni di calorie ne consumo 8, spendo 4 milioni di euro per costruire una centrale e 1 milione di euro solo di costi di esercizio all’anno. Cremona è la provincia italiana che detiene il record delle centrali a biogas con il 50% del totale italiano. 123 centrali tra quelle in funzione, in costruzione e autorizzate, un quarto della superficie agricola dell'intera provincia di Cremona ingoiato dai digestori delle centrali a biogas. Prima conseguenza: il valore dei terreni agricoli che fino a ieri gli allevatori ci dicono che li affittavano a 600 euro/ettaro.
SIMONE SOLFANELLI – DIRETTORE COLDIRETTI CREMONA Attualmente abbiamo registrato punte di 1200, 1500, 1800 euro a ettaro.
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO Quindi il doppio o il triplo.
SIMONE SOLFANELLI – DIRETTORE COLDIRETTI CREMONA Questo mercato fondiario che è andato a prezzi irraggiungibili per chi continua, invece che a
fare biogas, continua a fare diciamo così le produzioni tradizionali. Cremona, voglio dire il 10% del latte nazionale, qui stiamo parlando del grana padano, quindi di un prodotto di assoluta eccellenza, stiamo parlando di allevamenti suinicoli, qui ci sono 1 milione di capi di suini che sono in provincia di Cremona. Il business sfrenato questo si devasta un sistema agricolo locale, un sistema fondiario locale.
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO Un business sfrenato devasta un sistema agricolo locale. Ma d'altra parte, con i prezzi spesso sottocosto in cui si dibatte l'agricoltura oggi, il business in una centrale a biogas è evidente. Una centrale da 1 megawatt che funziona 330 giorni l'anno produce 8 milioni di Kilowatt/ora che moltiplicato i 28 centesimi della tariffa incentivata fanno più di 2 milioni di euro: tolti i costi, ci si mette in tasca 500mila euro, garantite dallo stato, per legge.Torniamo in Emilia Romagna. Questa è la sede dell'assessorato all'agricoltura della Regione. Fresco di presentazione c'è un grande Piano per le agroenergie. 9 milioni di euro per le fonti rinnovabili, un “piano ambizioso” lo definisce l'assessore Rabboni: 500 megawatt totali di cui 100 da produrre con centrali a biogas.
PIERO RICCARDI
Ci sono gli allevatori della zona che dicevano: ma come si fa a fare di una centrale a biogas che consuma mais.
TIBERIO RABBONI ASSESSORE AGRICOLTURA EMILIA ROMAGNA E’ quello che sta succedendo perché come dire non c’è stata un’azione d’indirizzo, insomma...
PIERO RICCARDI Questo qui per esempio è il Cat, no? Allora loro dicono … No ma noi usiamo gli scarti…bene , poi i graspi sono 200 tonnellate il mais 8mila e 6, il triticale 6mila e due e il sorgo mille e cento, cioè questi funzionano perché ci metti il mais.
TIBERIO RABBONI ASSESSORE AGRICOLTURA EMILIA ROMAGNA E certo…
PIERO RICCARDI non è che funzionano perché ci metti 200 tonnellate di graspi…
TIBERIO RABBONI ASSESSORE AGRICOLTURA EMILIA ROMAGNA Ho capito….ma ….non lo contesto mica (…) bisogna trovare la risposta nell’evoluzione, perché oggi la risposta non c’è. Se noi decidessimo che discriminiamo gli agricoltori che ci chiedono di essere finanziati per un impianto a biogas perché usano il mais, il giorno dopo quell’agricoltore ci fa ricorso e in tutte le sedi noi siamo perdenti, perché è una discriminazione che non
possiamo introdurre
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO Non posso discriminare chi usa mais per produrre biogas, ci dice l’assessore. Ma almeno, forse, gli si potrebbero non dare ulteriori incentivi pubblici! Reggio Emilia, entriamo in un mangimificio, e proviamo a chiedere a loro cosa ne pensano, visto che il mais è uno dei componenti fondamentali per il mangime zootecnico.
ILLER LANDINI DIRETTORE TECNICO MANGIMIFICIO PROGEO Penso che bruciare delle derrate alimentari così nobili come sono i cereali, per produrre un
carburante alternativo alla benzina sia folle.
PIERO RICCARDI Dicono che è rinnovabile...
ILLER LANDINI DIRETTORE TECNICO MANGIMIFICIO PROGEO No per me energia rinnovabile è l'energia solare, eolica, non è sicuramente un'energia rinnovabile quella ottenuta da un mais che possiamo mangiare anche noi direttamente, quindi una derrata alimentare fondamentale per l'uomo.
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO Entriamo nel laboratorio del mangimificio.
PIERO RICCARDI Ma si capisce il mais che va a finire prodotto per produrre energia e mais che finisce in un mangime per animali?
FLAVIO MELLI RESPONSABILE LABORATORIO PROGEO No, io posso produrre 10 tonnellate di mais e destinare il mio campo o i miei campi, 5 all'alimentare e 5 all'uso energetico e con il medesimo mais.
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO Il paradosso è che quello che si usa per bioenergie rende di più, in termini monetari, di quello
che usiamo noi umani come cibo o per alimentare gli animali che alleviamo per nutrirci. Così, sempre più terreni sono dedicati per produrre energia, a prescindere che sia mais o altra coltura. Bruxelles. Olivier De Schutter è consulente dell’Onu per il diritto al cibo. OLIVIER DE SCHUTTER CONSULENTE ONU DIRITTO AL CIBO Quello che abbiamo rilevato è che se prendiamo l’intero ciclo della produzione di biocarburanti,
in molti casi l’impatto ambientale risulta negativo, e questo è dovuto in larga parte a quello che noi definiamo “conversione indiretta dell’uso della terra”, in altre parole la terra usata per produrre energia non sarà più in grado di produrre cibo, e quindi dovremo cercare altro terreno per la produzione di alimenti…. (…) questo significa essenzialmente che l’Europa dovrà importare di più per poter produrre sul proprio territorio biocarburanti.
PIERO RICCARDI – FUORI CAMPO Dunque se il mais lo vogliamo mettere a fare biocarburanti, avremo bisogno di altra terra per continuare a mangiare. Berlino, Humbolt Universitet. Il professor Von Witzsche ha calcolato
l’estensione di quella terra.
HARALD VON WITZSCHE DOCENTE COMMERCIO AGRICOLO UNIVERSITÀ HUMBOLT L'unione europea da grande esportatore di beni alimentari si è ormai trasformata nel maggiore
importatore mondiale di alimenti. Nel nostro studio, tutte queste importazioni nette di beni agricoli in Europa, le abbiamo convertite in ettari di superficie coltivata, cioè nella superficie necessaria per produrre la quantità di beni agricoli esportati nell’unione europea. Il risultato è stato che la superficie extra europea che noi utilizziamo corrisponde all'incirca all'estensione della Germania. E quello che ci ha stupito è l'accelerazione del fenomeno nell'ultimo decennio. Queste superfici sono aumentate del 40%. Oggi, in totale noi europei usiamo 35 milioni di ettari di superficie coltivabile al di fuori del nostro territorio per soddisfare il nostro fabbisogno di cibo, di mangimi, di fibre per i vestiti e di prodotti agricoli utilizzati per produrre bioenergie.
MILENA GABANELLI - STUDIO
Una politica scellerata che da una parte ha fatto innalzare il prezzo dei cereali legandolo a quello del petrolio, di fatto ha trasformato il cibo in una merce, come il ferro o il cemento, e esattamente lo stesso prodotto lo puoi mangiare o bruciare. E che fine fa la qualità? Nelle prossime puntate vedremo cosa sta diventando l’agricoltura parlando di arance e di grano. Adesso c’è chi dice no.
http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-c8210399-a212-4753-a2b7-e36b663c52cc.html?refresh_ce
martedì 11 giugno 2013
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