giovedì 9 maggio 2013

nucleare Vauro e i figli di Chernobyl, “troppo tristi” per la Rai

il fatto quotidiano 9 maggio 2013
Vauro e i figli di Chernobyl,
troppo tristi” per la Rai
di Anna Maria Pasetti
Un Vauro da reportage. Dove la
satira non c’entra proprio nulla.
Considerando che quanto vedremo
da lui realizzato stasera nell’a mbito
del programma Confessione Repor
ter (su Italia 1, seconda serata),
va a toccare una ferita ancora aperta,
per non dire infetta: quella dei
figli di Chernobyl”.
Il reportage da un quarto d’ora che
il vignettista toscano ha dato gratuitamente
alla trasmissione in onda
sul canale Mediaset – dopo che
Rai 3 gliel’ha rifiutato perché “è un
argomento troppo triste” – è stato
realizzato lo scorso giugno insieme
alla Ong Sole Terre, che si (pre)occupa
di tumori dei bambini nel
mondo. “È un’associazione serissima
e di cui andare orgogliosi come
lo siamo di Emergency, perché è rispettosa
delle persone e dei luoghi
in cui interviene”, spiega Senesi, rimasto
una decina di giorni presso la
zona rossa e nel quartiere di Chernobyl
dove Sole Terre ha edificato la
sua “casa-famiglia” per tutti coloro
che, “poverissimi, non possono
permettersi un tetto sopra un letto
quando devono portare i figli a fare
le chemioterapie e la cui unica alternativa
sarebbe dormire nelle stazioni
ferroviarie”.
LA TESTIMONIANZA di Vauro
mette in luce più di una denuncia.
Le conseguenze per la popolazione
dei fatti di Chernobyl sono ancora
tangibili nel
presente, basti
pensare che il
governo ucraino
lo scorso anno ha decurtato 35
milioni di euro dai fondi per la cura
dei bambini malati per dirottarli alla
costruzione delle strutture per gli
Europei di calcio. Togliendo fondi
anche a quelle 800 mila anime che
hanno lavorato per ‘ripulire’ la zona
radioattiva”.
Certo, siamo nell’ambito del dramma,
ma è noto che laddove ci siano
dei ragazzi l’atmosfera fugge dal tragico.
E infatti – continua Senesi –
tenevo ad evidenziare nel reportage
quanto l’universo dell’infanzia sia
ostinato nella sua gioia di vivere.
Ci siamo divertiti molto insieme, disegnando
e giocando”. Dunque da
novello autore di reportage, “l’ul -
timo dei Comunisti”, come amam
definirlo Michele Santoro, c’ha preso
gusto, tanto che se questo documento
per ora è un unicum, “vor -
rei poterne fare altri”. Anche per
mostrare che un reporter – o chi fa
giornalismo – non è da fuggire “a
prescindere” come si ostinano oggi
a fare alcuni membri della “neo politica”
italiana.
AI QUALI Vauro risponde per le rime:
quello è un atteggiamento presuntuoso,
vecchio come la politica
più vetusta, e assolutamente anti rivoluzionario”.
Forse nel giornalismo non c’è più
quel senso di avventura di una volta
molti sono proni all’obbedienza
della banalità – ma per fortuna esistono
ancora delle mirabili eccezioni
che vorremmo diventassero la
norma, ovvero quei giornalisti che
raccontano le cose dopo averle vissute.
Trasformando la propria professione
in un’avventura di vita”.

Nessun commento: