martedì 29 gennaio 2013

Rapporto sul rischio industriale "I cittadini sono poco informati"


ma non solo i cittadini a non conoscere la questione. Sono quasi tutti gli amministratori comunali. Per esperienza diretta. http://www.repubblica.it/ambiente/2013/01/29/news/rapporto_rischio_industriale-51505054/?ref=HREC1-10

Lo studio di Legambiente e Protezione civile su 210 dei 739 comuni che ospitano impianti che trattano sostanze pericolose: nella maggior parte dei casi si rispettano le misure di sicurezza, ma l'informazione ai cittadini è reticente

ROMA - I disastri dell'Ilva, dell'amianto, di Seveso (che ha dato il nome alla direttiva) dovrebbero avere insegnato la virtù della prudenza. Ma dalla mappa del rischio industriale elaborata da Legambiente e dalla Protezione civile emerge un quadro contraddittorio: da una parte norme di sicurezza che nella maggior parte dei casi vengono rispettate, dall'altra un'informazione ai cittadini che resta reticente. Gli impianti industriali che trattano sostanze pericolose in quantitativi tali da creare il rischio di un incidente rilevante sono 1.100. Si tratta di impianti chimici, petrolchimici, raffinerie, depositi di esplosivi, gpl o composti tossici. Luoghi che, in caso di incidente, possono trasformarsi in trappole estremamente pericolose, soprattutto se le misure di sicurezza non sono state adottate o non sono state comunicate a chi abita in zona.

IL RAPPORTO (Pdf)

Lo studio di Legambiente e Protezione civile si basa su un questionario inviato a 210 dei 739 comuni che ospitano uno di questi impianti. Il 94% dei Municipi interpellati dichiara di aver recepito le indicazioni contenute nella scheda informativa preparata dal gestore dell'impianto. Questa scheda consente di individuare le aree soggette a tre livelli di rischio: sicuro impatto, danno, attenzione. Nelle aree esposte, in caso di incidente, a danno figurano, nei 104 Comuni interpellati, strutture particolarmente vulnerabili: nel18% dei casi sono scuole, nel 13% centri commerciali, nell'8% strutture turistiche, nel 7% luoghi di culto, nel 2% ospedali.

Ma solo la metà dei Comuni ha dichiarato di aver realizzato campagne di comunicazione sui comportamenti da tenere in caso di incidente. Dunque in un Comune su due i cittadini non hanno a disposizione le informazioni necessarie per regolare nel modo migliore la loro reazione nel momento del pericolo. Una eventuale situazione di emergenza si potrebbe così più facilmente trasformare in tragedia.

Anche perché il numero dei comuni in cui sono state organizzate esercitazioni pubbliche periodiche per testare la capacità di risposta in caso di incidente è ancora più ridotto: solo 75 municipi. "Un deficit di informazione grave", ha commentato Rossella Muroni, direttore di Legambiente. "Preparare i piani di emergenza senza coinvolgere in maniera adeguata la popolazione che vive attorno all'impianto significa ridurre fortemente il livello di sicurezza".
(29 gennaio 2013)© RIPRODUZIONE RISERVAT

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