Doc. XXIII
N. 32
COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI
E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI
E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI
(Relatrici: Sen. Paola Nugnes, Sen. Laura Puppato)
Approvata dalla Commissione nella seduta del 20 dicembre 2017
_______________
Comunicata alle Presidenze il 20 dicembre 2017
ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 7 gennaio 2014, n. 1
7.3.2
L’indagine della Squadra mobile di Latina (2013-2014) (pag. 424 -439)
La Commissione ha
acquisito l'intero fascicolo del procedimento penale 14948/13/19 modello 44
contro ignoti della procura della Repubblica di Latina, archiviato il 20 aprile
2014[1]. Gli atti di indagine svolti - seppur
su fatti che il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto non
penalmente rilevanti, disponendo l'archiviazione del procedimento - sono
particolarmente significativi, in quanto permettono la ricostruzione puntuale
della storia del sito di Borgo Montello, evidenziando importanti criticità.
Con una prima informativa del 15 ottobre 2013 - che ipotizzava il reato
previsto e punito dall’articolo 439 del codice penale - la Squadra mobile della
Polizia di Stato di Latina richiedeva all’autorità giudiziaria una specifica
delega (con l’attivazione di intercettazioni telefoniche e ambientali) per
approfondire quanto denunciato dal presidente dei Verdi del Lazio Nando
Bonessio e dall’ambientalista Giorgio Libralato all’agenzia di stampa AGR: “Da
7 anni, ovvero dal 2005, le falde acquifere di Borgo Montello risultano
fortemente inquinate da metalli pesanti e presenza di anomale masse magnetiche,
ma nonostante ciò, nessuna precauzione è stata attuata dalle istituzioni
competenti”. Tali dichiarazioni si basavano su quanto dichiarato dall’allora
commissario dell’ARPA Lazio Corrado Carruba durante un’audizione della
commissione “Criminalità” del Consiglio regionale del Lazio.
L’informativa della polizia giudiziaria riferisce su una prima attività di
riscontro: “Questa Squadra Mobile ha avviato specifiche attività
info-investigative da cui è scaturito che in una specifica porzione dell’area,
ove insiste la discarica di Borgo Montello, che questo ufficio è in grado di
raggiungere seguendo indicazioni precise, gestita attualmente dalle società
Ecoambiente srl, per quanto attiene agli invasi denominati S0, S1,S2 e S3, ed
Indeco srl, per l’area contrassegnata dalle sigle S4, S5, S6 e B2, sono stati
interrati, tra il 1987 ed il 1990, rifiuti altamente pericolosi, tali da
inquinare le falde acquifere”, allegando una mappa con l’indicazione precisa
del punto di interramento.
L’informativa individua uno dei presunti responsabili dell’attività
illecita: “L’interramento dei fusti contenti rifiuti pericolosi sarebbe
avvenuto utilizzando la ditta di […], specializzata nel movimento terra. Il […]
sarebbe stato ingaggiato, ricevendo per la sua opera ed il suo “silenzio” una
cifra oscillante tra 60 ed 80 milioni del vecchio conio, da tale Proietto
Andrea”. Va aggiunto che i nomi citati non risultano iscritti nel registro
degli indagati nell’ambito del procedimento
14948/13/19 e che – a conclusione delle indagini – il giudice per le
indagini preliminari ha disposto l’archiviazione, accogliendo al richiesta della
procura della Repubblica di Latina.
Andrea Proietto[2] è stato uno dei due soci della società Pro.Chi.[3], responsabile della gestione della discarica di Borgo Montello dall’inizio
degli anni ’80 fino al 1988/1989.
Una seconda informativa è stata inviata dalla Squadra mobile di Latina
all’autorità giudiziaria l’8 gennaio del 2014, con ulteriori elementi
particolarmente rilevanti.
L'inchiesta ha ripercorso le precedenti indagini partite all'inizio degli
anni '90 – che hanno dato luogo alla citata condanna in primo grado e
declaratoria di prescrizione in appello - per sversamento di rifiuti
pericolosi. La Squadra mobile ha poi approfondito alcune informative dei primi
anni '90, ricostruendo il complesso intreccio societario dei gestori dell'epoca
(alcuni dei quali sono, dopo diversi passaggi di azioni, ancora oggi operativi
sul sito di Borgo Montello).
Il risultato dello sforzo investigativo della squadra mobile di Latina ha
portato alla individuazione puntuale di almeno due invasi dove – tra la fine
degli anni '80 e i primi anni '90 – sono stati sversati rifiuti pericolosi[4].
I due punti individuati corrispondono con l'invaso denominato “B2”,
inserito nella parte della discarica attualmente gestito dalla società Indeco
srl, e la zona compresa tra i siti S3 e S1, oggi gestita dalla società
Ecoambiente srl. Nel primo caso (B2) vi è una certezza per tabulas rispetto allo sversamento di rifiuti speciali
pericolosi, comprovata nel corso di un processo penale (il giudicato sulla
declaratoria di prescrizione conferma l’accertamento che aveva portato alla
condanna in primo grado dell’unico imputato); nel secondo caso (S1-S3) vi sono
almeno due testimonianze dirette concordanti e una testimonianza de relato particolarmente attendibile.
L'indagine condotta
dalla squadra mobile di Latina ha ricostruito puntualmente una fase cruciale
per la discarica di Borgo Montello, utilizzata all'inizio degli anni '90 anche
per lo stoccaggio di rifiuti speciali non pericolosi e - come vedremo -
pericolosi. Le originarie informazioni raccolte dagli investigatori provenivano
dal fascicolo d’indagine aperto nel 1992 dalla procura di Latina [5].
Dai documenti allegati all'informativa citata è possibile ricostruire la
storia del sito denominato "B2" - gestito dalla società Ecotecna – e
della serie di autorizzazioni, concesse tra il 1990 e il 1991, in regime di
emergenza (attraverso ordinanze del presidente della Giunta regionale), che
hanno consentito lo smaltimento in discarica di rifiuti speciali, anche
pericolosi[6].
E' bene sottolineare fin da subito che gli atti autorizzativi[7] si riferivano ad un "temporaneo" stoccaggio, come vedremo in
dettaglio, la cui esigenza derivava da una presunta emergenza. Orbene, quei
rifiuti sversati nel bacino B2 sono rimasti lì; terminata la fase di utilizzo
del sito come discarica di seconda categoria B, la stessa società Ecotecna ha
chiesto ed ottenuto un'autorizzazione per la realizzazione di un sito per
rifiuti solidi urbani a copertura dell'invaso[8]. Oggi l'area è dunque stratificata, con alla base l'antico sito di
conferimento di rifiuti speciali, anche pericolosi.
Prima di entrare nel merito delle vicende occorre avere un quadro d'insieme
dei passaggi societari, che si incrociano con le autorizzazioni.
Di seguito uno schema cronologico riassuntivo:
21
febbraio 1990
|
Guastella
Srl
|
Sito
“B2” autorizzato da regione Lazio per rifiuti speciali (ord. 76 del 21
febbraio 1990)
|
26
marzo 1990
|
Guastella
Srl
|
Sito
“B2” autorizzato da regione Lazio per rifiuti anche pericolosi (ord. 215 del
26 marzo 1990)
|
maggio
1990
|
Guastella
→ Ecomont
|
Incorporazione
per fusione con SOREGIN
|
26
settembre 1990
|
ECOMONT
→ Affitta B2 a →
ECOTECNA
|
ECOTECNA
← ECOITALIA (maggioranza) e LED
(minoranza); ECOITALIA ← SERVIZI
INDUSTRIALI srl (AD all'epoca Osvaldo Nirino, poi Paolo Borbon, riconducibile
all'epoca al gruppo TEXECO)
|
1991
|
Ecotecna
|
La
proprietà della Servizi Idustriali (controllore della Ecotecna) passa per il
50% al gruppo Acqua e il 50% alla BFI
|
31
dicembre 1992
|
Ecotecna,
Sito B2
|
Scade
il termine dell'ordinanza sospensiva del consiglio di Stato sulla sentenza
del TAR di chiusura del sito B2
|
23
febbraio 1993
|
Ecotecna
|
Vista
la situazione (chiusura della B2 per i rifiuti pericolosi), l'Ad Adriano
Musso propone di riconvertire l'invaso in discarica per RSU
|
Dicembre
1994
|
Ecotecna
|
Il
gruppo Bfi compra le quote della Servizi Industriali possedute dal gruppo
Acqua
|
Il primo atto autorizzativo del sito
“B2” di Borgo Montello è l'ordinanza numero 76 del febbraio 1990, firmata
dall'allora presidente della regione Lazio Bruno Landi (che, negli anni
successivi, entrerà come amministratore nel gruppo Cerroni, occupandosi, tra
l'altro, proprio del sito di Borgo Montello). Gli elementi chiave del
provvedimento sono:
a) stato di emergenza della regione
Lazio per lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti di origine industriale; la
documentazione a base della dichiarazione di emergenza (che in successiva
sentenza del TAR Lazio dell'11 dicembre 1990 verrà definita “se per ipotesi
esistente, non è stata, nonostante le molte parole, adeguatamente illustrata”)
era costituita dalla risoluzione del Consiglio regionale numero 101 del 6
luglio 1989 e dalla successiva deliberazione della Giunta regionale numero 7394
del 5 agosto 1989[9];
b) la delibera ordinava alla società
Guastella Impianti srl, gestore all'epoca dell'intera area di Borgo Montello,
di attivare l'impianto di discarica per rifiuti speciali – escludendo
inizialmente i pericolosi - “in via temporanea”; il progetto prevedeva il
funzionamento per sei anni dell'impianto, per una capacità complessiva di 460
mila tonnellate; l'ordinanza indicava il periodo “temporaneo” in due anni, con
una evidente contraddizione tra progetto e autorizzazione;
c) nella citata consulenza del
pubblico ministero sono analizzati gli atti della consulta regionale richiamati
dall'ordinanza; scrivono i consulenti: “In definitiva, a sommesso avviso degli
scriventi, la consulta non ha approvato la realizzazione della discarica II B,
anzi, non ha ritenuto naturalmente idoneo il suolo proposto per il suddetto impianto
definitivo. La consulta ha espresso solo il parere di massima in relazione alla
possibilità di realizzare in quel sito e con quel progetto una ‘messa in
sicurezza’ di rifiuti industriali, provvisoriamente, per la eventuale bonifica
locale, sempre nel rispetto delle esplicite prescrizioni formulate”. In realtà
la prima ordinanza ordina la realizzazione di un sito definitivo, non più
destinato a ricevere i residui delle bonifiche locali, ma rifiuti industriali
provenienti da tutto il territorio della regione Lazio.
Di certo il volume di affari che il nuovo sito poteva produrre era ingente.
In una nota della Guastella Impianti alla regione Lazio del 30 aprile 1990 era
indicato il prezzo previsto per il conferimento, pari a 100-130 lire al
chilogrammo. Considerando la quantità autorizzata, il valore commerciale
dell'impianto era di almeno 46 miliardi di lire (stima con prezzo a 100 lire al
chilo), nei sei anni di funzionamento. Cifra destinata a crescere ulteriormente
negli anni (la stima fatta dal gestore in un ricorso presentato al TAR del
Lazio dai legali della società Ecotecna il 18 maggio 1999 parla di “mancato
guadagno” derivato dalla successiva chiusura dell'invaso superiore ai 66
miliardi di lire[10]).
La consulenza ha stabilito, rispetto a questo primo atto autorizzativo, la
mancanza di un "idoneità naturale" del sito per "garantire una
sufficiente protezione nei riguardi della migrazione di sostanze inquinanti
verso il sottosuolo e verso le acque di falda". Sul punto l'analisi dei
consulenti è chiara: “per quanto riguarda lo specifico progetto di discarica II
B della Guastella impianti a Borgo Montello nel verbale della consulta (pagina
13) si afferma che il progetto stesso insiste su ‘suoli con caratteristiche
naturali non idonee alla ubicazione di impianti di discarica di rifiuti
industriali’”. Per cercare di ovviare a questa osservazione vennero realizzate
dal gestore dell'epoca “opere di impermeabilizzazione artificiale, delle sponde
e del fondo, attraverso un sistema combinato di barriere minerali (argille
bentoniche) e barriera sintetica costituita da geomembrana in resina
(polietilene ad alta densità, PEAD, spessore 2,5 mm)”. Soluzione, però,
ritenuta adeguata solo per lo stoccaggio temporaneo e non per uno smaltimento
definitivo.
La seconda ordinanza, firmata sempre dal presidente della regione Lazio
Bruno Landi, datata 26 marzo 1990 (meno di un mese rispetto al primo atto
autorizzativo), numero 215, integra e modifica l'ordinanza 76 del 21 febbraio
1990, autorizzando lo stoccaggio di rifiuti compresi all'interno della
categoria B (paragrafo 4.2.3.2 della deliberazione del comitato
interministeriale del 27 luglio 1994), inclusi i rifiuti pericolosi[11].
Successivamente il comune di Latina, la cooperativa Satricum e cinque
cittadini propongono – con atti distinti - ricorso al TAR contro le ordinanze
citate. Dopo una prima decisione dei giudici amministrativi (che accolgono il
ricorso, prima sospendendo l'ordinanza 215 e poi anche la prima autorizzazione,
l'ordinanza numero 76), il Consiglio di Stato, con la decisione 441/1991,
sospende per un anno (fino al 9 aprile 1992) l'efficacia della decisione del
TAR “in considerazione dell'interesse pubblico all'immediata attivazione
dell'impianto in questione nelle more delle misure ordinarie”[12]. Il 14 aprile 1992 vi è un’ulteriore sospensione dell'efficacia della
sentenza del TAR da parte del Consiglio di Stato (ordinanza n. 422/92), fino al
31 dicembre 1992.
Nel frattempo la terza ordinanza regionale, numero 575 del 4 novembre 1991,
firmata dal presidente della regione Lazio, Rodolfo Gigli, richiamata la prima
ordinanza del 21 febbraio 1990 e preso atto della decisione del Consiglio di
Stato, ordinava alla società Ecotecna – che nel frattempo aveva affittato il
ramo d'azienda dalla Guastella srl – di attivare l'impianto, stabilendo la
tariffa a 120 lire al chilogrammo. Nel testo della nuova ordinanza si
escludevano i rifiuti “tossico-nocivi”, ma, nel contempo, non veniva revocata
l'ordinanza 215 che, a sua volta, aveva “emendato” il primo atto autorizzativo.
Anche questa ordinanza verrà a sua volta annullata dal TAR del Lazio il 10
aprile 1992. Dopo la sospensione dell'efficacia delle decisioni TAR da parte
del Consiglio di Stato (vedi sopra), l'8 maggio 1992 il presidente della
regione Lazio firma una nota ordinando alla Ecotecna di riattivare l'impianto[13].
La sospensione della prima sentenza del TAR – che annullava le due
ordinanze del 1990, chiudendo di fatto l'impianto – verrà reiterata per una
seconda volta.
La già complessa situazione diviene paradossale nel 1993, quando il
presidente della regione Lazio firma una nuova ordinanza, la numero 1/1993.
Annota la Squadra mobile di Latina su questo passaggio: “La citata delibera
ha autorizzato la società Ecotecna [...] a continuare a ricevere rifiuti
speciali, di cui al paragrafo 4.2.3.2. comma 1 della deliberazione 27 luglio
1984 del comitato interministeriale richiamata nell'articolo 5 del decreto del
Presidente della Repubblica 915/1982, con esclusione di quelli tossico nocivi,
provenienti da impianti di stoccaggio della sola regione Lazio. Sebbene nella
ordinanza n.1 del 1993 è stata prevista l’esclusione dei rifiuti tossico nocivi
da conferire nella discarica di Borgo Montello, la categoria dei rifiuti
speciali richiamata ai sensi della predetta deliberazione, contempla anche
rifiuti tossico nocivi purché non eccedenti concertazioni di sostanze ritenute
pericolose per la salute pubblica specificatamente indicate nel decreto del
Presidente della Repubblica 915/1982”.
Tra il 1991 e il 1993 si crea dunque un intreccio complesso tra ordinanze
della regione Lazio, decisioni contrastanti dei giudici amministrativi e cambi
societari dei proprietari della discarica (la Guastella, che aveva concesso in
affitto il ramo d'azienda alla Ecotecna, società riferibile all'epoca al gruppo
Acqua dei fratelli Pisante e alla statunitense Bfi).
L'attenzione investigativa della Squadra mobile ha cercato di mettere a
fuoco questo delicato passaggio: “In seguito all’adozione di detti
provvedimenti da parte dei Presidenti della Giunta Regionale del Lazio
(P.G.R.L.) pro tempore, il comune di Latina ha impugnato le citate ordinanze al
tribunale Amministrativo Regionale, ottenendone l’annullamento. Ma la società
gestore, e proprietaria dei terreni, della discarica, ovvero la Guastella
Impianti, ha fatto ricorso al Consiglio di Stato chiedendo la sospensiva della
sentenza. Il supremo consesso di Giustizia Amministrativa ha concesso una proroga
all’esercizio dell’impianto per rifiuti speciali, successivamente prorogato di
un altro anno fino al 31.12.1992”.
Dopo questi passaggi, particolarmente significativi, l’allora gestore del
sito B2 di Borgo Montello intraprende alcune modifiche societarie:
“Medio
tempore, la Guastella è stata incorporata dalla Ecomont srl. La Ecomont altro
non è che la società Realizzazioni Industriali (So.Re.G.In). Infatti con
verbale d’assemblea del 18.07.1990 i soci della So.Re.G.In, Maruca Biagio
Giuseppe, Maruca Gabriella, Trincia Sergio e Ruggeri Patrizia, rappresentante
del socio easing e Diversi (L.E.D.), hanno deliberato la incorporazione della Guastella
e contestuale cambio di denominazione della So.Re.G.In in Ecomont srl. Il
cambio di denominazione, così come l'incorporazione mediante fusione della Guastella
nella So.Re.G.In, poi Ecomont, sono stati [...] frutto di un preciso piano
delittuoso, i cui ideatori sono allo stato degli atti sconosciuti perché hanno
utilizzato prestanome per realizzare detta progettualità illecita, teso a fare
in modo che, formalmente ed apparentemente, vi fossero dei passaggi di
proprietà tra persone giuridiche, solo esteriormente, diverse. Sul punto è
plausibile ritenere, da quanto emerso nel corso delle attività investigative, per
lo più documentali, compendiate nella presente comunicazione di reato, che
tuttavia sono suscettibili di ulteriori integrazioni mediante attività di
ricerca della prova anche di tipo tecnico, finalizzate ad individuare i
promotori del sodalizio criminale in esame, che l'incorporazione tra Guastella ed
Ecomont, così come il fallimento di quest'ultima, sono stati espedienti tesi a
prolungare, in punto di fatto, la sospensiva rilasciata dal Consiglio di Stato
per l'esercizio dell'attività di discarica alla Guastella. Infatti, la citata
decisione è stata emessa perché avesse validità un anno. Ma una volta
subentrato il nuovo, solo apparentemente soggetto giuridico (Ecomont),
quest'ultimo ha chiesto il differimento dei termini, che sono stati
autorizzati, per un ulteriore anno. Atteso che, come emergerà nel corso
dell'esposizione dei fatti, Guastella ed Ecomontsono riconducibili ai medesimi
soggetti, è verosimile quanto ipotizzato”.
Dunque, la complessa vicenda amministrativa ha di fatto creato una sorta di
finestra extra ordinem che ha
consentito lo smaltimento – non più temporaneo, ma definitivo – di rifiuti
industriali, anche pericolosi, nell'invaso “B2”, per almeno due anni (ovvero
per quel periodo temporale creato dalle due sospensioni della esecuzione delle sentenze
TAR da parte del Consiglio di Stato). Situazione che, secondo la Squadra mobile
di Latina, era stata creata ad arte attraverso cambi societari, decisi
sostanzialmente per poter ottenere le sospensioni della decisione del TAR (che
imponeva la chiusura degli impianti) da parte del Consiglio di Stato.
Si tratta ora di capire che tipo di rifiuti siano stati smaltiti nel sito
in questione in quel periodo storico, utilizzando l’”opportunità” nata con le
ordinanze della regione Lazio del 1990.
La procura presso la pretura di Latina già dal maggio 1992 aveva aperto un
fascicolo d’indagine, ricevendo una prima comunicazione di notizia di reato
dalla polizia provinciale (la ricostruzione degli atti presenti nel fascicolo
viene svolta dai consulenti nonché nella citata sentenza nei confronti di
Adriano Musso e la sentenza del 1997). Già in quell'anno un consulente del
pubblico ministero aveva compiuto degli accertamenti, come è possibile leggere
dalle motivazioni della sentenza:
“Nei sopralluoghi compiuti nel 1992 (dal marzo al settembre), il consulente
aveva verificato che, nella predetta discarica, vi erano anche fanghi di
depurazione provenienti dalla produzione di composti farmaceutici e chimici,
residui di verniciatura ed altri materiali ricompresi nella categoria dei
rifiuti tossico-nocivi […] Secondo il consulente, le caratteristiche di
permeabilità, capacità di ritenzione e assorbimento del terreno in questione
non erano tali da preservare le acque superficiali e di falda, condizione per
lo smaltimento di rifiuti tossico-nocivi”.
Questo passaggio è particolarmente importante perché attesta l’avvenuto
smaltimento di rifiuti pericolosi all’interno dell’area B2 della discarica di
Montello, come abbiamo visto.
Su questo sito – giova ricordarlo – negli anni seguenti è stata realizzata
una seconda discarica per rifiuti solidi urbani, mentre l’area adiacente
l’invaso è oggi oggetto di richiesta di ampliamento presentata dalla società
Indeco al settore rifiuti della regione Lazio[14]. L’intervento di bonifica dell’area – come già ricordato – non sembra però
prevedere una procedura specifica che tenga conto della presenza di rifiuti
industriali pericolosi.
Come si è ricordato, il procedimento si è concluso in primo grado con una
sentenza di condanna e in appello con una declaratoria di non doversi procedere
per intervenuta prescrizione[15].
La ricostruzione puntuale dei rifiuti conferiti nell'invaso B2 è contenuta
nella consulenza[16] che si basa sulla consultazione della relazione tecnica compilata dal
responsabile settore ambiente del presidio multizonale di prevenzione di
Latina, documento contenuto nel fascicolo processuale della Pretura di Latina
del 1992.
Scrivono i consulenti: “Gli accertamenti riguardano 19 schede concernenti
altrettante tipologie di rifiuti smaltiti; orbene solo per 8 schede la
relazione conclude con un giudizio di ‘corretta accettazione’ del rifiuto in
discarica: per le altre schede si evidenziano analisi incongruenti e/o
insufficienti, difficoltà varia di classificazione dei rifiuti, perplessità
sulla correttezza di ammissione in discarica, impossibilità di classificazione
e/o declassificazione da ‘tossico nocivo’ a speciale fino ad ‘assimilabile ai
rifiuti urbani’ ”.
I consulenti avevano effettuato un sopralluogo nel marzo 1992 (quindi nella
fase iniziale di coltivazione della discarica). I risultati hanno portato ad
individuare una serie di rifiuti - alcuni con caratteristiche ascrivibili ai
pericolosi (ex tossico nocivi) - smaltiti tra il marzo e il settembre 1992
(epoca degli accessi all'impianto da parte dei periti).
L'elenco che segue, dunque, è parziale e si riferisce solo periodo di sette
mesi indicato:
- Fango di depurazione reflui nella produzione di sapone e detergenti
sintetici. Produttore Colgate Palmolive di Anzio.
- Fango inorganico da impianto di depurazione dei reflui nella produzione e
prima trasformazione dei metalli non ferrosi. Produttore Tubettificio europeo
Spa di Anzio.
- Scorie metalliche sottoposte a lavaggio. Produttore Consortium di
Ferentino.
- Materiale eternit proveniente dalla demolizione di tettoie raccolte
presso lo stabilimento IRBI di Pomezia.
- Fango originato da impianto di depurazione per rifiuti organici servizi
igienici, residui di fermentazione terreni produzione antibiotici. Provenienza
IRFI di Ferentino.
- Fango da depurazione in processo di materie prime per la produzione di
saponi e detergenti, indicato come “tripolifosfato di sodio su pallets”.
Società Gezia navigazione spa, Anzio Padiglione.
- Fango di depurazione biologica prodotto in Cantina Produttori Frascati a
Vermicino (Roma).
- “Polvere” ottenuta in impianto di depurazione delle acque reflue di
processo di zincatura, fango secco trattato con fitopressa. Stabilimento
Pisanti srl di Pomezia.
- Fango da depurazione, definito di natura organica, originato dalla
depurazione delle acque reflue, processo con detergenti e saponi liquidi.
Impianto Novembal di Sezze.
- Morchie di cabina di verniciatura. Società Devoto Claudio di Cisterna di
Latina.
- Fango da depurazione di acque provenienti dal depuratore Consorzio per il
nucleo di industrializzazione di Rieti – Cittadella.
- Scarti di pulizia, materiale disomogeneo di carta, plastica, vetro,
polistirolo. Sigma Tau, Pomezia.
- Fanghi biologici stabilizzati, palabili. Impianto di depurazione a fanghi
attivi per le acque dei servizi, cucine e “altro”. Biosint, Sermoneta.
- Terriccio e sansa proveniente dalla pulizia dei luoghi di stoccaggio
della Pasqualini spa, Cisterna di Latina.
- Fango industriale da cartiera. Cartiera di Subiaco.
- Fango filtro-pressato ottenuto nella depurazione dei reflui dalla
produzione bibite. Terme di Recoaro, Castrocielo (Frosinone).
- Polietilene, carta, plastica sporca, pittura a fase acrilica indurita
derivanti da ex imballi. Rover colori e vernici, Aprilia.
- Fango di natura prevalentemente organica da depurazione acque reflue da
lavorazione dell'orzo. Orzo Saplo, Pomezia.
- Eternit obsoleto, disomogeneo, da demolizione tettoie. Ditta di
produzione farmaceutici di Roma (nome non comprensibile sulla copia della perizia).
- Fango originato da produzione alimentare. Ica foods, Pomezia.
- Fango proveniente dalla depurazione di acque reflue miste. Klopman,
Frosinone.
L'elenco, come detto, è parziale, anche se indicativo dei rifiuti smaltiti
nel sito B2. I periti hanno però ricostruito la scansione temporale della
tipologia di rifiuti potenzialmente conferibili nell'impianto, partendo dalle
diverse ordinanze della regione Lazio, con le modifiche subentrate a seguito
delle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato. Nel periodo indicato vi è stata, dunque, una “finestra temporale” di circa
due anni per l'accettazione dei rifiuti pericolosi.
21.02.1990
|
26.03.1990
|
Rifiuti
speciali non tossico nocivi
|
26.03.1990
|
18.05.1990
|
Rifiuti
speciali, anche tossico nocivi
|
18.05.1990
|
11.12.1990
|
Rifiuti
speciali non tossico nocivi
|
11.12.1990
|
09.04.1991
|
Nessun
rifiuto
|
09.04.1991
|
09.04.1992
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Rifiuti
speciali, anche tossico nocivi
|
14.04.1992
|
31.12.1992
|
Rifiuti
speciali, anche tossico nocivi
|
|
|
|
Mappa contenuta all’interno della prima informativa della Squadra Mobile di Latina del 15 ottobre 2013: l’area corrisponde a una zona compresa tra gli invasi S3 e S1
In particolare, secondo la perizia e
la sentenza di primo grado della Pretura di Latina, i rifiuti speciali “tossico
nocivi” sicuramente conferiti in questo periodo sono:
- fanghi di depurazione di impianti
di produzione di composti farmaceutici
- morchie di verniciatura
- fanghi di depurazione di impianti
di produzione ed utilizzazione di composti chimici
Per quanto riguarda il periodo
successivo al 31 dicembre 1992 non si hanno notizie in merito alla tipologia di
rifiuti conferiti nell'invaso B2.
La prima informativa
della Squadra mobile di Latina presentava una mappa con l'indicazione di un
punto preciso a ridosso dei siti S1-S3, indicato da una fonte confidenziale
come il luogo di interramento di fusti con rifiuti probabilmente pericolosi.
Il 12 settembre 2013 la Squadra mobile di Latina redige una informativa
relativa alla “acquisizione di notizia confidenziale”:
“Nell'ambito della normale attività info-investigativa i verbalizzanti
apprendevano riservatamente che negli anni pregressi e più esattamente a far
data dall'anno 1987 al 1993 presso la discarica comunale di Borgo Montello (LT)
denominata "Latina Ambiente' erano stati interrati numerosi fusti in
metallo di cui però non sapeva indicarne il colore, contenenti materiali
altamente inquinanti e nocivi per la salute pubblica, provenienti da aziende
chimiche del nord d'Italia e trasportati con dei furgoni e camioncini i quali,
per evitare possibili controlli da parte delle forze dell'ordine effettuavano
percorsi diversi rispetto alle arterie ordinarie.
La fonte asseriva che negli ultimi periodi seppur erano stati eseguiti dei
carotaggi volti ad accertare le contaminazioni dei terreni in seno alla
discarica da parte degli organi preposti cosi come ampiamente pubblicato dalle
cronache giornalistiche locali e nazionali, precisava che i rilevamenti erano
stati effettuati su invasi diversi rispetto a quelli ove si trovavano interrati
i bidoni”.
La fonte confidenziale faceva evidente riferimento alla campagna di scavi
realizzata dal comune di Latina, dalla regione Lazio e dalla società
Ecoambiente nell’area denominata S0. Secondo la fonte in realtà i “fusti” si
trovavano in un altro invaso.
Si prosegue: “Nel corso del colloquio investigativo l'informatore
dichiarava che uno dei due operai che si era adoperato all'interramento dei
fusti in parola utilizzando delle pale meccaniche ed effettuato nelle ore
notturne e lontani da sguardi indiscreti risultava essere tale […], frazione di
Borgo Montello (LT) ubicata nelle immediate vicinanze della discarica. Per la
sua prestazione e soprattutto per il "silenzio" avrebbe ottenuto lauti
guadagni da parte di tale Proietto Andrea, titolare della società per la
raccolta di rifiuti. l compensi stipulati verbalmente tra le parti, stimati
attorno ai 60 - 80.000 milioni delle vecchie lire erano stati solo in parte
erogati da parte dal Proietto Andrea. Con il passare del tempo, la circostanza
relativa all'incompleto compenso stimato attorno ai 20,000 euro, faceva
scaturire rabbia e rancore da parte del citato […], che finanche alla presenza
di più persone lamentava l'insolvenza del Proietto Andrea. Nelle sedute
intrattenute con le fonti, […], precisava che i percolati vigenti nei fusti
oramai logorati dal tempo e che già all'epoca apparivano in ebollizione,
stavano indubbiamente inquinando le falde acquifere sottostanti del circondario
dei borghi limitrofi alla discarica [B.go Montello; B.go Le Ferriere; B.go
Bainsizza e B.go Santa Maria] e che se non si fosse intervenuti con una
immediata bonifica del sottosuolo si sarebbero verificati numerosi decessi, per
carcinomi di ogni genere”.
Per confermare le indicazioni fornite dalla fonte confidenziale gli investigatori
hanno consultato altre fonti, che – dopo “aver superato le paure” - hanno
confermato quanto riferito.
La squadra mobile ha quindi operato un sopralluogo “riservato” all’interno
della discarica insieme alle diverse fonti, per individuare con certezza il
punto dello sversamento di rifiuti pericolosi (i “fusti”), individuando un’area
a cavallo tra gli invasi S3 e S1. Nell’informativa sono riportate le coordinate
GPS del punto di osservazione, con la foto dell’area indicata dai testimoni.
L'altra area di interesse
corrisponde alla parte di discarica oggi gestita dalla società Ecoambiente.
Come già ricordato, in questa zona di Borgo Montello furono creati 3 invasi tra
gli anni '80 e '90, destinati ad accogliere I rifiuti solidi urbani della città
di Latina. Secondo le testimonianze raccolte dalla commissione nel corso delle
indagini direttamente svolte, in questa porzione della discarica sono stati
sversati anche rifiuti di origine industriale, contenuti in fusti interrati
senza le cautele previste dalla normativa dell'epoca[17].
Valorizzando queste prime informazioni fornite dalla fonte confidenziale,
la Squadra mobile ha iniziato una ampia e complessa attività d’indagine
sull’intero sito di Borgo Montello. Sono state riprese e analizzate le
inchieste degli anni ‘90 – che spesso non hanno avuto un seguito – in grado di
fornire importanti elementi, soprattutto se incrociate con le nuove
testimonianze.
Le vicende societarie dei gestori
dell'epoca sono complesse, con incroci molto spesso opachi. L'indagine citata
della squadra mobile Latina ha inoltre ricostruito – riprendendo informative
del 1994 – anche una possibile “copertura politica” di alto livello nei
confronti dei gestori dell'epoca, che verrà richiamata più oltre.
Le testimonianze raccolte – sia contenute
nelle indagini pregresse di Latina, sia raccolte direttamente dalla Commissione
– indicano un periodo temporale preciso riguardo agli interramenti di rifiuti
pericolosi, compreso sostanzialmente tra il 1988 e il 1994.
Si tratta di un momento storico
chiave per la discarica, interessata da complessi passaggi di proprietà sia
delle società che dei terreni.
La parte più antica della discarica
di Borgo Montello (corrispondente agli invasi S0, S1, S2 e S3) era stata
inizialmente gestita dalla società Pro.Chi, riferibile alle famiglie Proietto e
Chini. Successivamente, tra il 1988 e il 1989, la Pro.Chi ha venduto il terreno
e l'attività alla società Guastella srl, riconducibile all’imprenditore Biagio
Maruca.
Questo passaggio di proprietà è solo
l’inizio di un primo snodo importante nella storia della discarica di Borgo
Montello, che è bene ricostruire, prima di ritornare al tema dell’interramento
dei fusti all’interno della discarica.
Con assemblea dei soci del 1990, la
Guastella delibera la fusione con una seconda società la Soregin srl, cambiando
denominazione sociale in Ecomont srl. I soci della neocreata Ecomont risultano
essere:
1. Maruca Biagio Giuseppe, nato a
Bompietro il 3.06.1936 domiciliato a Roma in via Farini 16, sede legale della
L.E.D., impiegato;
2. Trincia Sergio, nato a Ficulle
(TR) il 20.11.1938 domiciliato a Roma in via Scipione Gaetano n. 13 professione
operaio
3. Maruca Gabriella
La famiglia Maruca – già a capo
della Guastella – è il punto di riferimento societario in questa delicata fase.
La neo costituita Ecomont vedrà come amministratore delegato Riccardo Maruca,
altro membro della famiglia.
Secondo le indagini di Latina, tra i
soci della Ecomont vi è poi la L.E.D., avente per oggetto sociale la consulenza
alle aziende. Questa ditta è risultata fallita con procedura concorsuale aperta
il 19 luglio 1997 e conclusasi il 18 dicembre 2003.
Gabriella Maruca a sua volta aveva
all’epoca dei legami con la società Indeco, ditta legata alla gestione degli
invasi S4, S5 e S6, oltre al sito ex B2, ovvero l'area che ha accolto i rifiuti
pericolosi all'inizio degli anni '90. Secondo le indagini della Squadra mobile
di Latina, Gabriella Maruca avrebbe infatti lavorato per la Indeco dal 1991 al
1994.
Risulterebbero, poi, contatti
diretti anche con la famiglia Proietto, ovvero i primi gestori della discarica
di Borgo Montello. La stessa Maruca, infatti, risulta aver lavorato per la
Romana Ambiente, ex Global service avente per oggetto sociale la gestione di
discariche autorizzate. “La citata ditta – annotano gli investigatori della
Polizia di Stato - ha annoverato tra i soci fondatori, nonché amministratore,
Proietto Stefano, prossimo congiunto di Andrea, ex proprietario della Pro.Chi,
a cui è succeduto proprio Maruca Riccardo, in sostituzione di tale Primiani
Federico”. Risulta, poi, che “attualmente tra i proprietari delle quote sociali
della menzionata società, la Romana Ambiente Global Service, vi è Pacini
Simona, convivente di Maruca Riccardo”.
Il nuovo gestore Ecomont è stato
oggetto di una procedura concorsuale aperta il 6 novembre 1996, conclusasi solo
il 7 agosto 2013 con la dichiarazione di fallimento.
Prima dell'apertura della procedura
la Ecomont ha venduto i terreni, relativi alla discarica di Borgo Montello,
precedentemente ereditati dalla Guastella, che a sua volta li aveva acquistati dalla Pro.Chi, alla
società Immobiliare Giulia srl (divenuta poi Giulia Service srl). Un passaggio
sottolineato nel corso dell'inchiesta di Latina, e ritenuto dalla Squadra
mobile particolarmente delicato.
Un altro lotto di terreni della
discarica è stato ceduto dalla Ecomont nel 1996, a ridosso dell'avvio della
procedura concorsuale alla società Monika srl. In precedenza, la
Guastella/Ecomont ha ceduto in via definitiva le attività riferite al
conferimento di rifiuti urbani alla Indeco e di rifiuti speciali e tossico
nocivi, in locazione del ramo d’azienda, alla Ecotecna Trattamento Rifiuti srl,
a sua volta incorporata dalla stessa Indeco nel 2005.
Dunque il secondo snodo è il periodo
compreso tra il 1994 e il 1996, quando i terreni e le attività escono dal
patrimonio sociale della Ecomont – erede della Guastella – per essere acquisite
da gruppi immobiliari (che, come vedremo, fanno capo ad un imprenditore colpito
negli anni scorsi da un provvedimento di confisca dei beni per riciclaggio,
Giovanni De Pierro) e società del settore ambientale (il gruppo Indeco, poi
acquistato dalla holding della famiglia Grossi).
Rispetto al passaggio dei terreni la
Squadra mobile di Latina segnala un episodio ritenuto indicativo. La Ecomont
prima del fallimento cede alla società Cogea srl una parte del terreno (zona
dove oggi insiste un operatore del settore dei rifiuti industriali). Il socio
di maggioranza della Cogea è Aesti Italia srl Gruppo Sistemi & Servizi In
Sigla Aesti Italia srl (capitale sociale 10.000 euro ed oggetto sociale
bonifica e recupero ambientale); il presidente del consiglio di amministrazione
è Alvaro Seccafieno “dipendente, da una consultazione in banca dati INPS della
Pro.Chi, della Romana Ambiente, della Ecomont e della Indeco”. Annotano gli
investigatori: “Pertanto, a distanza di circa 23 anni dall’atto di vendita tra
la Pro.Chi e la Guastella, il patrimonio della Guastella/Ecomont (…) è
ritornato nella disponibilità di un soggetto contiguo alla Pro.Chi e alla
Indeco, Seccafieno Alvaro, gravato, secondo quanto emerso dalla consultazione
nella banca dati in uso alle Forze di Polizia (SDI), da un provvedimento di
sequestro preventivo da parte dell’Autorità giudiziaria di Latina per esercizio
di attività di gestione rifiuti non autorizzata”.
Vi è di più. I terreni utilizzati
dal 1998 in poi dalla società Ecoambiente srl (partecipata, tra gli altri,
dalla Latina Ambiente, che vede come socio di maggioranza il comune di Latina)
per la gestione di diversi invasi per rifiuti solidi urbani, sono stati oggetto
di un contratto di locazione con la Capitolina srl, “senza verificare la piena
titolarità della proprietà dei terreni”.
La tortuosa storia delle proprietà
dei terreni si è parzialmente conclusa nel 2016, quando il tribunale di Roma ha
decretato la confisca definitiva delle proprietà del gruppo “De Pierro”. Si
tratta di una vera e propria holding riconducibile a Giovanni De Pierro, nato a
Napoli il 30 maggio 1950; nel provvedimento di confisca del tribunale di Roma,
sezione specializzata per le misure di prevenzione, del 25 luglio 2016, l'imprenditore viene indicato come a capo di
“un vero e proprio sistema criminale, consistente nella creazione di decine di
società, tutte intestate a prestanome, che venivano utilizzate per brevissimi
periodi come sub-appaltatrici (rectius
come esecutrici del contratto di appalto) di servizi di pulizia e/o di
facchinaggio, e attraverso le quali il De Pierro riusciva a separare i costi
delle attività, in particolare quelli di natura tributaria e contributiva, dai
proventi”.
Aggiungono i magistrati: “i
proventi, infatti, venivano immediatamente trasferiti, senza alcuna
giustificazione o con causali apparenti, quali ‘finanziamento’ o ‘giroconto’,
ad altre società riferibili al De Pierro, mentre i debiti fiscali e
contributivi, occultati mediante dichiarazioni mendaci, restavano in capo alla
società, che veniva subito dismessa, con cambio di amministratori, cambio di
denominazione (spesso con l'inversione dell'acronimo) e trasferimento
all'estero. Le indagini hanno documentato come tale sistema fosse già in atto
nel 1996, periodo cui si riferiscono i prelevamenti dal conto della società
Florex, dal cui fallimento hanno avuto avvio le indagini. Non sono stati svolti
accertamenti con riferimento ai periodi precedenti, in ragione del regime di
prescrizione dei reati (in particolare dopo la modifica, intervenuta nel 2005,
dell'articolo 158 del codice penale che ha escluso la unitarietà del termine di
prescrizione nel reato continuato), anche se dagli elementi acquisiti in quel
procedimento (in particolare avendo riferimento all'epoca di costituzione delle
società cd. "madri") è possibile desumere che l'attività illecita
abbia avuto inizio in epoca ben più risalente”.
Tra le società della holding De
Pierro sottoposte a confisca vi sono le già citate Capitolina srl[18] e Immobiliare Giulia srl
(poi Giulia Service srl)[19], con i relativi terreni.
E' stata inoltre sottoposta a confisca la cooperativa Ideal Building
Maintenance che possiede il 60,38 per cento della fallita Ecomont.
Le indagini della Squadra mobile di
Latina hanno sviluppato ulteriormente la storia societaria della Immobiliare
Giulia srl (divenuta poi Giulia Service srl), una delle ditte riconducibili a
De Pierro, acquirente di parte dei terreni della discarica dalla Ecomont.
Si legge nell'informativa citata:
“Relativamente alla Immobiliare Giulia è scaturito, da una disamina degli atti
presenti presso la Camera di commercio di Roma, che tra i proprietari delle
quote del capitale sociale vi fossero, fino al 1996, Maruca Giuseppe,
dipendente della L.E.D. nonché conduttore dell’ufficio sito in via Ignazio
Silone 252 a Roma, sede legale anche della Romana Ambiente Global Service […]
locato a Maruca Alessandra, e Maruca Biagio Giuseppe, che annovera anche la
carica di socio amministratore della Ecomont”. Dal 2002 Giuseppe Maruca torna
in possesso delle quote della Immobiliare Giulia. In sostanza vi sarebbe stato
passaggio di quote societarie tra De Pierro e Maruca.
In sintesi:
- nel 1990 la società Guastella
impianti – riconducibile alla famiglia Maruca – crea per incorporazione la
Ecomont srl, che diviene il gestore e proprietario degli invasi S1, S2, S3
(ovvero le zone indicate dai testimoni come luogo di interramento dei fusti con
rifiuti industriali); esistono contatti di vario genere tra Pro.Chi. e la
famiglia Maruca, evidenziati nelle indagini di Latina;
- tra il 1994 e il 1996 i terreni
vengono ceduti a società riconducibili alla holding di Giovanni De Pierro,
soggetto poi sottoposto a misure di prevenzione (confisca) per riciclaggio;
- anche la maggioranza delle quote
della stessa Ecomont è finita nella disponibilità del gruppo De Pierro e
sottoposta a confisca;
- la Ecomont cede alla Indeco i
terreni e l'attività per la zona degli altri invasi;
- poco dopo la cessione dei terreni
e della attività la Ecomont fallisce.
Secondo la Squadra mobile di Latina
questi passaggi sarebbero serviti per sottrarre alla procedura concorsuale la
proprietà dei terreni utilizzati come discarica, consentendo di proseguire
l'attività di gestione di rifiuti solidi urbani “per assicurare a terzi, allo
stato degli atti non ancora individuati, il profitto dell’attività illecita
consumata nell’ambito del presente procedimento penale, corrispondente
all’omessa bonifica del sito inquinato di Borgo Montello per fare in modo che
potessero essere conferiti ulteriori rifiuti” (citata informativa della Squadra
Mobile di Latina, pagina 29).
Oggi l'eredità della complessa
situazione vede la confisca di buona parte dei terreni dove insiste la
discarica di Borgo Montello, corrispondente agli invasi S1, S2, S3 – e
successivi ampliamenti, compresa parte del “nuovo e distinto invaso”, la cui
attività è proseguita fino all'ottobre 2016 – gestiti dalla società
Ecoambiente. L'area è tra l'altro soggetta a bonifica ed è interessata dal
procedimento penale in corso davanti al tribunale di Latina per avvelenamento
delle acque. Una situazione che crea notevoli preoccupazioni per quanto
riguarda l'impatto ambientale e le garanzie per la bonifica stessa.
[1]
Doc. n. 1343/2
[3] Altri soggetti che
hanno fatto parte della compagine societaria sono stati: Chini Umberto,
deceduto, in qualità di vice presidente, a cui è subentrato, a far data dal
12.11.1998, Proietto Stefano, Proietto Ivo, quale membro del consiglio di
amministrazione e Chini Rosamaria; nelle vesti di
socio. Chini Umberto e Proietto Andrea sono risultati anche essere i
proprietari originari dei terreni su cui è sorta l’attuale discarica di Borgo
Montello gestita attualmente dalla società Ecoambientesrl.
[4]
Come si vedrà nel paragrafo successivo, la Commissione ha approfondito quegli
spunti investigativi ascoltando a sommarie informazioni testimoni diretti ed
indiretti dei fatti, che hanno confermato gli episodi ricostruiti nell'indagine
del 2013.
[5] La complessa – e particolare -
sequenza degli atti autorizzativi è stata ripercorsa nel dettaglio dalla
perizia svolta dai consulenti del pubblico ministero, Mauro Sanna e Marcello
Ielmini, nell'ambito del procedimento penale 7436/92 rgnr, in relazione alla
gestione del sito B2 da parte della società Ecotecna. Il quesito posto ai
periti era: "effettuati i necessari accertamenti dicano se siano stati
posti in essere comportamenti in violazione della vigente legge in materia di
scarichi e/o rifiuti".
[6] Negli atti
allegati alla citata informativa della Squadra mobile di Latina vi è, tra
l'altro, il verbale di sopralluogo dell'area che verrà adibita ad invaso “B2”,
destinata, come vedremo ad accogliere rifiuti speciali, anche pericolosi. Lo
“speciale organismo” della regione Lazio (costituito ai sensi dell’ordinanza
PGR 315/88), scrive: “Il giorno 31/1/1990 si è riunito presso la discarica di
Borgo Montello speciale organismo […] Si rileva che nel territorio del comune
di Latina il piano regionale non prevede discariche di seconda categoria tipo
B. Effettuato il sopralluogo è stato riscontrato che l'area è già stata
interessata da movimenti di terra che hanno prodotto uno scavo di forma
rettangolare profondo circa 15 metri di cui la ditta ha asserito di aver dato
comunicazione al comune […] Dal punto di vista geologico il terreno non
presenta caratteristiche naturali idonee alla ubicazione di impianti di
discarica di rifiuti speciali”.
[7] Ordinanza 76, del
21 febbraio 1990, ordinanza 215 del 26 marzo 1990 (a firma Bruno Landi) e
ordinanza 575 del 4 novembre 1991 (a firma Rodolfo Gigli).
[9] Doc. n. 1342/2, pp. 246ss.
[10] Doc. n. 1343/2, p. 575
[11] La citata deliberazione del
comitato interministeriale prevede per la categoria II B: “Sono impianti di
stoccaggio definitivo nei quali possono essere smaltiti rifiuti sia speciali che tossici e nocivi, tal
quali o trattati, a condizione che non contengano sostanze appartenenti ai
gruppi 9 + 20 e 24, 25, 27 e 28 dell'allegato al decreto del Presidente della
Repubblica n. 915 del 1982, in concentrazioni superiori a valori corrispondenti
ad l/l00 delle rispettive CL determinate ai sensi del par. 1.2., punto l), e
che, sottoposti alle prove di cessione di cui al par. 6.2., diano un eluato
conforme ai limiti di accettabilità previsti dalla tabella A della legge n. 319
del 1976, e successive modifiche, per i metalli compresi nell'allegato al
decreto del Presidente della Repubblica n. 915 dell'1982”.
[12] Doc. n. 1343/2, Ordinanza 575
Regione Lazio, allegato 9.
[13] La ricostruzione puntuale degli
atti – tra Regione, TAR e Consiglio di Stato – è contenuta nella consulenza
citata (Doc. n. 1343/2, pp. 241ss.)
[14] Nel corso dell’audizione dell’11
luglio 2016, il dirigente della regione Lazio Flaminia Tosini ha riferito: “Le
due società avevano presentato, già dall'anno scorso, una richiesta di
valutazione di impatto ambientale per l'ampliamento delle discariche in sopraelevazione
e in ampliamento. I procedimenti sono al momento fermi presso l'ufficio VIA
perché la regione Lazio mancava anche di una programmazione adeguata; c'era un
piano di rifiuti che indicava delle volumetrie previste di gestione, ma che era
rimasto fermo e non aveva avuto più aggiornamenti legati a questo aspetto”.
[15] L’appello della difesa è stato
depositato il 10 aprile 1997. Relativamente al capo a) dell'imputazione
(articolo 23 DPR 915/1982, per avere nella qualità di legale rappresentante
dell'ente gestore della discarica di rifiuti industriali di Borgo Montello
effettuato smaltimento di rifiuti tossico-nocivi. In Latina il 14.11.1992) la
Corte di appello ha dichiarato non doversi procedere “perché i suddetti reati
sono estinti per intervenuta prescrizione”; con la stessa sentenza i giudici di
secondo grado hanno revocato l'ordine di “remissione in pristino dello stato
dei luoghi”; l’esito dell’impugnazione risulta annotato sulla sentenza di primo
grado, pagina 306 Doc PP 15948/13/44, procura della Repubblica di Latina.
[17] All'epoca dei fatti narrati dai
testimoni era già in vigore il DPR 915 del 1982; gli invasi S1, S2 e S3 non
erano classificati come discariche 2 B (per rifiuti speciali) o 2 C (per
rifiuti pericolosi). L'unica autorizzazione che risulta agli atti per lo
stoccaggio di rifiuti speciali riguarderà, come visto, l'area “B2”. In ogni
caso – come già si è detto parlando di questo invaso – l'area di Borgo Montello
era stata ritenuta sia dalla speciale commissione della regione Lazio, sia dai
consulenti giudiziari non idonea geologicamente per
accogliere rifiuti speciali e pericolosi.
[18] C.F.
03834261004
[19] C.F.
04332211004
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