O b i e t t i vo : aggirare lo stop della Procura dopo l’incidente che costò la vita a un operaio O b i e t t i vo : aggirare lo stop della Procura dopo l’incidente che costò la vita a un operaio
» CARLO DI FOGGIA
N
ell’intricata saga che la retorica
tramanda come “lo
scontro Ilva-magistrati” il lavoro
sporco della politica è
anche far perdere tempo.
IL VIA LIBERA della Camera
all’ottavo provvedimento salva-Ilva
arriverà oggi (ieri è
toccato alla fiducia) e spedirà
il dl fallimenti al Senato. Nel
testo, il governo ha infilato
l’articolo tre del decreto del 4
luglio scorso, quello che consente
all’impresa la facoltà
d’uso dell’altoforno (Afo) 2,
sequestrato dai pm tarantini
dopo che l’8 giugno scorso una
colata di ghisa incandescente
ha investito l’operaio Alessandro
Morricella, morto dopo
giorni di agonia. Giova ricordare
la genesi dell’ultimo pastrocchio
giuridico. Il decreto
– da cui è stato espunto l’ar -
ticolo – prevede che l’attività
dello stabilimento possa proseguire
fino a 12
mesi dal sequestro
a patto che
l’azienda presenti
- entro 30
giorni - un piano
con gli interventi,
“anche provvisori”,
per tutelare
la sicurezza
dei lavoratori.
Forte della misura,
l’Ilva ha chiesto
al Giudice per
le indagini preliminari
l’uso dell’Afo 2. Il Gip
Martino Rosati ha gelato tutti
inviando il decreto alla Corte
costituzionale. Per Rosati,
viola sei articoli della Carta e
interviene su un
impi anto
“sprovvisto dei
più elementari
dispositivi per la
p ro t ez i on e
d e ll ’i n co l u mi t à
dei lavoratori”:
serve solo a
“ne ut r al i zz ar e
gli effetti del seq
u es t r o”. E poi
c’è un punto cruciale
per una
struttura dove
molte operazioni si fanno ancora
manualmente (“non escludiamo
l’errore umano”,
dicono i commissari): il piano
verrebbe trasmesso agli attori
pubblici competenti (Vigili
del fuoco, Inail e Asl), senza
che questi possano “incidere
nella sua elaborazione”. Se lo
scriverebbe l’Ilva da sola.
L’azienda ha risposto che
così si chiude. A produrre l’ac -
ciaio resta solo l’Afo4. L’Afo 1
è fermo da dicembre 2012 e il 5
è inattivo da tre mesi per adempiere
alle prescrizioni
dall’Autorizzazione integrata
ambientale (Aia). Per i tecnici
c’è un problema di sicurezza.
Il riciclo dei gas degli Afo, infatti,
è utilizzato per alimentare
altri impianti: uno solo
non basta a tenere in vita tutte
le strutture. Il colosso ha così
fatto orecchie da mercante,
costringendo i pm a spedire i
carabinieri in acciaieria: i militari
hanno denunciato 19 operai,
scatenando la reazione
dei sindacati: “È stata una decisione
dell’azienda”. Lunedì,
il custode giudiziario ha chiesto
il fermo immediato dell’Afo
2 ed entro oggi l’Ilva dovrà
presentare il cronoprogramma
per lo spegnimento.
IL GOVERNO è intervenuto a
gamba tesa inserendo il salva
Ilva nel dl fallimenti e chiesto la fiducia, assicurandosi così
un’approvazione rapida. I
vertici dell’azienda hanno
sperato fino all’ultimo in un emendamento
ad hoc che consentisse
di utilizzare l’Afo 2 in
attesa della Consulta, ma l’ef -
fetto è lo stesso: una volta convertito
in legge, il testo non è
più quello inviato alla Corte
costituzionale. L’azienda potrà
così avanzare una nuova richiesta
al Gip. Che difficilmente
non ripeterà quanto già
fatto, visto che il contenuto è lo
stesso. La linea che filtra dalla
Procura, infatti, non cambia:
l’altoforno va spento e messo
in sicurezza. Poco importa, si è
guadagnato tempo: il primo agosto
sarà infatti riacceso l’Afo
1, e il problema è risolto.
È l’altra faccia della saga a
suon di regali e omissioni dei
decreti “salva Ilva”. Dopo Stefania
Prestigiacomo che alzò i
limiti per il Benzo(a)pirene
(su cui l’Ilva rischiava lo stop
d al l ’Arpa), Mario Monti che
riaprì la fabbrica contro la decisione
della magistratura di
Taranto, Enrico Letta che estromise
i Riva dalla proprietà,
Matteo Renzi ha stabilito
che l’Ilva può produrre senza
rispettare per intero le prescrizioni
del Ministero
dell’Ambiente (ieri i commissari
lo hanno ammesso: entro
fine mese l’80% sarà fatto, ma
non la copertura dei parchi
minerari, quelli da cui si sollevano
le polveri che spargono
la morte nel quartiere Tamburi)
e che i vertici godono
de ll’immunità penale. Ora,
come nel 2012, i magistrati
chiedono l’intervento della
Consulta. Allora diede il via libera.
Stavolta non serve.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
il fatto quotidiano 24 luglio 2015
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