Taglio
degli incentivi
all’energia
solare,
produttori
in rivolta
ANCHE
LE BANCHE (PESANTEMENTE ESPOSTE)
PRONTE
AL RICORSO SUL DECRETO RETROATTIVO
BOLLETTA
BOLLENTE
di
Giorgio
Meletti
L’incentivo
c’è ed è molto generoso. Chi produce elettricità
con
i pannelli solari può incassare fino a 400 euro al megawattora,
circa
5 volte il prezzo medio del mercato. E proprio
ieri
il presidente dell’Authority per l’energia Guido Bortoni, nel
corso
della relazione annuale, ha segnalato che nel 2013 gli italiani
hanno
pagato in bolletta quasi 11 miliardi di incentivi alle
energie
rinnovabili, che saliranno quest’anno a 12,5 miliardi.
Ma
la purga inserita dal governo nel decretone sulla pubblica
amministrazione
sta suscitando le vibrate proteste dei beneficiari,
che
possono esibire qualche buona ragione accanto al peccato
originale
(presupposto dal decreto) di aver approfittato di
una
misura esagerata. Il decreto prevede che le convenzioni grazie
alle
quali gli investitori godono dell’incentivo si prolunghino
da
20 a 24 anni, a parità di beneficio complessivo. Lo “spalma -
mento”
dell’incentivo riguarda i produttori con oltre 200 kilowatt
di
potenza installata, che sono 9-10 mila per un totale di
potenza
installata di 10 mila megawatt (l’equivalente di una decina
di
grandi centrali termoelettriche). Gli incentivi che incassano
sono
circa 2,5 miliardi all’anno, e saranno di fatto tagliati di
500
milioni all’anno, circa il 20 per cento. Ce n’è quanto basta per
far
saltare i piani di investimento, e quindi per preoccupare le
grandi
banche, esposte per circa 40 miliardi di euro.
Il
modello di business del fotovoltaico è semplice: visto l’ampio
incentivo
concesso per vent’anni, ci sono ampi margini per affittare
un
terreno agricolo e coprirlo di pannelli solari, facendosi
prestare
i soldi dalle banche anche a tassi elevati. Le banche si
sono
buttate a pesce su un business redditizio e privo di rischi.
Adesso
la doccia fredda, e le associazioni di categoria (Anie e
Assorinnovabili)
- insieme alle banche - sono pronte a ricorrere
alla
Corte costituzionale contro la retroattività di un decreto che
modifica
d’imperio contratti ventennali.
Si
parla di 10 mila posti di lavoro in pericolo (esagerazione) e di
investitori
stranieri scandalizzati (verosimile) e in fuga da un
Paese
dove si cambiano le regole a partita iniziata. La partita per
adesso
si sposta in Parlamento.
il fatto quotidiano 20 giugno 2014
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