A
Taranto respira solo il commissario
PER
EDO RONCHI L’EMERGENZA AMBIENTALE È FINITA: “L’ARIA È BUONA”.
MA I CITTADINI NON LA PENSANO COSÌ
I
CONTROLLI
I
dati sull’inquinamento
migliorano,
ma
gli
abitanti del quartiere
Tamburi
lamentano:
“Sui
davanzali ci sono
sempre
polveri”
di
Francesco
Casula
Taranto
La
qualità dell'aria a Taranto è buona, in particolare
per
le polveri sottili i dati sono tra i
migliori
delle città italiane” e “il benzo(a)pirene si
è
ridotto di dieci volte”. Non ha dubbi il subcommissario
dell’Ilva,
Edo Ronchi: a Taranto l’emer -
genza
ambientale appartiene al passato. Sulla
scorta
dei dati rilevati da Arpa Puglia, Ronchi ha
spiegato
che l’aria “nel quartiere
Tamburi
è ampiamente a norma
per
tutti i parametri”. Nella
conferenza
stampa per i primi
12
mesi dalla nomina del commissario
Enrico
Bondi, oggi sostituto
da
Pietro Gnudi, l’ex ministro
ha
rivendicato i risultati
della
gestione commissariale.
“L’Ilva
– ha spiegato Ronchi – è
oggi
un’azienda in via di risanamento
ambientale,
con interventi
tutti
definiti, progettati e
in
parte realizzati”, ma perché
questo
risanamento continui serve “un commissario
ambientale
con poteri di intervento” e il reperimento
di
1,8 miliardi di cui 550 milioni per il
2014
e altri 250 fino a giugno 2015. Soldi che potrebbero
arrivare
dal denaro sequestrato ai Riva
dalla
Procura di Milano.
MA
NEL QUARTIERE a
pochi metri dall’Ilva gli
abitanti
la pensano diversamente. Sabrina, 31 anni:
“Ma
forse la qualità dell’aria è cambiata solo
sulla
carta perché per noi qua è
sempre
la stessa storia. Vivere a
Tamburi
è come lavorare dentro
l’Ilva:
ogni giorno di vento siamo
invasi
dai cattivi odori, i fumi
rossi
dello slopping li vediamo
costantemente
e, soprattutto,
sui
nostri balconi e nelle nostre
case
la polvere dei parchi
minerali
continua ad arrivare.
Dove
sta il miglioramento?
L’unica
cosa che è cambiata è che
da
quando hanno installato i
cannoni
che bagnano le montagne
di
minerale ora ci tocca sopportare anche il
loro
rumore”. In via Machiavelli, proprio sotto le
collinette
artificiali che avrebbero dovuto proteggere
gli
abitanti dei Tamburi dalle emissioni della
fabbrica,
la signora Vincenza è al balcone: “Guar -
da
qua –dice mostrando il palmo della mano dopo
averlo
strisciato sul davanzale –questa polvere nera
è
il miglioramento?”. “Secondo i dati Arpa –
racconta
Gianfranco, 66enne – alcuni valori nella
cokeria
dell’Ilva sono minori di quelli nelle strade
dei
Tamburi: è il quartiere a inquinare la fabbrica?”.
Allontanandosi
dallo stabilimento di qualche
chilometro,
la musica non cambia. Franca, 50
anni,
guarda l’orologio: “Solo qualche ora fa c’è
stata
un puzza tremenda. È vero che nei mesi scorsi
le
cose erano migliorate, ma ora siamo tornati
come
prima: non passa giorno senza che raccolga
polvere
dai balconi e dal pavimento dell’apparta -
mento”.
Daniele, 38 anni, aggiunge dettagli:
“Prendo
la macchina tutti i giorni e la vedo la polvere
sul
parabrezza”. Il pensiero diffuso è che i miglioramenti
nei
dati siano dovuti soltanto al fatto
che
ora la fabbrica lavora a ritmi ridotti, ma i danni
causati
sono troppo profondi perché si percepiscano
miglioramenti.
E le bonifiche, tra queste
strade,
non si sono ancora viste. “I bambini –spie -
ga
Ida mentre porta il figlio all’oratorio –non possono
giocare
nelle aiuole perché sono inquinate”.
SE
NELL’ILVA, quindi,
i cantieri per il risanamento
sono
avviati, nel quartiere più vicino alla fabbrica i
risultati
non sono percepiti. Tutto fermo. Come il
processo
nei confronti dei 49 imputati. Il gup Vilma
Gilli,
infatti, ha sospeso il procedimento e inviato
gli
atti alla Cassazione per valutare l’istanza
di
trasferimento del giudizio in un altro tribunale
perché
a Taranto, la pressione dell’opinione pubblica,
potrebbe
condizionare l’esito del processo.
Centinaia,
intanto, le richieste di costituzione di
parte
civile annunciate ieri. Il Comune di Taranto
dopo
la decisione della Cassazione chiederà
un
maxi
risarcimento da 10 miliardi di euro.
il fatto quotidiano 20 giugno 2014
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