«Vigileremo sugli sviluppi di questa preoccupante vicenda chiedendo la trasparenza e la chiarezza necessarie per conoscere responsabilità vicine e lontane del disastro e le misure messe in campo per la prevenzione di tali incidenti, a cominciare dalla prevenzione della produzione dei rifiuti e della loro pericolosità». Chiama in causa responsabilità molteplici il Wwf Litorale Laziale sul rogo di rifiuti divampato nella mattinata di venerdì nell'impianto gestito dalla Eco X a Pomezia, che ha causato una nube tossica che viaggia ancora sulle città pontine e della provincia romana. La vicepresidente Gabriella Villani chiede tempestivi accertamenti sulle responsabilità e una informazione trasparente e completa sulle conseguenze per la salute e per l'agricoltura. «L'evento avrà conseguenze rilevanti sulla salute di chi abita nelle vicinanze - scrive Villani -. Per vicinanza è da intendersi un'area con un raggio di alcuni chilometri, dal momento che le nube tossica viaggia in atmosfera per decine e decine di km. Saranno particolarmente colpiti gli abitanti di Pomezia, Torvaianica e delle propaggini dei Castelli romani. Nel pomeriggio di ieri (venerdì 5 maggio ndr) la colonna di fumo era rivolta verso il mare, oggi però l'odore di plastica bruciata si avverte anche ad Ostia. I problemi maggiori colpiranno i bambini e coloro che sono affetti da patologie respiratorie. Non dimentichiamo inoltre il danno alle coltivazioni sulle quali si stanno riversando le ceneri della combustione».
Il Wwf fa poi un'analisi della collocazione geografica della Eco X, società che sorge nell'area industriale di Pomezia e che si occupa di raccolta e avvio ai centri di riciclo di carta, plastica e ferro. «E' situata lungo l'asse stradale della Pontina vecchia, ad una distanza di 3 km circa in linea d'aria dal centro di Pomezia, a 600 metri dalla zona "5 Poderi" e soli 400 metri dal margine settentrionale dell'edificato del quartiere "Castagnetta"», prosegue la nota. «Come accade in molti comparti industriali di Pomezia, vi è una commistione di utilizzi, dovuti anche alla nascita di nuclei spontanei di edilizia residenziale all'interno delle aree industriali, successivamente sanati. Ad aggravare la situazione urbanistica, le aree industriali sono limitrofe e contigue a vasti appezzamenti di agro romano, in cui ancora viene mantenuto l'utilizzo agricolo e produttivo legato alla terra».
Una politica territoriale figlia di «dissennata pianificazione», soggetta «alla piaga dell'abusivismo edilizio, sigillata dai numerosi condoni effettuati a partire dagli anni '80».
Con una foto scattata grazie alla tecnologia satellitare di Google, il Wwf ha pubblicato sul suo blog insieme all'intervento, anche una prospettiva dall'alto del piazzale dell'impianto: «I piazzali di manovra contigui al capannone erano occupati, forse oltre quanto consentito dalle norme, in maniera preponderante da materiale ammassato e stoccato». Secondo l'associazione, inoltre, i residenti riuniti in comitato di cittadini si erano attivati già dallo scorso novembre con il sindaco e la polizia locale, «che a loro volta avevano scritto all'ASL RM6 e nucleo del NOE Carabinieri con la richiesta di un sopralluogo congiunto Se risulterà poi vero (e speriamo di no) quanto affermato da alcuni testimoni che il tetto di uno dei due capannoni era ricoperto da eternit, l'evento assume una gravità estrema e chiama in causa anche la Regione Lazio che ancora non ha un piano operativo di bonifica del cemento-amianto».