Dove abito siamo solo nove famiglie. Da qualche giorno qualcuno ha lasciato due sacchi di immondizia davanti all’ingresso, nel giorno di raccolta sbagliato. Al momento i sacchi stanno lì, senza che ilproprietario se li riprenda. A me danno fastidio, un po’ “mi costerno, m’indigno, m’impegno poi getto la spugna con gran dignità”.
Stamattina, insieme al giornalista Enrico Gotti, ero all’Istituto d’Arte di Parma a parlare di mafia, di legalità, di giustizia. La sfiducia nel futuro è seconda solo a quella verso la nostra classe politica, la rassegnazione è manifesta nelle loro parole di questi giovani.
I ragazzi buttano fuori l’inutilità di sognare, la necessità di andare all’estero, che l’Italia è ormai finita, alcuni ripetono che lo sanno tutti che ci sono la mafia, la camorra e compagnia bella, ma tanto ormai siamo abituati, è il sistema e quindi rinunciamo a tutto, anche a dire basta.
Poi tocca a una ragazza di origini ucraine, ce l’aveva ormai sulla punta della lingua e lo dice d’un fiato: “Vengo da un paese dove c’è la guerra, quello che avete qui non c’è laggiù, tenetevi stretta la libertà”.
Poi tocca a una ragazza di origini ucraine, ce l’aveva ormai sulla punta della lingua e lo dice d’un fiato: “Vengo da un paese dove c’è la guerra, quello che avete qui non c’è laggiù, tenetevi stretta la libertà”.
Ci siamo abituati anche a quella, alla libertà. Poi ci sono quelli che credono si possa e si debba fare, credere che le cose cambieranno, perché saremo noi a cambiarle. Ma gli altri, quelli contro, rincarano “Ormai il sistema è marcio, è tardi”. Sono persuaso che i sentimenti di quelli contro siano opposti alle parole sconfitte e sapranno reagire appena se ne presenterà l’occasione. Dico loro che il futuro è come un lupo, né buono né cattivo, è un predatore e dipende da noi e dal nostro coraggio, ma che la resistenza, quella presente, comincia dalle piccole cose, quelle quotidiane, quelle che ti pare siano banali ma che rivelano un principio su cui fondare tutto. Una ragazza mi dice che “sono belle parole. Poi non facciamo niente”.
Sono tornato a casa, davanti all’ingresso i due sacchi di immondizia, la banalità e l’indifferenza, la resistenza quotidiana, il gigante della mafia e il nano dei sacchi di rifiuti, le “belle parole, tanto poi non facciamo niente”. Ho preso un foglio, ho invitato l’anonimo proprietario a ritirare la sua roba, ho firmato col mio nome in fondo e l’ho appeso ai campanelli. Forse non cambierà nulla, ma se ognunodenuncia la sua parte di immondizia è molto probabile non sarà travolto da una montagna di rifiuti, come la mafia. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/01/mafia-una-montagna-di-rifiuti-da-scalare/1558457/
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