domenica 9 febbraio 2014

RIFIUTI TOSSICI abbandonati nell'ambiente ! Sostanze Tossiche, comunicato ECHA 2011

Elevate quantità di rifiuti chimici tossici, provenienti da pesticidi inutilizzati od obsoleti, minacciano l'Europa orientale, l'Africa, l'Asia, il Medio Oriente e l'America Latina - vedi:  Bioetanolo dai Rifiuti  +  Mattoni dai rifiuti
L'allarme è stato lanciato dalla FAO. 
Si stima che in Ucraina si trovino circa 19.500 tonnellate di prodotti chimici scaduti.
In Macedonia ce ne sarebbero 10.000, in Polonia 15.000 e in Moldova 6.600, mentre in Asia (ma senza includere la Cina, dove il problema sarebbe molto diffuso) si supererebbero le 6.000 tonnellate. In Medio Oriente e in America Latina si raggiungerebbero le 10.000 tonnellate e molti paesi hanno già richiesto aiuto alla FAO. 
I pesticidi obsoleti vengono abbandonati dopo le campagne di disinfestazione o si accumulano perché molti prodotti sono stati vietati per ragioni di salute pubblica e ambientale, ma nessuno li rimuove o li elimina. 
Le confezioni rimangono dove vengono immagazzinate e spesso si deteriorano, contaminando l'ambiente e mettendo in pericolo gli abitanti delle zone circostanti. Le comunità più a rischio sono quelle povere e rurali, che potrebbero non essere nemmeno al corrente della natura tossica delle sostanze chimiche a cui vengono esposte ogni giorno. 
I siti contengono alcuni degli insetticidi più pericolosi, inquinanti organici persistenti come aldrina, clordano, DDT, dieldrina, endrina, eptacloro e organofosfati. Le condizioni di immagazzinamento variano da prodotti ben custoditi (che possono ancora essere usati) a confezioni che perdono perché l'acciaio dei contenitori è stato corroso. 
Tratto da: Le Scienze Online
Link su una discussione molto importante su giochi militari e inquinamento ambientale da metalli, la catastrofe  della vita naturale sulla terra
http://www.luogocomune.net/site/modules/newbb/viewtopic.php?topic_id=2755&forum=6
vedi: Sostanze tossiche  e malattia + Cibi Contaminati + MALATTIE dalle Sostanze Tossiche + Ecologia

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RIFIUTI TOSSICI BUTTATI ....a MARE  - NAVI TOSSICHE - 
vedi il video: parla il giornalista Gianni Lannes: http://www.youtube.com/watch?v=XdvB9BDy7Kc
Navi tossiche, servizi segreti, europeizzazione della ’ndrangheta
RIFIUTI TOSSICI 
Enzo Ciconte, storico della Criminalità organizzata. «Bisogna andare a fondo. La riapertura delle inchieste sulle imbarcazioni piene di scorie radioattive nel mare di Calabria dimostra che la criminalità di quella regione ha ramificazioni internazionali».
Questa vicenda conferma che nei decenni precedenti la ’ndrangheta è riuscita a penetrare silenziosamente in tutto il continente europeo». Enzo Ciconte, storico della criminalità organizzata e fondatore della disciplina all’università di Roma Tre, non è per nulla sorpreso dal ritrovamento lungo la costa tirrenica calabrese di una nave che, con molta probabilità (la sicurezza arriverà lunedì, quando sarà ispezionata dai tecnici governativi), contiene rifiuti radioattivi provenienti dalla Norvegia. «Negli anni sono girate molte voci di navi affondate», racconta Ciconte. «Ma erano storie non supportate da prove incontrovertibili».

Tuttavia, per un esperto del cinismo criminale della mafia calabrese come lui - «loro fanno di tutto» - dice era fondato ritenere verosimile un’operazione di questo genere. Il relitto è stato individuato seguendo le indicazioni di un pentito della ’ndrangheta, Francesco Fonti. È stato lui stesso a rivelare agli investigatori di aver inabissato la nave facendo esplodere delle cariche a prua. Ora l’imbarcazione si trova a quasi cinquecento metri di profondità di fronte alla costa di Cetraro, nella provincia di Cosenza. Ma, secondo la confessione di Fonti, non è l’unica depositata nei fondali calabresi. Il pentito ha raccontato di aver affondato altre due imbarcazioni nelle acque calabresi.

Però si sente sicuro di affermare che ce ne sono almeno una trentina. Racconta che ogni qual volta gli ’ndranghetisti celebravano la riunione plenaria al santuario della Madonna di Polsi (dove ogni boss riassume l’attività svoltasi sul suo territorio), c’era qualcuno dei capibastone che rivelava l’affondamento di due/tre navi. «Io non sono assolutamente sorpreso dal fatto che i rifiuti tossici provengano dalla Norvegia, o più in generale dal Nord Europa », insiste Enzo Ciconte. «Se lei pensa che parecchi anni fa la ’ndrangheta è riuscita ad acquistare moltissimi immobili in Belgio, si rende conto di quanto estesa sia la sua attività criminale. La verità è che i traffici economici della ’ndrangheta sono dappertutto.

Ha ramificazioni, collocazioni, rapporti e contatti praticamente ovunque. E quindi è chiaro che qualcuno avrà avuto bisogno di smaltire questi rifiuti e hanno chiesto alla ’ndrangheta. E la ’ndrangheta l’ha fatto». La criminalità organizzata calabrese è stata capace di inserirsi a un livello molto più ampio di quello semplicemente nazionale o regionale. E se le confessioni di Fonti saranno confermate, ci troveremmo di fronte allo svelamento di «un sistema internazionale di traffici illeciti di rifiuti di cui la ’ndrangheta fa parte a tutti gli effetti». È logico che a quel punto sarebbe tutto da capire «il ruolo che essa ha effettivamente » all’interno di questa struttura, ragiona Ciconte. Ma non c’è dubbio che c’è dentro fino al collo.

Affari d’oro per anni
«Oggi abbiamo la conferma prosegue - che una delle navi indicate dal pentito esiste realmente. Questo apre uno scenario inquietante. Perché vuol dire che la ’ndrangheta in questi anni, ben al di là di quanto qualcuno pensasse, immaginasse o si fosse illuso, ha fatto affari d’oro, nella sottovalutazione totale di chi doveva capire queste cose. Naturalmente, un discorso di questo tipo, sul livello internazionale dei traffici di rifiuti tossici e radioattivi, chiama in causa direttamente i servizi segreti.
È giusto domandarsi cosa hanno fatto in questi anni. Hanno dormito ? Non c’erano ? Si sono girati dall’altra parte, come dice Fonti ? È un bel problema, questo. Perché un buco di tali dimensioni rappresenta una completa sconfessione della capacità investigativa dell’intelligence italiana». D’altronde, la ’ndrangheta è stata in più occasioni braccio a braccio con gli uomini dei servizi.

«Ci sono ’ndranghetisti che sono uomini dei servizi segreti», prosegue Ciconte. «Del resto, è normale che lo Stato cerchi di infiltrare le organizzazioni criminali». E per dimostrare che non sta parlando di cose campate in aria, racconta una storia: «Anni fa, durante il processo per Piazza Fontana, arrivò a Catanzaro Franco Freda. A un certo punto, Freda sparì.
Venne ritrovato in Costa Rica. Ma a indirizzare la polizia in Costa Rica fu un uomo della ’ndrangheta, appartenente alla cosca dei De Stefano. Disse che Freda era stato ospitato dal clan dei De Stefano e che poi fu fatto scappare. In realtà, era un uomo dei servizi segreti. Che prima lo fecero scappare, poi lo fecero arrestare». Oltre alle responsabilità dell’intelligence italiana, però, ci sono anche le responsabilità di chi aveva funzioni di controllo negli altri Paesi.

«Mi pare abbastanza evidente che ci sono stati pezzi di classe dirigente di altri Stati che hanno acconsentito a un’operazione di questo genere», ammonisce Ciconte. «Ma io non do la colpa a loro, io do la colpa ai nostri apparati: sono loro che non sono riusciti a proteggerci. Se ci pensiamo un attimo, è del tutto logico che Stati esteri, o meglio segmenti di Stati esteri, avessero tutto l’interesse a smaltire così questi rifiuti. Per loro, liberarsi di queste scorie era necessario. E al di là dei costi ridotti che uno smaltimento di questo tipo comporta, c’è soprattutto un prezzo (cancri, malattie, costi ambientali) che non erano disposti a pagare.

È evidente che anche in queste nazioni ci sono responsabili preposti a questi controlli. è possibile che nemmeno lì nessuno si sia accorto che questi rifiuti tossici a un certo punto sono spariti? È ammissibile che nessuno si sia chiesto dove siano andati a finire? Anche queste persone, questi pezzi di classe dirigente, hanno delle responsabilità che andrebbero accertate». Più si scava dentro la faccenda, più si pongono interrogativi drammatici. Secondo Ciconte è come se si fosse «aperto un vaso di Pandora» dentro il quale è difficile sapere cosa si può trovare. Qualcuno ha parlato di un collegamento con l’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e Ciconte crede che questa sia una strada tutta da percorrere: «Siamo solo all’inizio», avverte.

«L’unico dubbio che conservo è che mettano i magistrati nelle condizioni di operare. È evidente che se il governo italiano non fornisce i soldi, i mezzi e gli strumenti necessari, la magistratura non può andare da nessuna parte. Perché trovare le navi sotto tutti quei metri d’acqua è la cosa più complicata. Senza contare che i fusti contenenti rifiuti radioattivi, se ci sono effettivamente, devono essere estratti seguendo procedure specifiche. Ci vuole quindi un intervento massiccio, moltissimi soldi. E mi domando: nelle condizioni in cui siamo, senza i fondi per far uscire le volanti dei carabinieri nella città di Roma o per pagare i poliziotti che fanno il loro dovere, riuscirà il governo italiano a trovare gli strumenti per finanziare queste indagini?».

Cosa serve alla magistratura
Tutti si augurano di sì, naturalmente. Soprattutto considerato lo scandalo che la vicenda ha suscitato nell’opinione pubblica nazionale. Ma quello che ci preme chiarire con Ciconte è l’aspetto meno trattato della vicenda. Cioè, il potere crescente che la ’ndrangheta rivela ogni volta di avere. Abbinato alla conoscenza, inversamente proporzionale, che l’Italia e i mezzi di comunicazione hanno del fenomeno. «Noi continuiamo a pagare un errore terribile degli anni passati - spiega lo storico -. La ’ndrangheta è sempre stata considerata un’organizzazione di quattro sciancati, di tamarri calabresi, che lì in fondo allo Stivale non sapevano fare altro che guardare le pecore e le capre.

Quindi, si diceva, se non sono in grado nemmeno di sviluppare la propria regione, vuoi che siano capaci di mettere in piedi la mafia ? Il ragionamento che c’era alle spalle era questo. Un ragionamento del tutto sbagliato, stupido, che ha fatto danni enormi. Perché è chiaro che se tu hai questa concezione, non ti metti a monitorare la ’ndrangheta, a seguirla.
Di conseguenza, hanno lasciato fare alle cosche quello che hanno voluto. Non solo in Italia, ma anche all’estero. E non solo sul traffico degli stupefacenti ma anche sul traffico dei rifiuti».

Bruno Giordano, il procuratore di Paola che sta indagando sulla vicenda, ha più volte detto che il problema del mare è solo una parte del problema complessivo dei rifiuti in Calabria. Ci sono tonnellate di rifiuti sepolti illegalmente sotto terra in vari punti del territorio. Ma, secondo Enzo Ciconte, è affrettato concludere che lo «smaltimento dei rifiuti è diventato uno dei pilastri portanti dell’attività mafiosa. Bisognerebbe avere altri elementi per affermarlo con sicurezza. Di sicuro, sappiamo che lo è stato in passato».
http://www.youtube.com/results?search_query=scorie+nucleari&search_type=&aq=f
http://www.youtube.com/results?search_query=navi+tossiche&search_type=&aq=f
Il governo affida alla 'ndrangheda il compito di smaltire i rifiuti tossici e nuclari [migliaia di navi affondate come metodo di smaltimento]

By Nicola Mirenzi - Tratto da: terranews.it
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Le "navi tossiche" infiammano l'India 
L’Asia è il ricettacolo prediletto per nazioni e compagnie marittime occidentali che devono smantellare le vecchie navi. Nella sola India sono 30mila gli addetti a questo nuovo business. Ma gli ambientalisti alzano la voce. Dal caso della portaerei francese Clemanceau a quello attuale della Blue Lady, finito alla Corte suprema indiana, la vicenda ha ormai risvolti giudiziari e diplomatici.
 L’Asia è il ricettacolo prediletto per nazioni e compagnie marittime occidentali che devono smantellare le vecchie navi.
Nella sola India sono 30mila gli addetti a questo nuovo business. Ma gli ambientalisti alzano la voce. Dal caso della portaerei francese Clemanceau a quello attuale della Blue Lady, finito alla Corte suprema indiana, la vicenda ha ormai risvolti giudiziari e diplomatici.
 C’è una porzione di economia asiatica che si regge sul ricco “business dei rottami”. India, Cina, Bangladesh e Pakistan sono le destinazioni predilette per quanti, nazioni estere o compagnie private marittime, devono mandare al macello le vecchie navi.
Il settore è sviluppato soprattutto in India, dove circa 30mila persone - quasi tutte nello stato federale del Gujarat - vivono di questo business. Ma le cose cominciano ad essere complicate sia per gli smantellatori di navi, sia per chi se ne libera.
Dal caso della portaerei francese Clemanceau, gloria della marina d’Oltralpe mandata al macero nel 2003 da Chirac, a quello attuale della nave da trasporto Lady Blue, sorgono sempre nuovi problemi giuridici legati all’insicurezza per i lavoratori addetti allo smantellamento.
I vecchi navigli, infatti, contengono nelle loro strutture pericolose sostanze nocive. Perciò i ricorsi ai tribunali indiani da parte delle organizzazioni ambientali ormai sono cosa all’ordine del giorno.
Proprio il caso della Clemanceau fu estremamente significativo. Già in rotta per l’India, dopo l’esplosione di una inaspettata bufera mediatica sulle autorità francesi accusate di liberarsi di essa senza farsi problemi per la salute dei lavoratori indiani, la portaerei venne richiamata in patria e lasciata ad infinitum nel porto di Marsiglia.
Quel precedente ha dato la stura ad altre situazioni del genere. Il caso della Blue Lady, l’ultimo in ordine di tempo, è stato se possibile ancora più intricato. La nave, di proprietà di una compagnia privata norvegese che l‘aveva a sua volta acquistata dalla Francia, in India ci è arrivata davvero pur se dopo un lungo e travagliato ultimo viaggio nel corso del quale, quando inizialmente sembrava che le coste indiane fossero inavvicinabili, fu rifiutata anche dal Bangladesh.
Dopo molte peripezie, comunque, alcuni mesi fa nel porto di Alang, la città del Gujarat ricettacolo delle navi, era tutto pronto per i lavori. Ma arrivò lo stop di un tribunale indiano: era necessario fare accertamenti sulla composizione chimica delle sostanze presenti nella struttura della Blue Lady, lasciata all‘ancora.
La vicenda è quindi finita addirittura di fronte alla Corte suprema indiana. I risultati delle analisi sono ora arrivate al tribunale.
La decisione ha scatenato un pandemonio perché secondo i massimi giudici dell‘India, pur ammettendo che non tutti i rischi sono stati allontanati, gli esami non hanno dato evidenze certe della tossicità della Blue Lady.
Naturalmente gli animatori del “business dei rottami” sono felici: possono cominciare il lavoro e quindi intascare il compenso da parte degli armatori norvegesi. Ma gli ambientalisti non cedono. “La Corte suprema aveva detto che una nave tossica non può nenanche avvicinarsi alle acque indiane. E’ provato che la Blue Lady lo sia.
Com’è allora possibile che la Corte le consenta l’accesso?”, ha detto un inferocito Madhumita Dutta, esponente della Piattaforma indiana sulla rottamazione delle navi, un gruppo ambientalista tutt’altro che sprovveduto avendo tra i suoi “soci” anche l’agguerrita e influente Greenpeace.
Intorno alla Blue Lady, nei decenni passati orgoglio del trasporto marittimo francese prima essere pensionata in Norvegia, si è già scatenata la battaglia forse decisiva intorno a uno dei più redditizi business dell’India.
Tratto da: confronto.it
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Alla ricerca di altre navi tossiche e radioattive -24/09/2009Dopo il ritrovamento della nave affondata dalla 'ndragheta a 483 metri di profondità davanti alle coste di Cetraro (Cs) si è aperta una questione nazionale.
La Commissione ambiente e protezione civile degli assessori regionali ha chiesto di fare piena luce sul traffico criminale di rifiuti tossici, nocivi e radioattivi smaltiti in tutto il Mediterraneo e di intervenire per bonificare i relitti.
Il pentito della 'ndrangheta Francesco Fonti ha parlato di ben trenta navi affondate col loro carico di rifiuti tossici e radioattivi, precisando che una di queste operazioni fu messa in atto al largo della costa livornese, dove fu affondata una nave carica di scarti di un'industria farmaceutica.
La storia del ritrovamento risale al 13 maggio scorso, quando il procuratore della Repubblica di Paola, Giordano Bruno, ha presentato una relazione che riguarda un eccezionale aumento dei tumori nella zona di Serra D'Aiello. Da qui è scattata l'operazione di ricerca, per volontà dell'assessore regionale all'ambiente Silvio Greco.
Secondo l'assessore, che è anche biologo, un grande aiuto può giungere dai pescatori che approfittano dei relitti perché in loro prossimità si forma un ambiente più pescoso. Il filmato del Robot sottomarino infatti mostra intorno alla nave affondata una serie di reti da pesca.
Sulla contaminazione del pesce in questione purtroppo non abbiamo ancora dati in grado di fare chiarezza.
Fonte: L'Unità http://www.mednat.org/ecologia/rifiuti_tossici.htm

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