Daniele Fortini, 59 anni ad agosto, è il nuovo Presidente e Amministratore di Ama, l’azienda che si occupa della «monnezza» romana Daniele Fortini, di Orbetello Provincia di Grosseto, 59 anni ad agosto, è il nuovo Presidente e Amministratore di Ama, l’azienda che si occupa della «monnezza» romana. A 27 anni era sindaco di Orbetello, anche allora chiamato a sostituire un sindaco finito in guai giudiziari. Poi una lunga carriera sempre nel mondo dei servizi pubblici, compreso l’ultimo incarico all’azienda napoletana dei rifiuti. Alle complicazioni è abituato. Ci conosciamo da alcuni decenni e abbiamo fatto i capelli bianchi insieme.
Prima di salutarlo, alla fine di questo colloquio, gli faccio l’ultima domanda: «Quanti avvisi di garanzia hai ricevuto in 30 anni di attività?». «Nessuno», mi risponde. E questo è certamente un record assoluto, visto il settore in cui opera. Se riesce a stare all’Ama qualche anno e confermare il record, vista la giungla dei rifiuti romani in cui la magistratura interviene da tempo pesantemente, vuol dire che è anche un uomo fortunato. Ma partiamo da capo.
Quanto guadagni?
«79.000 euro lordi all’anno, circa 4.200 euro netti al mese per dodici mesi. Il 70% in più di qualche autista di camion dell’Ama, che lavora 6,40 ore al giorno per 5 giorni».
Un po’ poco, mi pare...
«Speriamo di riuscire a fare bene e che mi diano un aumento». Ride e ci accendiamo una sigaretta.
Va bene, ti chiedo di cominciare dall’inizio e aiutarmi a spiegare ai romani tre cose: quanti sono i rifiuti che Roma produce, dove vanno adesso e dove andranno in futuro.
«A Roma si producono 1,8 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno. 1,6 Kg a testa al giorno. Ma devi tenere conto che non ci sono solo i quasi tre milioni di romani. Ci sono i turisti, i pendolari, gli studenti universitari, gli immigrati che sfuggono ai censimenti e al pagamento delle tasse».
E come sono fatti questi rifiuti?
«Il 35% sono organici, cioè scarti delle cucine; il 30% carta e cartone; il 15% plastiche; l’8% vetro. Il resto frattaglie varie. Ti dico anche da dove vengono: il 60% ha origine domestica, il 40% da caserme, ristoranti, alberghi, turisti, artigiani, studi professionali ecc».
E quanto costa raccogliere e smaltire tutta sta roba? «Compresi altri servizi che l’Ama svolge per conto del Comune 718 milioni all’anno pagati dalla tariffa sui rifiuti. Considerando che il 45% è pagata dalle famiglie romane e il 55% dagli esercizi commerciali, fa circa 90 euro all’anno a testa. Per una famiglia di quattro persone sono 360 euro. Una cifra importante, lo riconosco». Ok. Torniamo ai rifiuti. Dove finiscono?
«Allora, vediamo: 700.000 tonnellate sono raccolte con la differenziata, porta a porta o con i cassonetti dedicati, e destinate a riciclo. Di queste 150.000 tonnellate sono scarti alimentari, con cui viene fatto il compost, usato poi come fertilizzante. Purtroppo solo 20.000 tonnellate sono trattate da impianti laziali, a Maccarese; il resto va in impianti al Nord Italia. Ci costano 120 euro a tonnellate contro i 40 euro che ci costerebbero se li trattassimo in proprio».
Questo vuol dire che spendiamo 10 milioni in più all’anno, perché non abbiamo impianti in loco?
«Esatto, 550.000 tonnellate sono materiali secchi (plastica, vetro, carta, legno, metalli...) che consegniamo ai vari consorzi che li recuperano. In cambio ci danno 11 milioni di euro all'anno come contributo per la raccolta».
Ma mi dicono che solo una parte viene effettivamente riciclata...
«Attualmente in Italia un 30% circa, soprattutto pulp di cartiera e plastica mescolata, per ragioni industriali non può essere riciclato e quindi finisce per essere bruciato o per andare in discarica. Noi siamo obbligati a darli ai consorzi di riciclo e forse sarebbe il caso di liberalizzare».
Brutta notizia , però questa per i cittadini. Fanno la raccolta differenziata e poi il 30% finisce comunque in discarica o all’inceneritore... ma tolti i rifiuti alimentari e quelli riciclabili rimangono 1.100.000 tonnellate... Che fine fanno?
«Vanno nei nostri due impianti di trattamento e nei due del Consorzio Colari (di proprietà di Cerroni, il titolare di Malagrotta, la grande ex discarica di Roma) dove vengono trattati e separati in varie parti. In breve: 300.000 tonnellate di CdR poi si bruciano nei termocombustori e le altre 800.000 vanno in discarica, dove una parte viene usata come materiale per le coperture».
E dove stanno questi termocombustori e queste discariche? «Una minima parte viene bruciato nel Lazio. Il resto in vari impianti nel Nord Italia. La parte che va in discarica in vari siti nel Nord Italia». Quindi la chiusura di Malagrotta ha solo spostato il problema in altre parti di Italia?
«Be’, in effetti sì, ma la chiusura di Malagrotta era necessaria. Ma, esportando i rifiuti, ha comportato un maggior onere per Ama nel 2013 di 30 milioni».
Allora, la maggior parte dei rifiuti romani se ne va in giro per l’Italia. E in futuro?
«Praticamente solo il 13% dei rifiuti romani viene smaltito sul territorio comunale. In Europa vale un’altra esperienza. Le grandi capitali smaltiscono tutto all’interno del proprio territorio recuperando energia per il teleriscaldamento».
Ma a te è stato chiesto di non aprire nessun nuovo inceneritore e nessuna nuova discarica. Come pensi di cavartela?
«Questa è la sfida. Punto primo. Dobbiamo arrivare entro il 2016 al 65% di raccolta differenziata. Punto secondo: le 600.000 tonnellate di residui che rimangono, inerti e frazione combustibile, possono andare in cave dismesse da ripristinare ambientalmente e in vari impianti di combustione. Nel Lazio e fuori dal Lazio. Abbiamo bisogno di impianti di compostaggio per trattare almeno 400.000 tonnellate di frazione umida».
Be’ secondo me ci vorrebbe anche una discarica e un termocombustore , ma capisco che questo non sia molto popolare e si preferisca affidarsi ad impianti fuori città. A proposito. Tu sei stato a Napoli. Che giudizio dai del Termocombustore di Acerra, tanto contestato?
«È il migliore d’Italia. Una salvezza per Napoli».
Cambiamo argomento. La pulizia delle strade : i romani sono furiosi per l’incuria che regna in città...
«Hanno ragione, ma solo in parte. Credo che Roma non sia molto più sporca di altre città, ma certo l’insieme dei problemi che si sono accumulati, la scarsa manutenzione stradale, la sosta selvaggia, la congestione rende tutto più difficile. Il lavoro del netturbino è discretamente pagato ed anche percepito di utilità pubblica».
Ultimo giro. Come hai trovato l’Ama, la società che devi dirigere?
«Abbiamo 7.843 dipendenti più altri 3.600 nella società multiservizi che controlliamo al 51%. La società è bene organizzata, anche se non mancano fenomeni distorsivi per esempio nelle retribuzione di quadri e dirigenti. Ci sono problemi in alcune aree come la manutenzione e gli acquisti. Ci sono risparmi da fare ed efficienze da ottenere. Un milione di ore di straordinario che mostrano che ci sono problemi nell’organizzazione del lavoro. Inoltre i tassi di assenteismo o indisponibilità sul luogo di lavoro sono rilevanti. L’8% della forza lavoro è indisponibile ogni giorno perchè malata, un dato che non è quello medio della popolazione italiana. Non è che ogni giorno ci sono 6 milioni di italiani malati, sarebbe un’epidemia... E c’è un tasso di infortuni esagerato, abbiamo un 1,2% di indisponibili al servizio. Possiamo migliorare molto».
Lo spero io e lo sperano tutti i romani, che vorrebbero meno problemi e nessun aumento della famigerata Tarsi nei prossimi anni.
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