La questione delle emissioni massime di COT (composti organici totali) degli impianti a biogas è stata finalmente affrontata con una sentenza. La prima sezione del Tar del Piemonte, intervenendo in un contenzioso tra la Provincia di Novara e una società biogassista che si era vista bloccare l'impianto, ha chiarito che il parametro di emissione massimo consentito di COT (150 mg/Nmc) deve intendersi comprensivo del metano in quanto esso è inequivocabilmente un composto organico e determina emissioni inquinanti a causa del suo elevato contributo all'effetto serra. I biogassisti senza pudore affermano che il metano è innocuo e che quindi non va considerato un inquinante da includere nel parametro COT: “COT inteso come NMCH, Non-Methane Hydrocarbons (idrocarburi totali escluso metano, non tossico e non inquinante se emesso in piccole dosi, poiché trattasi di un elemento prodotto ed espulso anche dagli organismi viventi. Se si considerasse anche il metano, tale valore potrebbe essere circa 500-1.000 mg/Nmc”. Gli stessi bioassisti senza pudore (come i loro tirapiedi tecnico-scientifici) vanno in giro a proclamare ad ogni dibattito quando siano catastrofiche le emissioni di metano dalle vasche di reflui zootecnici e quanto sia salvifico l'impianto a biogas che il metano lo brucia.
Ora ci dicono che il metano non è inquinante "a modiche dosi". Ma di cosa stiamo parlando? Il TAR non ha lasciato dubbi: il metano va compreso nei COT.
E così si apre una seconda falla nel Titanic del biogas (dopo quella della sentenza della corte costituzionale che aveva condannato le norme regionali escogitate per esonerale le centrali a biogas e biomasse dalla VIA). Nessuna centrale riesce a rispettare i limiti di emissioni di COT di 150 mg/Nmc se si include il metano. Tutte le regioni (Arpa) hanno "interpretato" che i COT escludono il metano ma il TAR gli da torto e tutte le centrali a biogas sono FUORILEGGE. Potrebbero rispettare il limite? In realtà sì. Basterebbe montare
sull’impianto un “post combustore rigenerativo”. Nient’altro che un ulteriore bruciatore di metano che presenta due inconvenienti: il primo in termini di costi, circa 150 mila euro (che per un laido speculatore sono tanti mentre le milionate che incassa sono sempre poche), il secondo in termini di efficienza, ovvero ridurrebbe la quantità di energia elettrica straincentivata. Ovviamente nessuno ha interesse a montarlo perché spenderebbe di più e guadagnerebbe di meno.
sull’impianto un “post combustore rigenerativo”. Nient’altro che un ulteriore bruciatore di metano che presenta due inconvenienti: il primo in termini di costi, circa 150 mila euro (che per un laido speculatore sono tanti mentre le milionate che incassa sono sempre poche), il secondo in termini di efficienza, ovvero ridurrebbe la quantità di energia elettrica straincentivata. Ovviamente nessuno ha interesse a montarlo perché spenderebbe di più e guadagnerebbe di meno.
Se fossero costretti, però, lo dovrebbero fare. E qui misureremo il grado di collusione della classe politica e burocratica. http://sgonfiailbiogas.blogspot.it/2013/10/biogas-tar-piem-fuori-legge-tutte-le.html
N. 01046/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00133/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 133 del 2013, proposto da:
Morghengo Societa' Agricola S.R.L., rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Andrea Bruno, Nicola Tassoni, Giovanni De Vergottini, con domicilio eletto presso Barbara Rolando in Torino, corso Matteotti, 3 Bis;
Morghengo Societa' Agricola S.R.L., rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Andrea Bruno, Nicola Tassoni, Giovanni De Vergottini, con domicilio eletto presso Barbara Rolando in Torino, corso Matteotti, 3 Bis;
contro
Provincia di Novara, rappresentata e difesa dall'avv. Edoardo Pozzi, con domicilio eletto presso Massimo Bajma Picit in Torino, via Principi D'Acaja, 6;
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;
Regione Piemonte, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Piemonte - Dipartimento di Novara, Comune di Caltignaga;
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;
Regione Piemonte, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Piemonte - Dipartimento di Novara, Comune di Caltignaga;
per l'annullamento:
- della determina della Provincia di Novara - Settore Ambiente Ecologia Energia n. 3402/2012 del 12.11.2012, conosciuta in data 29.11.2012 con cui si è diffidata la ricorrente dal condurre l'impianto di produzione energia elettrica da biogas, sito nel Comune di Caltignaga fr. di Morghengo;
- di ogni altro provvedimento presupposto, consequenziale o comunque connesso o collegato e in particolare della nota DVA - 2012 - 0025033 del 17.1.2012 del Ministero dell'Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare - Direzione Generale per le Valutazioni Ambientali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia Di Novara e di Ministero Dell'Ambiente E Della Tutela del Territorio e del Mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2013 la dott.ssa Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente società agricola Morghendo s.r.l. è titolare di Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dalla Provincia di Novara, n. 910 del 24 marzo 2010, sulla base della quale ha realizzato, in Comune di Caltignaga un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biogas prodotto da digestione anaerobica di biomasse.
2. Alla suddetta A.I.A. la Provincia di Novara ha apposto alcune prescrizioni, tra le quali le seguenti: “il biogas dovrà essere conforme a quanto indicato nell’allegato X della parte V del D. L.vo 152/06 e s.m.i. con le caratteristiche e le condizioni di utilizzo previste dalla parte II, sezione 6 dello stesso allegato…..gli impianti dovranno essere gestiti in modo tale da garantire il rispetto dei valori di emissione indicati nell’Allegato I, parte III, p.to I.3.a) alla Parte V del D. L.vo 152/06”.
Ultimata la realizzazione dell’impianto, attivato il medesimo, effettuata una prima campagna di autocontrolli a cura della stessa ricorrente ed inviati i relativi risultati all’ARPA, così come prescritto nell’A.I.A., la Provincia di Novara è pervenuta alla adozione del provvedimento in epigrafe indicato, a mezzo del quale ha diffidato la ricorrente dal continuare ad esercire l’impianto essendosi constatato lo sforamento del limite di emissione in atmosfera riferito al Carbonio Organico Totale (in prosieguo “COT”), limite fissato in 150 mg/Nmc ma nella specie accertato in 575,2 mg/Nmc: in motivazione il provvedimento richiama il parere del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Mare e del Territorio di cui alla nota DVA 2012-0025033 del 10/10/2012, nel quale si legge che “Il riferimento al “COT (carbonio organico totale)” senza altre specificazioni porta ad escludere che si possa intendere come “COT escluso metano”. Ad ulteriore conferma si osserva che i due metodi indicati nel D. L.vo 152/06 per il rilevamento delle emissioni di COT, ovvero UNI EN 12619-2002 e UNI EN 13526-2002, consentono di determinare il totale del carbonio organico in forma gassosa mediante un rilevatore a ionizzazione di fiamma (FID) indipendentemente dalla presenza o meno di metano”.
3. Avverso il provvedimento di cui sopra la ricorrente ha proposto gravame deducendone la illegittimità per i seguenti motivi:
I) violazione e falsa applicazione della L. 241/90, eccesso di potere, carenza di istruttoria, manifesta illogicità in relazione al fatto che alla ricorrente non è stato comunicato l’avvio del procedimento sfociato nel provvedimento impugnato né le è stata data la possibilità di contraddire allo stesso;
II) violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del D. L.vo 387/2003 con riferimento al rapporto tra procedimento di diffida e autorizzazione unica, contraddittorietà , violazione del legittimo affidamento, del principio di buon andamento della azione amministrativa: nel corso del procedimento che si è concluso con il rilascio dell’AIA non è mai stata sollevata la questione relativa a come si dovesse misurare il COT e se si dovesse tenere in considerazione anche la componente metanica, e ciò nonostante che nella relazione tecnica di progetto si facesse riferimento solo alla componente non metanica del COT: la ricorrente ha quindi risposto un legittimo affidamento sulla legittimità delle specifiche di progetto da essa indicate, tra le quali, appunto, quella afferente i limiti della componente non metanica del COT;
III) carenza di istruttoria, difetto di motivazione, violazione degli artt. 191 par. 1, 194 par. 1 lett. c) TFUE nonché dei principi generali di leale collaborazione e di non discriminazione, di cui agli artt. 4 par. 3 e 18 TFUE, necessità di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia della Unione Europea: il parametro del COT è previsto solo dalla legislazione nazionale mentre non esiste in sede comunitaria, che non individua il metano tra gli inquinanti nocivi; il rispetto del limite imposto dalla legislazione nazionale può essere garantito solo attraverso l’adozione di costosi accorgimenti che rendono la produzione di energia elettrica da impianti che utilizzano biomasse non competitiva, ed inducono l’aumento di produzione di ossido di carbonio, frustrando le norme europee volte ad incoraggiare energia elettrica da fonti rinnovabili ed il risparmio energetico; da qui la necessità di disapplicare la norma nazionale che impone dei limiti di emissione riferiti al COT.
4. La Provincia di Novara si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.
5. Alla camera di consiglio dell’8 marzo 2013 il Collegio respingeva la domanda cautelare, fissando per la discussione del merito la pubblica udienza dell’11 luglio 2013, allorché la causa è stata trattenuta a decisione.
6. Il Collegio non ritiene di poter pervenire a conclusioni diverse da quelle già tracciate nella ordinanza cautelare n. 114/2013.
7. Giova preliminarmente chiarire in punto di fatto che – così come si evince anche solo compulsando sulla enciclopedia on-line Wikipedia le voci “idrocarburi” , “composto organico” e “composto inorganico”- gli idrocarburi sono sostanze accomunate dal fatto di essere composti solo da carbonio ed idrogeno: per tale ragione essi rientrano tra i c.d. “composti organici” - che tuttavia non esauriscono, essendo questi ultimi caratterizzati dal fatto che la relativa composizione molecolare contiene almeno un atomo di carbonio legato ad altre sostanze -. Il metano (CH4) costituisce notoriamente uno degli idrocarburi più comuni: si trova naturalmente allo stato gassoso e si caratterizza per il fatto di essere il prodotto della degradazione di materiale biologico in assenza di ossigeno: per tale ragione esso è considerato un biogas e costituisce un prodotto tipico delle attività che comportano la digestione anaerobica di biomasse.
La combustione del carbonio induce la trasformazione dello stesso in monossido di carbonio e anidride carbonica (cfr. voce “combustione” della enciclopedia Treccani). Pertanto, la circostanza che in fumi emessi al termine di un ciclo di combustione sia rintracciata una certa quantità di carbonio sta a significare la probabile presenza, nei fumi medesimi, di idrocarburi rimasti non combusti: per tale ragione il COT è valore utilizzato quale indice della qualità del processo di combustione. Misurare la componente metanica del carbonio presente nei fumi emessi al termine di un ciclo di combustione significa, in definitiva, misurare la quantità di metano non combusto presente nei fumi stessi. Misurare la componente non metanica significa, invece, misurare la quantità di idrocarburi non combusti, diversi dal metano, presenti nei fumi stessi.
8. Per venire al caso di specie va detto l’impianto realizzato dalla ricorrente - che produce energia elettrica mediante combustione di biogas prodotto dalla digestione anaerobica di biomasse - ha, pacificamente, una potenza nominale inferiore ai 3 MW, ragione per cui allo stesso risultano applicabili i limiti individuati dal D. L.vo152/06, parte III dell’allegato I alla parte V, e precisamente quelli fissati nelle tabelle di cui al punto 1.3. lett. a): tra essi vi è anche il COT, fissato in 150 mg/Nmc. La tabella in questione prevede poi dei limiti per il monossido di carbonio, per gli ossidi di azoto e per i composti inorganici del cloro. La tabella non menziona uno specifico limite di emissione per il metano, non distingue tra carbonio organico metanico o non metanico, né, infine fissa dei limiti per i Composti Organici Volatili.
8.1. La ricorrente, nella relazione tecnica 30 settembre 2009 allegata al progetto, ha rilevato l’obbligo di rispettare il predetto limite di 150 mg/Nmc riferito al COT, ma nella nota a piè di pagina n. 3 ha specificato: “COT inteso come NMCH, Non-Methane Hydrocarbons (idrocarburi totali escluso metano, non tossico e non inquinante se emesso in piccole dosi, poiché trattasi di un elemento prodotto ed espulso anche dagli organismi viventi. Se si considerasse anche il metano, tale valore potrebbe essere circa 500-1.000 mg/Nmc”.
8.2. Con questa precisazione il progetto è stato approvato. Tuttavia, in occasione della prima campagna di autocontrolli è emerso un valore di 565 mg/Nm riferito alla sola componente metanica, ed un valore di 10,2 mg/Nm riferito alle componenti non metaniche: la Provincia di Novara ha quindi contestato alla ricorrente che risultava ampiamente superato il limite imposto dal D. L.vo 152/06 per il COT, posto che tale valore doveva intendersi comprensivo sia del carbonio legato alle componenti organiche metaniche, sia del carbonio legato alle componenti organiche non metaniche: ed a conferma di tale assunto la Provincia ha citato il parere del Ministero citato al precedente paragrafo 2.
9. Secondo la ricorrente, però, l’accezione di “COT” non può comprendere la componente metanica.
Il ricorrente rileva che la direttiva 84/360/CEE, concernente la lotta contro l’inquinamento atmosferico provocato da impianti industriali con potenza nominale superiore ai 50MW, contiene un elenco delle principali sostanze inquinanti, e da esso è escluso espressamente il metano.
Anche la direttiva 2008/50/CE, relativa alla qualità dell’aria e dell’ambiente contiene un elenco dei principali inquinanti nocivi, e tra essi individua i “COV”, cioè Composti Organici Volatili, comunque “diversi dal metano”.
In breve, rileva il ricorrente, l’esame della normativa europea vigente in materia di qualità dell’aria e di lotta all’inquinamento consente di affermare che il metano non rientra tra le sostanze inquinanti. Non v’è quindi ragione di includere nel COT anche la componente metanica del carbonio, mentre l’interpretazione che di detto valore hanno dato la Provincia ed il Ministero contrasterebbe con la ratio ed i contenuti delle già ricordate direttive nonché con l’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che afferma la competenza dell’Unione in materia di protezione dell’ambiente. Pertanto, ove ritenuto che il COT includa anche il carbonio metanico, il relativo limite deve essere disapplicato in quanto non conforme alla normativa della Unione Europea.
10. Il Collegio non condivide questa impostazione, la quale trascura il fatto che l’Unione Europea ha da tempo classificato il metano tra i c.d. “gas ad effetto serra” ed ha messo in campo specifiche azioni tese al contenimento di detto fenomeno.
10.1. Giova rammentare, al riguardo, che a livello di diritto europeo la qualificazione del metano tra i c.d. gas “ad effetto serra” non è anteriore agli anni novanta. In una relazione della Commissione della Comunità Europea del 10/03/94, avente ad oggetto una “Prima valutazione dei programmi nazionali esistenti nel quadro del meccanismo di controllo nella Comunità delle emissioni di CO2 e di altri gas ad effetto serra”, si riferisce (al punto 5.4.) che “Tutti i programmi nazionali pongono l’accento sulla CO2. Alcuni di essi contengono anche provvedimenti riguardanti altri gas ad effetto serra. Il metano è menzionato nei programmi nazionali di Danimarca, Germania, Grecia, Francia, Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi. Unicamente i Paesi Bassi si sono posti un obiettivo specifico di riduzione delle emissioni di metano. Gli altri paesi prima menzionati pongono l’accento in primo luogo su azioni dirette a ridurre l’emissione di metano dal trattamento dei rifiuti. Tuttavia, i provvedimenti descritti sembrano lungi dal tradursi in realizzazioni concrete e occorrono maggiori informazioni su azioni concrete e obiettivi. Inoltre è necessario procedere ad un inventario degli altri gas ad effetto serra diversi dalla CO2, in special modo metano e ossido nitroso.”
All’inizio del 1994, dunque, non era stata ancora acquisita una sicura consapevolezza circa la rilevanza del metano sul c.d. “effetto serra”, e ciò varrebbe già a spiegare il fatto che tale sostanza risulti esclusa da quelle inquinanti menzionate dalla direttiva 84/360/CEE.
10.2. Con comunicazione n. 557 del 15/11/1996 la Commissione ha informato il Consiglio ed il Parlamento europeo in ordine ad una “Strategia per ridurre le emissioni di metano”: ivi si dà atto della incidenza di tale sostanza sull’effetto serra e del fatto che la fermentazione dei rifiuti nelle discariche costituisce la seconda fonte di produzione di metano in Europa. Per quanto riguarda, in particolare, le strategie da mettere in atto nel settore dei rifiuti, la Comunicazione in esame indica, per le nuove discariche, “una legislazione che contempli l’obbligo per le discariche anaerobiche , in assenza di alternative alla riduzione del metano, di essere dotate di sistemi di recupero e utilizzazione del metano”. Con risoluzione n. A4-0120 pubblicata sulla GUCE n. C 138 del 4/05/98, il Parlamento europeo ha poi approvato l’anzidetta Comunicazione della Commissione.
10.3.
Con direttiva n. 87/2003/CE è stato istituito un sistema che fissa per ciascun Stato membro delle quote di emissioni dei gas ad effetto serra all’interno della Comunità, prevedendo anche la possibilità di scambio delle stesse.. Tale sistema interessava i gas ad effetto serra prodotti solo da alcuni settori. La Commissione Europea, pertanto, il 23 gennaio 2008 inviava al Consiglio ed al Parlamento europeo una proposta di decisione (n. COM/2008/0017) che nelle definizioni dava atto espressamente che per “emissioni d gas ad effetto serra” dovevano intendersi specificamente anche le emissioni di metano; tale proposta, inoltre, prevedeva all’art. 3, a proposito dei livelli massimi di emissioni per il periodo 2013-2020, che “Fino a quando la Comunità non concluderà un accordo internazionale sui cambiamenti climatici che determinerà delle riduzioni di emissioni aggiuntive rispetto a quelle stabilite dal presente articolo, ciascun Stato Membro è tenuto, entro il 2020, a limitare le sue emissioni di gas serra provenienti dalle fonti che non sono disciplinate dalla direttiva 2003/87/CE, rispettando la percentuale stabilita per lo Stato membro in questione di cui all’allegato rispetto alle sue emissioni del 2005. Conformemente al par. 3 del presente articolo ed all’art. 4, ogni Stato membro garantisce che le sue emissioni totali di gas serra nel 2013 provenienti da fonti non disciplinate dalla direttiva 2003/87/CE non superino le sue emissioni annuali medie provenienti da queste fonti negli anni 2008, 2009 e 201, come comunicato e verificato a norma della direttiva 2003/87/CE e della decisione 280/2004/CE. Conformemente al par. 3 del presente articolo ed all’art. 4, ogni Stato membro limita ogni anno queste emissioni di gas ad effetto serra linearmente al fine di garantire che non superino il livello massimo stabilito per il 2020 riportato in allegato. Nel periodo dal 2013 al 2019, uno Stato membro può prelevare dall’anno successivo una quantità pari al 2% dei limiti di emissione dei gas serra che è stato fissato conformemente al par. 2- Se le sue emissioni sono inferiori al limite di cui al par. 2, uno Stato Membro può riportare all’anno successivo le sue riduzioni di emissioni in eccesso.”
Detta proposta è stata approvata in prima lettura con risoluzione legislativa del Parlamento del 17/12/2008 ed in via definitiva con Decisione n. 406/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio. Questa ultima ha apportato alcune modifiche, ma ha comunque ribadito (al considerando n. 6) che “tutti i settori economici dovrebbero contribuire alla riduzione delle emissioni per conseguire entro il 2020, in modo efficace rispetto ai costi, la riduzione del 20% dei gas ad effetto serra rispetto al 1990. Gli Stati Membri dovrebbero pertanto attuare politiche e misure aggiuntive al fine di limitare ulteriormente le emissioni di gas ad effetto serra provenienti da fonti non disciplinate dalla direttiva 2007/83/CE”. All’art. 2 la Decisione in esame ha espressamente incluso le emissioni di metano provenienti “dalle categorie elencate nell’allegato I” tra quelle ad effetto serra, e tale allegato menziona sia il settore dei rifiuti, sia il settore dell’energia, nel quale include espressamente anche l’attività di combustione di carburanti.
La decisione n. 406/2009 è stata seguita dalla direttiva 2009/29/CE, che ha apportato modifiche alla direttiva 2003/87/CE al fine di renderla conforme alla menzionata decisione e di estenderne la applicazione anche ad altri settori di attività. E’ ben vero che le attività degli impianti alimentati esclusivamente a biomassa rimangono ancora esclusi dalla applicazione della direttiva 2003/87/CE, ma quest’ultima, nel testo consolidato, afferma che “La presente direttiva non dovrebbe impedire agli Stati Membri di mantenere o stabilire sistemi nazionali di scambio che disciplinino le emissioni di gas ad effetto serra provenienti da attività diverse da quelle di cui all’allegato I o inserite nel sistema comunitario o da impianti temporaneamente esclusi dal sistema comunitario” (considerando n. 16); ed inoltre che “Lo strumento della tassazione può essere una politica nazionale per limitare le emissioni da impianti temporaneamente esclusi” (considerando n. 24).
10.4. Infine va rammentato che in materia di promozione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili la direttiva 2001/77/CE - ora sostituita dalla direttiva 2009/28/CE - al considerando n. 8 ribadiva che l’utilizzazione di rifiuti come fonte energetica non esonerava dalla applicazione della normativa europea sui rifiuti e che “il sostegno dato alle fonti energetiche rinnovabili dovrebbe essere compatibile con gli altri obiettivi comunitari, specie per quanto riguarda la gerarchia di trattamento dei rifiuti”. L’applicazione delle norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili, dunque, non solo non esonerava dall’obbligo di rispettare la normativa in materia di rifiuti, il cui trattamento rientra ormai tra le attività interessate dalla politica di riduzione dei gas ad effetto serra, ma neppure deve compromettere altri obiettivi comunitari, tra i quali rientra a pieno titolo quella da ultimo menzionata.
11. Tutto ciò premesso il Collegio ritiene anzitutto condivisibile l’assunto della Provincia e del Ministero secondo il quale il Carbonio Organico Totale si riferisce ad ogni composto organico, metanico e non. Il dato letterale trova infatti indiretta conferma nella constatazione che il D. Lv.o 152/06 prevede, per la misurazione di tale valore, l’utilizzo di uno strumento (FID) che non è in grado di scomporre la componente metanica del carbonio da quella non metanica. Oltre a ciò il Collegio ritiene che non sia priva di significato la circostanza che nessun limite di emissione per il metano é individuato dal D. L.vo152/06, parte III dell’allegato I alla parte V del decreto medesimo, punto 1.3. lett. a): si vuol dire che se veramente il legislatore avesse inteso il COT quale valore non comprendente la componente metanica, allora si sarebbe premurato di fissare a parte dei limiti specifici per le emissioni di metano, la cui dannosità per l’ambiente nel 2006 risultava ampiamente acclarata. L’assenza di un limite specifico per le emissioni di metano conferma, allora, che nel Carbonio Organico Totale debbono ritenersi compresi tutte le componenti organiche, metaniche e non.
Infine, proprio per la ragione che il COT costituisce un indice di qualità della combustione appare logico e razionale includervi tutte le forme di carbonio organico che possono rilevare la presenza di idrocarburi non combusti.
12. Dopo di che il Collegio non ritiene di effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia della Unione Europea al fine di valutare l’eventuale difformità del D. L.vo 152/06, nella parte in cui impone il rispetto dei limiti di emissione del COT più volte citati, alle norme europee indicate da parte ricorrente.
12.1. Va preliminarmente ricordato che il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia della Unione Europea costituisce un obbligo solo per le giurisdizioni di ultima istanza, e che pertanto i Giudici Amministrativi di primo grado sono a ciò facoltizzati ma non tenuti.
12.2. Nel caso di specie il Collegio non ritiene che siano ravvisabili profili di incompatibilità tra la parte del D. L.vo 152/06 che qui viene in considerazione e le norme europee indicate da parte ricorrente.
12.2.1. Quanto alla direttiva 84/360/CEE si è già detto che l’esclusione del metano dall’elenco dei principali agenti inquinanti si spiega, verosimilmente, con il fatto che nel 1984 l’efficacia del metano sull’effetto serra non era ancora stata acclarata. Oltre a ciò va rilevato che la direttiva in questione è stata abrogata, con decorrenza 30 ottobre 2007, dalla direttiva 2008/1/CE, la quale ultima, nell’elenco “indicativo” delle principali sostanze inquinanti ad essa allegate, non contiene più un generico riferimento alle sostanze organiche “escluso il metano”, e menziona invece - tra le altre sostanze – il monossido di carbonio ed i Composti Organici Volatili, questi ultimi definiti, a differenza di quanto fa la legislazione nazionale, in modo assolutamente generico e quindi comprensivi anche del metano. Peraltro, anche con riferimento alla definizione di cui all’art. 268, punto ii del D. L.vo 152/06, secondo la quale è Composto Organico Volatile “qualsiasi composto organico che abbia a 293,5 K una pressione di vapore di 0,01kPa o superiore, oppure che abbia una volatilità corrispondente in condizioni particolari di uso….”, il metano non potrebbe essere escluso dalla categoria dei Composti Organici Volativi. La definizione legislativa di “COV” parte dal presupposto che si tratti di sostanze che alla temperatura di 293,5 gradi Kelvin si trovi già in stato di vapore. Ebbene, il punto di ebollizione del metano corrisponde alla ben inferiore temperatura di 111,8 K (si veda la voce “Metano” su Wikipedia), pertanto è evidente che il metano rientra a pieno titolo tra i c.d. “COV” sia ai fini della applicazione del D. L.vo 152/06 sia ai fini della direttiva 2008/1/CE.
12.2.2. Per quanto riguarda, invece, la prospettata contrarietà alla direttiva 2008/50/CE, la quale esclude il metano sia dai c.d. “COV”, cioè dai Composti Organici Volatili sia dall’elenco dei c.d. “precursori dell’ozono”, il Collegio osserva quanto segue.
La direttiva 2008/50/CE ha riorganizzato la materia in un testo unico che intende disciplinare il fenomeno dell’inquinamento atmosferico causato dalle sostanze che hanno, per la salute umana o per l’ambiente, una potenzialità dannosa diretta: da qui l’attenzione per una serie di sostanze ben note, quali il biossido di zolfo, il biossido e gli ossidi di azoto, il particolato, il piombo, il benzene, il monossido di carbonio, l’ozono. E’vero, dunque, che la direttiva in esame non menziona il metano tra le sostanze inquinanti per le quali debbono essere rispettate determinate soglie, e che parimenti lo esclude dall’elenco dei precursori dell’ozono individuati all’allegato X e dalla famiglia dei c.d. Composti Organici Volatili. Tale constatazione non appare tuttavia dirimente ai fini di escludere la potestà di uno Stato Membro di imporre dei limiti di emissione con riferimento anche al metano, trattandosi di sostanza che può non avere effetti diretti sulla salute umana o sull’ambiente e che però produce certamente effetti indiretti sull’ambiente, contribuendo al surriscaldamento degli strati inferiori dell’atmosfera.
Preso atto che il legislatore europeo ha lasciato gli Stati Membri liberi di adottare misure finalizzate al contenimento delle emissioni dei gas ad effetto serra anche con riferimento alle attività ed agli impianti non sottoposti all’obbligo di osservare la direttiva 2003/87/CE; considerato che i limiti di emissione relativi al COT di cui si discute nel presente giudizio consentono, pur nel limite massimo di 150 mg/Nmc, una certa elasticità e comunque appaiono certamente coerenti con l’obiettivo di perseguire una riduzione generalizzata della emissione di gas ad effetto serra; rammentato che la stessa direttiva 2001/77/CE, in materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ribadisce che il sostegno dato alle fonti energetiche deve risultare compatibile con le altre azioni della Unione; tutto ciò considerato il Collegio non ravvisa nella normativa nazionale che qui si sta esaminando una violazione alle direttive menzionate da parte ricorrente, né la ritiene idonea a frustrare l’effetto utile dell’azione messa in campo dall’Unione europea in materia ambientale, anche perché parte ricorrente non ha affatto dimostrato l’antieconomicità e l’effetto distorsivo (della concorrenza e del mercato della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili) dei dispositivi che potrebbero recuperare il metano presente nei fumi in uscita ovvero completarne la combustione. Va ancora sottolineato che la proliferazione di impianti di produzione di elettrica mediante combustione di biogas non accompagnata da un controllo sulle emissioni da essi provocate è certamente idonea, in via astratta, a determinare un aumento, anziché una diminuzione, delle emissioni di gas ad “effetto serra”, e quindi a frustrare sia l’effetto utile della normativa in materia di riduzione dei gas ad “effetto serra”, sia della normativa relativa alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, normativa da ultimo codificata nella direttiva 2009/28/CE. Da quest’ultima emerge, in particolare, l’intendimento del legislatore europeo di incentivare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili solo nel rispetto di condizioni di sostenibilità ambientale. Il limite di cui si discute, relativo al COT, non è contemplato specificamente nelle direttive relative alla produzione di energia da fonti rinnovabili, ma è innegabile che esso contribuisce a tenere sotto controllo le emissioni di sostanze inquinanti nonché di metano, che è uno dei principali responsabili del c.d. “effetto serra”, ed in tal senso agisce esattamente nel senso dello sviluppo sostenibile.
12.3. Per tutte le dianzi esposte ragioni il Collegio non ravvisa elementi sufficienti a motivare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione Europea.
13. I limiti di cui al D. L.vo152/06, parte III dell’allegato I alla parte V debbono quindi trovare piena applicazione, con conseguente infondatezza del terzo dei motivi di ricorso.
14. Parimenti infondate sono, peraltro, le ulteriori censure articolate da parte ricorrente.
15. Con il primo motivo è stata contestata la violazione delle garanzie procedimentali, per essere stato il provvedimento impugnato adottato senza aver dato a Morghengo s.r.l. la possibilità di contraddire.
La censura è infondata. Con nota del 9 luglio 2012 la Provincia aveva già contestato alla ricorrente il mancato rispetto del limite relativo al COT, spiegando che “tale valore comprende sia gli idrocarburi metanici che quelli non metanici” e solo con provvedimento del 26 novembre 2012 la Provincia ha diffidato formalmente a non proseguire nella gestione dell’impianto in violazione dei limiti di emissione prescritti. La ricorrente ha quindi avuto la possibilità di contraddire prima che fosse adottato il provvedimento lesivo.
Peraltro, stante la correttezza della interpretazione data dalla Provincia alla norma che fissa il limite per il COT, è evidente che la Provincia non avrebbe potuto pervenire ad una differente conclusione, il che rende l’atto impugnato non annullabile ai sensi dell’art. 21 octies L. 241/90.
16. Quanto poi alla circostanza che la Provincia avrebbe autorizzato un progetto nel quale si faceva già rilevare che per “COT” si intendeva solo il carbonio organico legato a componenti non metaniche, il Collegio rileva che tanto non potrebbe comunque giustificare la concessione di un trattamento differenziato a favore della ricorrente, legittimando emissioni in atmosfera superiori ai limiti fissati La Provincia, peraltro, non ha mai formalmente autorizzato la ricorrente ad immettere in atmosfera metano senza limiti: all’esatto opposto la prima prescrizione relativa alle emissioni in atmosfera stabilisce che “Gli impianti dovranno essere gestiti in modo tale da garantire il rispetto dei valori di emissione indicati nell’Allegato I, Parte III, p.to 1.3.a) alla Pare V del D.L.vo 152/06”, mentre la prescrizione n. 3 afferma che “l’impresa dovrà effettuare due rilevamenti delle emissioni in due giorni non consecutivi dei primi dieci giorni di marcia controllata dell’impianto a regime (termine di messa a regime stimato in sessanta giorni dall’avvio) per la determinazione dei seguenti parametri: Carbonio Organico Totale (COT), Monossido di Carbonio…….. “. L’autorizzazione prescriveva inoltre dei monitoraggi annui comprendenti, tra l’altro, l’analisi del biogas con specifica ricerca del metano nonché l’analisi delle emissioni in atmosfera relativamente al Carbonio Organico Totale, senza specificarne la componente.
17. Il ricorso va conclusivamente respinto.
La novità e complessità delle questioni trattate giustifica tuttavia la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nelle camere di consiglio dei giorni 11 luglio 2013, 24 luglio 2013, con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Roberta Ravasio, Primo Referendario, Estensore
Giovanni Pescatore, Referendario
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/10/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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