domenica 21 agosto 2011

Ecologia dell'apocalisse, millenaristi all'attacco

Luca Bonaccorsi
ANALISI. L’insoddisfazione per il presente e l’ansia per un mondo più giusto precipitano nella storia in costrutti catastrofisti. Breve rassegna dalla fine del mondo al “comunistambientalismo”.

La distruzione del mondo presente è imminente, e prelude ad un nuovo ordine. In cui gli oppressi saranno finalmente liberati dai loro oppressori». Quante volte la storia è stata attraversata dall’attesa messianica, tipica dei millenaristi d’ogni tempo. Da coloro che attendevano (e attendono) la seconda venuta di Cristo, a chi aspettava i cavalli dell’armata rossa abbeverarsi in piazza San Pietro, passando per i giovani socialisti rivoluzionari che volevano impiccare “l’ultimo Papa con le budella dell’ultimo Re”. L’ultimo splendido e poetico esempio rappresentato dai teorici del “baco” del 2000: Y2K. In quel caso (ma perché non ne parla più nessuno?) doveva essere un numerino, il 2000, a distruggere l’intera rete informatica mondiale, e con essa l’economia, per riportarci tutti ad una preistorica, povera (ma felice), arcadia. Tutto a causa di un piccolo “baco”... degno di una storia per ragazzi.

L’insoddisfazione per il presente e la speranza in un mondo migliore è evidentemente uno specifico umano, di ogni tempo. Se addirittura il monaco calabrese Gioacchino da Fiore, quasi mille anni fa, dalla solitudine beata del suo monastero nella Sila vedeva: «Lo strazio che nel mondo si fa della pace e della gioia, doni dello Spirito Santo». E non si parlava ne di conflitti nucleari, ne di cambiamenti climatici. (Qualcuno poi, brevemente, il regno dei giusti in Terra lo realizzò. Vedi il buon Tommaso Müntzer, che a Muhlhausen, in Germania, appoggiando le rivendicazioni dei ceti sociali più umili, impiantò una sorta di teocrazia comunista cristiana. si mise poi a capo degli insorti nella guerra dei contadini e, sconfitto, finì decapitato). Eppure questa ansia catartico-catastrofista precipita in costrutti para-teorici con regolarità.

Ad una sommaria analisi comparata gli ingredienti fondamentali del pensiero millenarista-catastrofista sono: 1) l’individuazione dei mali (almeno alcuni) del tempo (la guerra, la violenza, la corruzione, la povertà, le diseguaglianze), 2) un’analisi sulle cause non priva di elementi di verità (la burocrazia, la cattiva politica, il mercato spietato), 3) una ricetta alternativa di un qualche realismo ma soprattutto molto, molto auspicabile (un mondo pulito, semplice e giusto). Inevitabilmente, di solito, il pensiero “millenarista” è attraversato da una grande tensione religiosa e/o ideologica, e da una buona dose di ignoranza (non sempre nel senso positivo, “letterale”). Ma può andare anche peggio. Quando le cose vanno male (nel senso che le profezie non si avverano) i millenaristi la catastrofe arrivano a crearsela da soli.

È stato il caso dei Davidiani in Texas, che aspettavano la fine del mondo alla fine degli anni ’80, e che trovarono orribile morte a Waco, nel Texas, in un lungo assedio con sparatoria contro la polizia. Oppure della setta giapponese della “suprema verità” che, siccome la fine del mondo non arrivava, diffuse gas nervino in metropolitana a Tokyo, uccidendo 12 persone. Per finire giustiziati loro stessi. L’attesa fervente di rinnovamento e di giustizia può essere pericolosa. Ai millenarismi storici se n’è aggiunto uno nuovo (che in realtà nuovo non è, ma che in questi giorni trova grande vigore nella debacle dei mercati finanziari). Incrocia le culture comuniste e quelle ambientaliste. È profondamente anticapitalista. Un esempio di questo “neomillenarismo” è apparso mercoledì sul Manifesto, a firma di Guido Viale, dal titolo profetico “L’economia del mondo verso il default”.

L’articolo è un perfetto esempio del genere letterario, e risponde in tutto ai 3 requisiti sopra citati. Intanto perché parte dall’individuazione dei mali del tempo: crisi economica, sociale e ambientale. In secondo luogo perché l’analisi delle cause non è priva di elementi di verità. Nello specifico, viviamo effettivamente il tempo di un grande fallimento del “mercato” come sistema, che a differenza dalle crisi cicliche precedenti, questa volta, mette in pericolo l’esistenza stessa della specie umana sul pianeta Terra con la distruzione degli ecosistemi. In fine, perché lo fa proponendo una ricetta assai auspicabile: un mondo solidale, altamente democratico, quello dei Gas, delle microcomunità che si autogestiscono... più o meno tutto: dal cibo, all’acqua, all’energia. Come tutti i “millenaristi” il manifesto di Viale è percorso da una forte tensione ideologica, e da una discreta ignoranza di alcuni dei fenomeni che affronta. L’analisi delle prime righe dice tanto.

Il testo apre con la profezia: «Nei prossimi anni non ci sarà crescita». (Contraddicendo intrinsecamente tutti i tomi di critica alla “crescita”, ma le profezie, si sa, non possono essere anche analiticamente coerenti). E non ci sarà crescita neanche in Germania «che sconterà presto il disastro a cui sta condannando metà dei suoi partner commerciali» (notare i termini «disastro», «condanna» ecc). Il «disastro» a cui si riferisce Viale è la correzione dei conti pubblici che l’Ue sta richiedendo in cambio del sostegno finanziario ai Paesi abbandonati dai mercati, vedi i casi di Grecia, Irlanda e Portogallo. Ma anche Italia e Spagna. Il fatto che Bruxelles tenga in piedi tre Stati, e tre economie (non solo i mercati non prestano più ai governi ma anche le banche locali sono state abbandonate... dai cittadini stessi che hanno portato i risparmi, nel caso dei greci, a Cipro). Il fatto cioè che l’Ue, con l’assenso riottoso della Germania, stia di fatto sostenendo 27 milioni di cittadini europei (dagli ospedali alle fabbriche) in ossequio al principio che “nessun membro dell’Unione sarà lasciato fallire” non è ritenuto “rilevante”.

La ragione risale non tanto alla sacrosanta critica al vicolo cieco dell’austerità, ma ad un vecchio conto in sospeso tra comunisti italiani e socialdemocratici tedeschi. Quei signori del capitalismo renano, della “economia sociale di mercato”, ai comunisti nostrani non sono mai andati giù. In fondo erano (e restano) dei traditori della rivoluzione. Per quelli come Viale, la Germania, non fa parte delle soluzioni ma dei problemi: la Germania esporta... e questo, lungi dall’essere sintomo di un sistema che produce innovazione e prodotti di qualità, è segnale di un sistema che sacrifica i salari e la domanda interna per “piazzare” le merci all’estero. Alla cinese insomma. E non c’è statistica che regga: che un lavoratore tedesco ogni anno guadagni di più e goda di un welfare complessivamente migliore di uno nostrano è un fatto irrilevante per il nostro millenarista. Ma c’è di più: «Meno che mai negli Stati Uniti (ci sarà crescita, ndr); di conseguenza soffrirà anche l’economia cinese, dove sostituire la domanda estera con quella interna non è così facile.

Nemmeno il Brasile se la passerà più molto bene, mentre l’economia giapponese è scomparsa dai radar». L’ideologia è nemica dell’analisi, e qui il millenarismo “comunistambientalista” mostra il suo fianco più debole. In Cina «sostituire la domanda estera con quella interna non è così facile»? Davvero? E perché? In fondo il ricchissimo Partito comunista cinese potrebbe semplicemente aprire i forzieri e tirare fuori dal Medioevo agricolo mezzo miliardo di persone. Ma non lo fa. Preferisce continuare ad affamare il suo popolo mentre attira sul suo territorio tutte le fabbriche del pianeta. È ipotizzabile che non lo faccia perché la “classe media” ha la pessima abitudine di chiedere libertà e diritti? La Cina (intesa anche nell’accezione più ampia di Bric) è lo snodo fondamentale dell’analisi della crisi.

Da 20 anni l’occidente perde fabbriche, produzioni, occupazione, valore aggiunto. Ha retto indebitandosi. Ora crolla. Chi più (Grecia ecc), chi meno (Germania, per l’appunto). Ma i “compagni” cinesi si possono criticare? Che l’economia giapponese (la terza al mondo) sia scomparsa dal radar, poi, indica chiaramente che il problema è più nel radar che nel Giappone. E che sia un problema di “strumenti” lo conferma il fatto che secondo Viale l’Italia dovrebbe passare il suo tempo a discutere del suo “default”. Chiunque abbia dimestichezza con i mercati sa che nello stesso momento in cui il fallimento divenisse argomento di discussione pubblica/politica esso avverrebbe all’istante per la fuga dei capitali causata dalla discussione. Che “fallire” sia “bello” e liberatorio è uno degli argomenti latenti (neanche troppo) di vari millenaristi. Nessuno dei quali ha mai vissuto in un paese molto indebitato, popoloso, durante un fallimento.

Eppure basterebbe chiedere a qualche amico argentino (piuttosto che a un islandese) che effetto fa andare in banca a ritirare i propri risparmi e trovarla chiusa. Definitivamente. Oppure rimanere disoccupati per anni perché fabbriche e uffici chiudono a grappolo. Troppo forte l’attrazione verso l’Arcadia perché un millenarista riesca a immaginare l’Italia mentre saltano gli stipendi dei dipendenti pubblici (medici, insegnanti, esercito e polizia), le pensioni... Dai sogni alla realtà. Non è certo semplice trovare conforto, ispirazione, nelle parole della Merkel e/o di Sarkozy. È assai modesta, per non dire mediocre, la guida politica del cuore d’Europa, che rimane l’asse Parigi-Berlino. Eppure forse dovremmo disprezzare meno la pragmatica, seppur mediocre, flemma con la quale l’Ue spinge sul pedale dell’unificazione, creando strutture sempre più collegiali.

E magari addirittura apprezzare il fatto che quella schiera di burocrati che viaggiano tra Bruxelles, Strasburgo e Francoforte sta sostenendo “in toto” 27 milioni di cittadini europei. E che Italia e Spagna devono la loro tenuta “sistemica” ai copiosi acquisti di titoli pubblici eseguiti ogni giorno dalla tanto deprecata Bce. Questo, senza perdere di vista il fatto che questa criticabile Europa è intrappolata nel mito contabile dell’austerità, e non ha ancora deciso di puntare sulla sostenibilità (ambientale e sociale). E che tuttavia nel frattempo procede a creare la cassa comune (Efsf) che la porterà rapidamente verso l’indebitamento comunitario e solidale. È difficile e contraddittorio questo processo di integrazione coatta che la crisi sta determinando. Ma è qui che si decide il futuro del welfare state. Perché, cari millenaristi, non si vive di soli Gas.
http://www.terranews.it/news/2011/08/ecologia-dell%E2%80%99apocalisse-nuovi-millenaristi-all%E2%80%99attacco

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