“A Latina chiediamo al Pd i manifesti che pagavano loro
Rispondono che sono tutti presi dal centrodestra
di Luca Telese
“Emma non voleva vincere ”, scrive su La Stampa Guido Ceronetti.
E siccome a dirlo è un fine editorialista, che è anche uno storico amico dei Radicali, la domanda non è peregrina, e accende i riflettori su un piccolo giallo elettorale: la sconfitta inspiegabile di Emma Bonino, dopo la cancellazione della lista del Pdl. Il rigore sbagliato a porta vuota.
Un giallo elettorale. Dal giorno successivo alla notte dello spoglio all’ultimo voto, quei 50 mila di distacco sono già oggetto di leggenda, il perno di alcune domande ricorrenti.
Era il Pd che voleva perdere?
O erano i Radicali che non volevano vincere? O è stato tutto il centrosinistra che - per motivi diversi - ha fatto “desistenza” contro i proclami di Bagnasco, per non entrare in conflitto con le gerarchie ecclesiastiche?
Entri nella storica sede del Partito radicale per cercare risposte e resti stupito.
Nell’ingresso, un tempo popolatissimo, non ci sono più le efficienti centraliniste che un tempo accoglievano i visitatori. Nel salone che è stato il campo di Marte di cento battaglie non c’è nessuno, luci spente. Sergio Stanzani, in stampelle, si aggira nei corridoi: “Devo essere sincero. Sono affranto”. Unica presenza agguerrita: quella di Valeria Manieri, giovane giornalista brillante voce di R a d i o ra d i c a l e , candidata “di servizio”: “Ho preso 300 voti, amici e parenti.
Ma è stata una débâcle anche per chi avrebbe dovuto trainare le liste. Perché abbiamo perso?
Vorrei capirlo pure io. Andiamo da Marco”, mi dice.
E così, percorrendo il dedalo dei corridoi, si arriva all’ultima stanza, quella dell’eterno leader nonviolento. Lui c’è, come sempre. Sigaro toscano, codino di capelli raccolto sulla schiena con un nastrino. Pannella è il Kurtz di Apocalypse
N ow radicale, ma nulla può demoralizzarlo.
Sentire per credere:
“Abbiamo perso? Certo.
Ma la sconfitta nel Lazio si associa a una bellissima vittoria a Roma, perché nessuno lo scrive?
L’avevo detto, ai nostri compagni confusi del Pd: dobbiamo fare un manifesto con una scritta cubitale: ‘Gra z i e Roma’!”. E loro? “Non hanno voluto, capisci? Dicono che a Roma non ci avrebbero capito, e che in provincia si sarebbero risentiti. Ma si può?”. Scrive Ceronetti, con il suo piglio visionario, ma anche con la capacità analistica di un retroscenista di Montecitorio: “Emma sapeva che avrebbe perso. Voleva correre senza mirare al traguardo.
Questa è la follia radicale.
Ai suoi vertici (Pannella per primo) è un principio dottrinale segreto”.
“Campagna sbagliata”. L’interessato è spiazzante, come sempre, allarga un sorriso dei suoi, sgrana gli occhi celesti:
“Il pezzo di Ceronetti è fantastico, sublime!”. Ma come? Dice che volevate perdere!
“Quella è una licenza poetica.
Però è vero che abbiamo sbagliato campagna”. Metto in riga su un quaderno gli elementi a favore della tesi Ceronetti. Il digiuno in campagna elettorale (“Si è diminuita le forze per ridurre la sua possibilità di vince re ”). E poi la rarefazione degli impegni in provincia (in tutta l’agenda, ancora su Internet, fuori Roma ci sono solo un giro in provincia di Frosinone, una tappa ai Castelli e una a Guidonia).
Altri elementi: nell’ultimo mese Emma dice no agli inviti in diversi talk-show (Tetr is, L’ultima parola); e poi nei temi cardine prevalevano i chiodi di politica generale, gli appelli al voto dei vip (Vasco Rossi) era no per la lista Bonino e non per la coalizione). Dulcis in fundo: la Bonino era candidata contro il centrosinistra in Lombardia.
Come farlo accettare agli elettori del Pd? Pannella ti guarda negli occhi e ti spiazza ancora una volta: “E’ il contrario di quello che dici. Emma avrebbe dovuto essere ancora più radicale.
E ancora più nazionale.
Avrebbe dovuto andare a comiziale in piazza del Duomo a Milano due, tre volte, creare lo scandalo, catalizzare l’attenzione e il dibattito sulla sua diversità, puntare tutto sui temi della laicità”. Per vincere, o per portare voti alle liste radicali?
Pannella sogghigna e allarga le mani: “Entrambe le cose”.
E le invettive di Bagnasco?
“Mavalà... Conta il Vaticano a Roma? E allora spiegatemi dati alla mano, perché vinciamo in diciotto municipi! Ci hanno fatto guadagnare voti, non ce li hanno mica tolti!”. Nella stanza entra Rita Bernardini, segretaria dal piglio pragmatico:
“Venite a chiedere a noi se non volevamo vincere? Chiedete a quelli del Pd che sono fermi alla cultura del manifesto... Noi gli segnalavamo l’alluvione di Berlusconi in tv, nell’ultima settimana, e loro ci rispondevano che non conta”.
Manifesti non prenotati. Ma poi, parlando con la Manieri si scopre che persino sui manifesti il centrosinistra era indietro:
“Nella prima fase ho seguito la questione delle affissioni.
Chiamiamo quelli del Pd per chiedergli dei 6X3, che pagavano loro, a Latina. Sai cosa ci r ispondono?”. Cosa? “Che non
ce n’era più libero nemmeno uno. Tutti presi dal centrodestra ”. Indizio decisivo. L’assassino è il partito di Bersani? Molto probabilmente il centrosinistra dava già per scontata la sconfitta, e solo il gesto eroico del “radicale ignoto”, Diego Sabatinelli, aveva riaperto la partita. E qui Pannella ulula: “Magari! Magari! Quelli purtroppo sono pippe! Delle grandissime pippe”.
Come nei gialli di Agatha Cristie, cerchi un colpevole, e ne trovi più d’uno.
Coalizione demotivata, le eterne divergenze sulla linea tra Marco ed Emma, le guerre di preferenze tra candidati coscioniani e non coscioniani.
Torno a provocare Pannella: “Non mi hai convinto, la tesi Ceronetti è sensata”.
L’ultimo sorriso è sarcastico: “Come al solito non capisci nulla. Per noi l’unico modo per vincere è vincere da radicali”.
Il fatto quotidiano 3 aprile 2010
sabato 3 aprile 2010
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