sabato 1 aprile 2023

Il Fatto di domani. Condono, Pnrr, codice degli appalti e migranti: il Colle convoca Meloni. Fosse Ardeatine, sparata di La Russa su via Rasella

 tratto da https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/il-fatto-di-domani-del-31-marzo-2023/

MELONI SALE AL QUIRINALE. LA RUSSA, IL PRESIDENTE NOSTALGICO CONTRO I PARTIGIANI DI VIA RASELLA. Il presidente del Senato Ignazio La Russa rifiuta un profilo super partes, ma stavolta ha valicato i confini del revisionismo storico. Per la seconda carica dello Stato l’attentato antifascista di via Rasella a Roma, il 23 marzo 1944, “non è stato una delle pagine più gloriose della Resistenza partigiana: hanno ammazzato una banda musicale di altoatesini”. La bomba piazzata dai Gap (Gruppi armati partigiani) costò la vita di 33 persone. I nazisti, per rappresaglia, uccisero 335 civili – scelti tra i partigiani già incarcerati – nell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Ma La Russa non accenna alla brutalità della vendetta tedesca e lancia strali solo sugli antifascisti, collezionando almeno un paio di falsi storici. Il primo: le 33 vittime di via Rasella non erano affatto “una banda musicale di altoatesini”, come sostiene il politico meloniano, bensì un battaglione inquadrato nella polizia nazista (le famigerate Ss). Per la precisione, i Gap decimarono il terzo battaglione del Polizeiregiment Bozen, formato da reclute arruolate con la forza in Alto Adige. Secondo falso: La Russa sostiene che fossero tutti “semi pensionati”, ma il più anziano delle vittime aveva 42 anni. Sul Fatto di domani rinfrescheremo la memoria al presidente nostalgico, rileggendo la sentenza della Cassazione che risale al 2007. Secondo i giudici ermellini, l’attentato partigiano fu un “legittimo atto di guerra rivolto contro un esercito straniero occupante per colpire unicamente i militari”. La dichiarazione di La Russa fa rima con le parole di Meloni il giorno della ricorrenza dell’eccidio delle Fosse Ardeatine: per la premier morirono 335 “italiani”, mica antifascisti. Oggi la premier ha incontrato Mattarella al Quirinale e il colloquio è stato più lungo del previsto. Tanto da dover cancellare la trasferta a Udine per lanciare la volata del governatore Massimiliano Fedriga nelle elezioni friulane di domenica. Non è un mistero come il Colle guardi con attenzione alcuni dossier: migranti, Pnrr, Ponte sullo stretto. Il Colle non ha gradito nepure lo scudo penale inserito nel decreto bollette. Su Faceboook, Meloni ha difeso la scelta di inserire la depenalizzazione dell’omesso versamento nel provvedimento contro il caro-bollette: “È una norma che adegua alla nostra tregua fiscale le norme penali, l’opposizione dice che abbiamo introdotto un condono tributario penale, falso, noi condoni non ne facciamo”. Eppure, solo nella Manovra di Bilancio si contavano 12 sanatorie.


SUPERBONUS, IL GOVERNO TIRA DRITTO (MENTRE LA PIAZZA PREPARA LA PROTESTA). Domani scenderanno in piazza i sindacati Cgil e Uil, contro la stretta del governo sul superbonus e il nuovo codice degli appalti voluto da Matteo Salvini. Con i lavoratori del settore edile manifesteranno anche le associazioni Legambiente e Libera. La protesta andrà in scena in 5 città: Torino, Roma, Napoli, Palermo e Cagliari. A difendere uno dei provvedimenti simbolo del Movimento 5 stelle, nel capoluogo piemontese ci sarà una delegazione del Partito democratico, con la capogruppo Chiara Braga e la vicepresidente Chiara Gribaudo. Giorgia Meloni però tira dritto, picconando il superbonus in un’intervista al Piccolo di Trieste: “Un abuso o una truffa a danno dei contribuenti onesti che ora si ritrovano sulle spalle un fardello di 2.000 euro a testa”. Una bufala già rilanciata da Meloni il 21 febbraio scorso. Basta dividere il costo della misura – 120 miliardi – per le tasche di 60 milioni di italiani. Peccato che non si tengano in conto i benefici per l’occupazione e la crescita del prodotto interno lordo. Dopo lo stop allo sconto in fattura e alla cessione dei crediti fiscali con il decreto del 16 febbraio, il governo sta valutando la nascita di un istituto a partecipazione diffusa (inclusa Enel X) per l’acquisto dei circa 19 miliardi di crediti incagliati. In attesa del passaggio al Senato, oggi la Camera ha approvato gli emendamenti per la conversione in legge del decreto. Le “vilette” avranno tempo fino al 30 settembre (invece del 30 giugno) per finire le ristrutturazioni col bonus al 110%. La cessione del credito sarà consentita per le famiglie con un disabile, per le case popolari, gli immobili del Terzo settore e quelli colpiti da terremoti e alluvioni. Sul Fatto di domani anticiperemo la piazza dei lavoratori edili e faremo il punto su ciò che resta del Superbonus.


TRUMP INCRIMINATO, COME CAMBIA LA CAMPAGNA PRESIDENZIALE. Per la prima volta nella storia, un ex presidente degli Stati Uniti è stato incriminato in un procedimento penale. Ieri la procura distrettuale di Manhattan, guidata dal giudice di espressione democratica Alvin Bragg, ha deciso di mandare a processo l’ex presidente e leader dei repubblicani per aver comprato nel 2016, durante la campagna presidenziale, il silenzio della ex pornostar Stormy Daniels con cui avrebbe avuto una relazione. L’indagine è durata 5 anni. I capi d’accusa saranno svelati martedì prossimo (alle 14.15, 20.15 ora italiana), durante l’udienza preliminare. Secondo fonti citate dai media Usa sarebbero una trentina, essenzialmente relativi a frodi commerciali, con pene da 1 a 4 anni. Martedì Trump dovrà costituirsi di fronte alla corte per ascoltare le contestazioni. I suoi avvocati garantiscono che lo farà spontaneamente, quindi non sarà ammanettato né arrestato (gli verranno prese le impronte digitali e scattate foto segnaletiche), ma garantiscono che non patteggerà perché è innocente. L’ex presidente agita lo spettro della persecuzione politica, i repubblicani radicali parlano di “caccia alle streghe” e si teme scoppi un altro 6 gennaio 2021, giorno dell’assalto a Capitol Hill. Il processo però non inizierà prima di mesi e in ogni caso la legge americana non esclude che Trump possa correre per un altro mandato alla Casa Bianca o addirittura essere eletto, anche in caso di condanna. I Repubblicani non hanno ancora scelto il loro candidato. La storia avrà senza dubbio un impatto, oltre a mettere alla prova le istituzioni del Paese. Sul Fatto di domani approfondiremo le ricadute politiche del caso e vedremo i rischi che Trump ne esca rafforzato. Contro di lui ci sono altre tre indagini penali, oltre a una decina di cause civili. In Georgia è alle fasi finali un’inchiesta sul tentativo di ribaltare i risultati elettorali del 2020. C’è poi l’indagine sull’assalto a Capitol Hill e quello sulla gestione dei documenti sensibili ritrovati nella sua residenza di Mar-a-Lago.


LA SATIRA NON OFFENDE: 14 ANNI DI VIGNETTE DI MANNELLI NEL NOSTRO INSERTO SPECIALE. La sua caricatura della giornalista Francesca Mannocchi e la satira sulla polemica sull’uranio impoverito sono stati al centro di polemiche, in molti casi pretestuose per mettere alla gogna le posizioni anti-belliciste di questo giornale. Sul Fatto di domani ricorderemo i 14 anni di vignette di Mannelli con una selezione delle migliori in un inserto di quattro pagine. Con un intervento del fondatore Antonio Padellaro, che ricorderà “perché la satira non offende”.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Il Garante della Privacy frena ChatGPT. Il software di intelligenza artificiale di OpenAI non potrà usare i dati degli utenti italiani finché non rispetterà la disciplina della privacy. Aperta anche un’istruttoria.

Ucraina, Lukashenko chiede la tregua, Putin archivia. Il Cremlino riferisce di aver considerato la proposta del presidente bielorusso per un cessate il fuoco in Ucraina, ma che per il momento continuerà l’offensiva contro Kiev. Russia e Bielorussia hanno confermato che le armi tattiche nucleari russe sono pronte all’uso nelle infrastrutture del Paese. Biden ha chiesto a Mosca il rilascio del giornalista del Wall Street Journal arrestato ieri.

Che c’è di Bello. Nel nostro inserto culturale del sabato parleremo di Air, film di Ben Affleck su come la Nike scelse di farsi sponsorizzare da Michael Jordan, del musical su Berlusconi in scena a Londra, del romanzo Un altro Eden del premio Pulitzer Paul Harding e dell’ultimo capitolo del ciclo di Malaussène firmato da Daniel Pennac.


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Utero in affitto, il caso dell’ex attrice e del figlio a 68 anni riaccende la polemica

di Alessia Grossi

Metti una famosa star della tv, al suo 68° compleanno, che stringe tra le braccia una neonata di pochi giorni seduta su una sedia a rotelle uscendo da una delle cliniche più famose di Miami, sulla copertina di una delle riviste di gossip più famose del Paese (Hola!). E lo scandalo, non solo il dibattito, è servito. La protagonista, del servizio, ma anche di qualsiasi conversazione della settimana in Spagna – dal Congresso dei deputati, al peggior bar del più piccolo paesino del Paese iberico – è Ana Obregon, già attrice, presentatrice, una volta famosissima, poi ritiratasi dalle luci della ribalta, sotto le quali è tornata negli ultimi anni, protagonista di un’altra storia personale, la morte del suo primo figlio, Alex, 27 anni, di cancro. Il primo figlio, sì, perché da qualche giorno la Obregon è diventata madre per la seconda volta, di una bambina avuta attraverso la gestazione per altri (Gpa), a Miami, appunto, all’età, come si diceva di 68 anni, compiuti proprio mentre aspettava l’arrivo della piccola.

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