Il puntodi Salvatore Cannavò Nel secondo giorno di guerra si registra un primo apparente stallo. Le forze russe avanzano nelle aree nord della città, ma gli Ucraini fanno saltare i ponti per rallentarne l’azione. Anche i civili vengono armati e la città sembra pronta a resistere. L’obiettivo dell’azione russa sembrerebbe quello di conquistare alcune aree strategiche del Paese e prendere Kiev o, quanto meno, garantirsi una posizione di forza sul terreno tale da costringere Zelensky a trattare. Ma il punto chiave sembra essere oggi proprio il destino del presidente ucraino. Che si dice braccato e ai leader europei in videoconferenza confessa che forse è l’ultima volta in cui “mi vedrete vivo”. Il mirino su Zelensky è confermato dalle ambigue disponibilità di Mosca alla trattativa prima avanzate, magari con una mediazione cinese, e poi ritirate. Infine, proprio Putin dichiara che la volontà di trattare è valida solo se l’Ucraina toglie di mezzo Zelensky e invita l’esercito ucraino a prendere il potere. Nel giorno più nero dell’ex comico ucraino colpisce la polemica che lo contrappone all’italiano Mario Draghi. Il presidente del Consiglio intervenendo alla Camera dice che aveva fissato un appuntamento telefonico con il presidente ucraino “ma non è stato possibile, poi, fare la telefonata, perché il Presidente Zelensky non era più disponibile”. “La prossima volta cercherò di spostare l’agenda bellica” risponde Zelensky manifestando tutta la sua amarezza per il modo in cui Europa e Stati Uniti stanno lasciando solo il suo Paese. Una solidarietà fragile che si riflette sulla scarsa unità nel fronte delle sanzioni: al momento in cui scriviamo, infatti, l’unica cosa chiara è che la Russia sarà esclusa dall’Eurosong. Nella politica italiana, intanto, dopo aver manifestato contro la guerra giovedì, Enrico Letta propone di inviare armi all’Ucraina, scavalcando la Costituzione. Sabato, invece, si terranno le manifestazioni pacifiste: a Roma quella più importante indetta da Cgil e Anpi.
L’ASSEDIO DI KIEV: I RUSSI NELLA CAPITALE, GLI UCRAINI RESISTONO. Nel secondo giorno di offensiva i carri armati russi sono entrati a Kiev da nord, ma l’esercito ucraino continua a resistere. Si combatte anche nei cieli, dove secondo gli Usa la Russia è lontana dall’avere il predominio. A Kiev, il sindaco ha invitato gli abitanti a fare scorta di acqua e cibo. Il presidente Zelensky ha arruolato tutti i cittadini maschi abili vietando loro di lasciare il Paese. I russi hanno preso il controllo dei due aeroporti nei pressi di Kiev, mentre anche in altre grandi città ucraine si combatte, come a Mariupol dove la battaglia è sanguinosa. Anche oggi su FQ Extra abbiamo pubblicato le cronache dal campo della nostra corrispondente a Kiev Roberta Zunini: qui tutti la playlist degli audioracconti. La Fondazione Il Fatto Quotidiano ha avviato una raccolta fondi in sostegno della ong Soleterre, che dal 2003 fornisce mezzi e medicine a due ospedali che curano i bambini malati di cancro: in poche ore abbiamo raccolto quasi 10 mila euro. L’UE CONTINUA CON LE SANZIONI, PER MOSCA SI TRATTA SOLO SENZA ZELENSKY. Mentre sul terreno continuano a volare missili ed elicotteri, per un po’ è sembrato si fosse aperto uno spiraglio di negoziati. Zelensky ha chiesto a Putin di trattare, il Cremlino ha fatto sapere di essere pronto a inviare una delegazione diplomatica a Minsk (capitale della Bielorussia). Determinante per questa svolta la telefonata, avvenuta in mattinata, tra il presidente russo e il leader cinese Xi Jinping. Pechino sta assumendo un ruolo di rilievo per sbloccare la via alla pace, ma ovviamente fa il suo gioco, come vedremo sul Fatto di domani. Più tardi, comunque, il presidente russo ha avuto modo di chiarire il suo pensiero: Putin ha definito Zelensky e i volontari mobilitati dal governo per la difesa del Paese come “una banda di drogati e nazisti” e ha chiesto all’esercito ucraino regolare di fare un golpe e destituire il presidente. Di sicuro, Mosca non intende rinunciare all’uso della forza, per ora: i colloqui con Minsk non escludono l’azione militare, dicono. Forte della situazione, Mosca minaccia: Finlandia e Svezia non devono entrare nella Nato. A ovest del fronte di guerra, l’Unione europea lavora a un terzo pacchetto di sanzioni, dopo quelle approvate ieri che sono sembrate fin troppo timide (il presidente polacco del partito popolare europeo ha dato la colpa a Germania e Italia). Si è evitato di sanzionare l’esportazione di gas (per non mettere in pericolo il fabbisogno energetico europeo) e non si è usata l’arma dell’esclusione delle banche russe dal sistema internazionale di pagamento swift. Oggi l’Ue ha minacciato di congelare gli asset economici di Putin e di Lavrov. Il consiglio d’Europa (che non è un organo dell’Ue) ha estromesso la Russia. Ma il presidente ucraino Zelensky giudica la risposta europea troppo lenta, invita gli europei che hanno “esperienza di guerra” ad andare a combattere in Ucraina. Zelensky si sente politicamente e militarmente isolato: “Ci stiamo difendendo mentre le potenze più grandi del mondo restano a guardare”, ha detto oggi rivolto al resto del mondo. DRAGHI FA INFURIARE ZELENSKY E RESUSCITA IL CARBONE. C’è stata poi una polemica diretta tra il presidente ucraino e il premier italiano. Durante la sua informativa alla Camera stamattina, Draghi ha detto che non aveva potuto parlare direttamente con Zelensky perché lui non si era presentato a un appuntamento telefonico previsto. La risposta da Kiev è stata irritata via twitter: “Stamattina stavamo combattendo, la gente moriva. La prossima volta cercherò di spostare l’agenda della guerra per parlare con #MarioDraghi all’ora stabilita”, ha scritto il presidente ucraino. Sul Fatto di domani vedremo che sotto il misunderstanding ci sono ragioni di fondo. Oggi il Consiglio dei ministri ha varato un decreto speciale sulla crisi ucraina, che prevede l’invio di 12 milioni di aiuti a Kiev e predispone la disponibilità di soldati italiani (circa 3400 uomini in totale) per rafforzare le operazioni della Nato in caso di necessità. Nella sua relazione davanti ai deputati Draghi si è soffermato chiaramente sulla questione energetica. Il settore è stato già colpito dai forti rincari degli ultimi mesi, e circa il 4o% del gas che importiamo viene dalla Russia, perciò, ha detto il premier, potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone. Il Parlamento ha applaudito (inspiegabilmente), ma vedremo sul giornale di domani che questa scelta offrirebbe ben poche soluzioni al problema, oltre a inquinare e far arretrare i piani di transizione energetica. Spiegheremo anche perché nel breve termine l’intera Unione europea non è in grado di rendersi indipendente dalle forniture di gas russo.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE Archiviazione lampo per l’esposto di Renzi. La procura di Genova ha chiesto l’archiviazione per i tre pm di Firenze che hanno indagato sul caso Open, denunciati da Matteo Renzi dopo che ne avevano chiesto il rinvio a giudizio. Per i pm genovesi, i colleghi fiorentini non hanno commesso alcun reato. Covid, la curva scende. I dati dell’Istituto superiore di sanità confermano che l’epidemia rallenta. Nelle ultime 24 ore i nuovi casi sono 40.948 e le vittime 193. Che c’è di Bello. Nell’inserto culturale del sabato parleremo dell’ultimo remake di Batman e dell’atteso film di Kenneth Branagh Belfast. E poi dei libri dello scrittore israeliano Eshkol Nevol, dell’ultimo romanzo di Amélie Nothomb e del saggio d’impatto I capitalisti del XXI secolo (fa i nomi e i cognomi).
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