Tra polveri
e fumi letali
La targa
del quartiere
Tamburi, affissa
nel 2001
da Peppino
(morto nel
2012), a destra
insieme
alla moglie
Grazie lla
GRAZIELLA,
TAMBURI (TARANTO)
Il marito di mia figlia
è morto a 39 anni
La loro bimba crede
che suo padre
sia diventato pilota,
quando passa un aereo
saluta verso il cielo
FRANCESCO CASULA
Tara nto Le luci colorate ai
balconi sono tante
e le strade del quartiere
Tamburi nel
periodo natalizio
appaiono meno buie. Persino
i fanali rossi di segnalazione
sulle imponenti ciminiere
dell’Ilva sembrano parti lontane
di un grande addobbo.
“Non è sempre stato così, prima
dell’arrivo della fabbrica
era diverso. I tarantini venivano
qui a fare lunghe passeggiate
tra le masserie e gli ulivi
poi abbattuti per far posto allo
stabilimento, anche il primo
giorno dell’a nn o ”, racconta
Graziella. Lei, classe 1948, è
arrivata al Tamburi quando aveva
cinque anni e vive ancora
qui, tra gli sbuffi della fabbrica
e la polvere di minerale che
non le dà scampo. A pochi metri
ci sono le case delle figlie,
Sabrina e Stefania. “Abbiamo
trascorso San Silvestro insieme.
Tutti gli anni stiamo insieme,
noi sopravvissuti”.
Già, perché in due anni, Graziella
ha perso il marito e poi il
genero, entrambi operai
dell’Ilva uccisi da un tumore.
Peppino, il marito, è morto l’8
marzo 2012 per una neoplasia
polmonare: “Sono stata al cimitero,
a sistemare la sua lapide
con una stella di Natale e
la sciarpa della Juventus”.
DAL SECONDO PIANO de ll a
cappella dov’è sepolto Peppino,
uno dei primi operai ambientalisti
di Taranto, si
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