In tale contesto è evidente che, al momento della spesa, il prezzo diventi uno dei principali criteri di scelta (talvolta l’esclusivo) della maggior parte dei consumatori. Da qui nasce la tendenza, soprattutto per le industrie olearie che costruiscono i propri profitti sui grandi numeri, ad abbassare il prezzo quanto più possibile. E proprio questa tendenza, nelle scorse settimane, su denuncia dell’Agenzia delle Dogane, ha fatto scattare un’inchiesta relativa a un presunto cartello per tenere bassi i prezzi.
Al di là dell’anomalia di un cartello per abbassare i prezzianziché alzarli, è evidente che non è possibile, e non solo nell’agroalimentare, ridurre il prezzo sotto una ragionevole soglia senza sacrificare nulla alla qualità delle produzioni, al rispetto per l’ambiente e ai diritti dei lavoratori. I costi di produzione di un extravergine, quando siano rispettati tutti i parametri della qualità in tutte le fasi della filiera produttiva, dall’oliveto al frantoio, non si attestano mai sotto i 4,5-5 euro al litro. E poi c’è la bottiglia, il tappo, l’etichetta, il trasporto e il margine per la commercializzazione. Eppure sugli scaffali si vedono extravergini a prezzi ben al di sotto di questa soglia e allora sorge spontaneo il sospetto che siano stati riclassificati in modo fraudolento per poter rientrare nella categoria di maggior pregio. Questo sistema oggi produce dei paradossi per cui le difficoltà commerciali maggiori vengono incontratesoprattutto da chi è più attento alla qualità e alla tutela del paesaggio. La presenza di ulivi secolari, per esempio, conferisce un notevole pregio paesaggistico ad alcune aree turistiche di cui si avvantaggia l’intera collettività ma comporta costi di potatura e di raccolta più elevati solo per i produttori.
La politica dei prezzi bassi nell’agroalimentare spesso è giustificata dalla necessità di consentire un risparmio a chi fa la spesa in un momento di crisi economica. Una giustificazione che va, senza dubbio, rispedita al mittente. Innanzitutto perché il risparmio è veramente tale quando si spende meno scegliendo fra prodotti confrontabili tra loro e non quando si sta acquistando un prodotto che vale palesemente di meno; poi perché per un prodotto con le caratteristiche dell’olio extravergine, ciò che si risparmia in termini di esborso monetario verrà pagato con gli interessi in termini di qualità, salubrità e sostenibilità ambientale.
Vai alla petizione su Change.org “Indicare la provenienza delle olive nelle bottiglie dell’olio extravergine” http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11/25/olio-extravergine-la-filiera-che-penalizza-chi-punta-sulla-qualita/2251090/
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