mercoledì 1 luglio 2015

La miniera urbana dell'Italia I rifiuti sono una ricchezza.

Quello che sembra un controsenso diventa ancor più vero se si parla di rifiuti elettronici: il volume degli e-waste è addirittura un indicatore del potenziale industriale nell'ambito del riciclo. In altre parole, è una stima delle possibilità di accedere a risorse secondarie. http://datajournalism.blogautore.espresso.repubblica.it/2015/06/30/la-miniera-urbana-dellitalia/?ref=HEF_RULLO
Se il Vecchio Continente è uno dei maggiori produttori di rifiuti elettronici (si stima che ciascun abitante europeo ne produca 15,6 Kg all'anno), noi italiani come ci posizioniamo? L'Italia ha raggiunto gli obiettivi delle direttive europeedel 2003. Per adesso riusciamo a raccogliere 4 kg per abitante di rifiuti elettronici domestici. Ma come si vede dal confronto con gli altri stati europei, possiamo fare di più. E soprattutto dobbiamo. Secondo la nuova direttiva, entrata in vigore nel febbraio 2014, dobbiamo almeno triplicare la quantità di rifiuti elettronici raccolti.
Com'è possibile? Intanto si potrebbe evitare quello spreco di materiale che ancora gettiamo nel cassonetto tradizionale. La gente sa che le pile vanno gettate nel contenitore giallo perché lo vede per la strada. Il cellulare dismesso, lo spazzolino elettrico, il gioco elettronico di un bambino non hanno l'ingombro di una lavatrice, ed è facile farli sparire nel cestino dell'indifferenziato.
In Italia comunque le cose non vanno poi così male rispetto ad altri paesi europei. Secondo il rapporto  “E-Waste monitor 2014”  della United Nation University, l'Italia  getta meno rifiuti elettronici (1 kg/abitante) nel cassonetto rispetto ad altri paesi europei: 2.3 kg/abitante nei Paesi Bassi, 1.2 kg/abitante in Svezia, 1,4 Kg/abitante in Germania.
Ma ancora i piccoli elettrodomestici e prodotti elettronici sfuggono al sistema e, se recuperati, potrebbero contribuire a migliorare le nostre performance, come conferma il Rapporto Rifiuti RAEE 2014 ,redatto dal CdC.
5729621224980480
Clicca sull'immagine per la versione interattiva del grafico
Un altro punto della filiera che fa scappare per strade secondarie buona parte dei rifiuti elettronici è la raccolta non ufficiale. Imprese private o singoli individui possono offrirsi per raccogliere i rifiuti al di fuori del sistema di raccolta ufficiale. In questi casi, i rifiuti cannibalizzati già nel nostro paese possono essere poi esportati all'estero, anche per vie illegali, o possono essere riciclati nel nostro paese in impianti non a norma di legge e privi di tutte le strutture necessarie alla corretta gestione. La quantità di rifiuti che in Italia finisce negli impianti inadeguati è pari al 30%, un valore che supera quello di Belgio (10%), Gran Bretagna (10%) e Francia (20%).
Ma anche tra gli impianti autorizzati i servizi offerti possono presentare differenti gradi di qualità.  “L'Italia fino all'uscita del decreto 49 approvato nel 2014, mancava completamente di qualsiasi protocollo che stabilisse i requisiti di performance ambientali a un certo livello”, ha spiegato Donadio, consulente per la gestione dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE). Oggi la normativa prevede che comuni e gestori di servizi di igiene urbana si iscrivano al Centro di Coordinamento RAEE(CdC)Il Centro, istituito dai sistemi collettivi che coordinano raccolta e trattamento dei RAEE, ottimizza e coordina le attività di competenza dei sistemi collettivi a garanzia di condizioni operative omogenee. In questo modo solo chi è in grado di gestire i RAEE ha l'autorizzazione a raccoglierli. “Peccato che ai 100 – 200 impianti che lavorano con standard elevati  si affianchino fino a un migliaio di altri impianti, meno costosi ma inadeguati”, ha continuato Donadio. Di qui la necessità di inasprire i controlli nella fase di trattamento dei rifiuti. “I costi superiori di gestione degli impianti con tecnologie all'avanguardia sono ripagati da performance ambientali e economiche molto alte”, ha spiegato Donadio. In altre parole, tali impianti sono in grado di recuperare fino al 95% delle materie che compongono i nostri elettrodomestici e apparecchi elettronici.
Quindi in Italia c'è una concorrenza interna sleale dal punto di vista economico, nel senso che ci sono soggetti non adeguati che offrono un servizio incompleto di recupero di scarsa qualità a prezzi bassi.
Proprio per contrastare le leggi del mercato, che si sa va sempre dove i prezzi sono più bassi, è stato siglato un accordo nel febbraio 2015. L'accordo ha introdotto maggiori corrispettivi per  i sottoscrittori del CdC RAEE, con premi più alti che si avvicinano ai prezzi di mercato.  E la cosa ha funzionato: nei primi mesi del 2015 i rifiuti hanno raggiunto quota a di 92 mila tonnellate, un 4% in più rispetto al 2014, che si è chiuso con 88 mila tonnellate.
Però tanto ha fatto anche la corretta informazione e la cultura del riciclo, che comunque ha la possibilità di ampliarsi  ancora. “Ad esempio, sarebbe importante che si diffondesse la pratica dell'uno contro uno quando andiamo a comprare un oggetto nuovo”, ha detto Donadio. Cioè i commercianti dovrebbero prendersi carico di raccogliere il vecchio.
L'Italia poi potrebbe fare ancora di più se gli impianti e i centri di raccolta fossero distribuiti in modo più omogeneo su tutto il territorio.
Infatti, secondo il Rapporto Rifiuti RAEE 2014, la raccolta non è distribuita in maniera uniforme in tutte le zone di Italia, con forte penalizzazione del sud.  Secondo alcune stime 15 milioni di italiani vive in zone dove manca completamente un centro di raccolta comunale per i RAEE.
6682208329793536
Clicca sull'immagine per la versione interattiva della mappa
Infine la nostra capacità di raccolta dell'oggetto elettronico usato potrebbe aumentare ancora di più se recuperassimo  “il 35-65% dei rifiuti elettronici generati nel nostro paese che non sono gestiti in Italia”, ha aggiunto Donadio.
Tutte queste lacune che penalizzano il nostro sistema trovano una giustificazione nel fatto che il sistema è giovane. Un altro passo avanti verrà compiuto nel momento in cui verrà approvata la normativa che fissa standard di trattamento che imporrà controlli. Il nostro giovane sistema deve quindi crescere rapidamente per poter rientrare negli standard europei, ma la corsa verso il traguardo è iniziata.
Condividi:
  • Facebook
  • Twitter
  • Google Bookmarks
  • FriendFeed
  • LinkedIn
 
    •  

Nessun commento: