L'appalto per il risanamento della discarica di Korogocho nel 2007 era un boccone ghiotto, di cui l'ex ministro dell'Ambiente intuì le potenzialità di business. Il progetto non andò in porto e venne aperta un'inchiesta, poi archiviata. Ma che ora i magistrati romani stanno rileggendo con attenzione
Koroogho è un inferno. Chi conosce la discarica di Nairobi racconta che sulla via principale di uno dei ghetti cresciuti attorno all’invaso sono nate decine di farmacie, specializzate nel fornire medicinali contro le malattie respiratorie. Il fumo acre degli incendi rende la vitaimpossibile. Sopra volano i predatori, che osservano, girano in piccoli gruppi, si abbassano e colpiscono. Ma Korogocho, nel 2007, era un boccone ghiotto, una merce di scambio per un affare modernissimo. Certificati verdi, scambiabili sul mercato globale. Funziona così: riduco il CO2 in Africa, trasformo il beneficio per l’ambiente in pezzi di carta negoziabili, e incasso in un altro punto del pianeta, magari in una zona dove una fabbrica aumenta la produzione. Virtualizzo l’inquinamento. Corrado Clini è un vero esperto in questo campo. La sua direzione generale è sempre stata il motore potentissimo in grado di gestire progetti ambientali in tutto il mondo. Non solo in Iraq: dalla Cina all’Africa, dal Montenegro all’America Latina centinaia di progetti portano la sua firma. Il vero mago italiano della green economy. E così quando una società apparentemente sconosciuta presentò nel 2006 un progetto d’intervento su quella discarica di Nairobi, l’ex ministro - allora direttore generale - subito ne capì la potenzialità. Non perse tempo, con il piglio decisionista volò in Kenia, in pieno ferragosto, pronto a dirigere direttamente tutte le trattative. Qualcosa, però, non ha funzionato nel progetto africano di Corrado Clini oggi agli arresti domiciliari. In quella società - dal nome evocativo, Eurafrica - c’era gente che poco convinceva chi Korogocho la conosce molto bene. I missionari comboniani - guidati da padre Alex Zanotelli, prete che a Nairobi ha speso una vita fianco a fianco delle popolazioni più povere - temevano che il progetto di recupero ambientale potesse nascondere altro. Affari poco chiari. “Che bisogno c’è di uno studio di fattibilità - spiegò all’epoca padre Alex Zanotelli, durante una conferenza stampa - quando ce ne sono già almeno tre?”.
Un progetto - per i missionari - inutile, che sarebbe costato 720 mila euro. Soldi che sarebbero stati gestiti da imprenditori molto lontani dalle politiche ambientali: “In Eurafrica Kenya - proseguiva il missionario comboniano - abbiamo trovato soci rappresentanti di fabbriche di armi in Africa. Come Renzo Bernardi, conosciuto per essere il rappresentante in zona della Oto Melara, della Beretta e di altre società europee legate alla produzione di armi”.
La preoccupazione dei comboniani era anche un’altra: perché quell’affidamento era avvenuto senza gara? E da dove usciva fuori la Eurafrica, società che sembrava non avere un’esperienza specifica nel campo degli interventi ambientali?
Curiosa era anche la presenza di altri due soci del gruppo. A capo dell’impresa c’era l’avvocato Bruno Calzia, da pochi mesi consulente dell’allora ministro per le politiche agricole Paolo De Castro. Esperto ben conosciuto anche da Corrado Clini: il 12 novembre del 2007 i due facevano parte della delegazione italiana al quarto incontro mondiale dell’associazione di promozione del biodiesel (altro pallino dell’ex ministro).
L’avvocato romano una certa esperienza con i rifiuti in realtà l’aveva, tanto da essere nominato qualche anno dopo rappresentate dei soci privati (la Unendo di Francesco Colucci) nella municipalizzata Latina Ambiente, dove ancora oggi siede nel consiglio di amministrazione. In Eurafrica c’era anche un altro imprenditore, Vittorio Travaglini, grande esperto di affari africani.
I due in comune hanno un altro paese africano, la Somalia. Secondo la deposizione dell’ex corrispondente dal Kenya per il Corriere della sera Massimo Alberizzi davanti alla commissione d’inchiesta sulla cooperazione, Vittorio Travaglini - all’epoca rappresentante della Somalfruit - sarebbe stato il vero obiettivo dell’attentato contro Carmen Lasorella, che portò alla morte l’operatore della Rai Marcello Palmisano. Versione che - spiegava il giornalista - gli era stata riferita dalla moglie del signore della guerra Ali Mahdi.
Sia Travaglini che Calzia all’epoca già si conoscevano. E insieme hanno rappresentato - nel 2006 - il ministero italiano per le politiche agricole nella conferenza di Nairobi sui cambiamenti climatici, sede dove nacque l’idea del progetto di Korogocho. In quello stesso incontro c’era anche Corrado Clini, in veste di direttore generale per il ministero dell’Ambiente.
Dopo la denuncia dei missionari comboniani il progetto venne fermato dall’allora ministro per l’Ambiente Pecoraro Scanio. La Procura di Roma aprì un’inchiesta che coinvolse anche l’ex ministro. Tutto archiviato dopo pochi mesi, su richiesta del pm Maria Cordova. Con l’arresto di Clini ora quel dossier è uno dei tanti progetti che la magistratura romana - secondo alcune indiscrezioni - sta rileggendo con attenzione.
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