Dopo i pesticidi il clima che cambia è uno dei maggiori pericoli per la sopravvivenza delle api e altri impollinatori. Fino al 5 aprile è possibile partecipare alla consultazione pubblica della Commissione Europea per chiedere maggiori impegni per la tutela degli impollinatori.
Qui la pagnia della Campagna #beesafe con tutte le informazioni su come mobilitarsi per la consultazione pubblica della Commissione UE
Una delle spie degli effetti negativi dei cambiamenti climatici e ...
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Dopo i pesticidi il clima che cambia è uno dei maggiori pericoli per la sopravvivenza delle api e altri impollinatori. Fino al 5 aprile è possibile partecipare alla consultazione pubblica della Commissione Europea per chiedere maggiori impegni per la tutela degli impollinatori.
Qui la pagnia della Campagna #beesafe con tutte le informazioni su come mobilitarsi per la consultazione pubblica della Commissione UE
Una delle spie degli effetti negativi dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale è la drammatica diminuzione delle api domestiche e selvatiche. Dopo l’uso massiccio dei pesticidi i cambiamenti climatici rappresentano una delle maggiori minacce per gli impollinatori, da cui dipende oltre il 70% della produzione agricola per la nostra alimentazione.
Un primo segnale arriva dalla produzione di miele. Secondo i dati forniti da dagli apicoltori italiani dell’Unaapi la produzione di miele, a causa della siccità del 2017, è calata del 80%. Proprio per le conseguenze della siccità, infatti, i fiori non secernono più nettare e polline e le api, in sofferenza per il clima anomalo, non solo non producono miele, ma rischiano di non riuscire a fornire il loro determinante servizio di impollinazione alle colture agricole. Il ruolo fondamentale svolto dagli impollinatori viene riconosciuto anche nel secondo Rapporto sul Capitale Naturale in Italia (presentato a febbraio del 2018) che ha dedicato un capitolo al servizio ecosistemico dell’impollinazione.
La relazione tra il cambiamento climatico e il rischio per api e impollinatori è stata analizzata in una “Ricerca su possibili influenze dei fenomeni climatici e ambientali quali fattori determinanti l’assottigliamento delle popolazioni apistiche mondiali”, del Centro Ricerche di Bioclimatologia dell’Università di Milano , che ha analizzato le osservazioni meteorologiche dal 1880 e le osservazioni satellitari dal 1978, ha confermato l’impatto dei cambiamenti climatici sulle popolazioni di api domestiche e selvatiche. I risultati della ricerca coincidono con le conclusioni riportate nel 2011 dalla rivista “Good” ovvero che l’aumento della temperatura del pianeta incide negativamente sulla salute delle api e quindi sul servizio ecosistemico dell’impollinazione. A rischio però sarebbe anche la produzione di miele, che secondo i ricercatori dell’Università di Milano rischia di scomparire da qui a 100 anni.
La minore durata della stagione invernale, con temperature medie sempre più alte e con picchi decisamente anomali, ha innescato un probabile allungarsi della finestra di attività delle api, ipotizzabile in 20-30 giorni di lavoro in più l’anno. Secondo i ricercatori dell’Università di Milano l’inverno più corto e più caldo determinerebbe uno stress aggiuntivo per le api e comprometterebbe la loro salute. Lo stesso sincronismo tra la fase della fioritura e la ripresa delle attività di volo delle api dopo l’inverno potrebbe aver subito importanti sfasature. Una seconda conclusione della ricerca dell’Università di Milano riguarda l'evidenza che il ciclo vitale delle api, durante il periodo invernale, tende a bloccare le covate.
Il cambiamento climatico contribuisce così al fenomeno della moria delle api in modo determinante, secondo solo agli effetti letali dei pesticidi, in particolare gli insetticidi neonicotinoidi condannati senza appello da una recente valutazione dell’EFSA, l’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare.
*** Approfondimenti ***
Gli apicoltori in Italia. Gli apicoltori censiti in Italia sono oltre 45.000 e di questi sono 20.000 i produttori che detengono l’80% del patrimonio apistico nazionale, pari a 1,2 milioni di alveari sparsi nelle campagne italiane. Gli apicoltori hanno da tempo lanciato l’allarme per la drastica riduzione del numero e della produttività degli alveari. I cambiamenti climatici, insieme alle pratiche agricole intensive che richiedono l’utilizzo di pesticidi pericolosi per le api e gli altri impollinatori, mettono in pericolo questo inestimabile patrimonio dell’agricoltura italiana sottoposto ad attento monitoraggio da parte del Ministero delle Politiche Agricole con il progetto “BeeNet” la Rete nazionale di monitoraggio degli alveari realizzato nell’ambito del Programma della Rete Rurale Nazionale. La rete di monitoraggio degli alveari è costituita da moduli di rilevamento ognuno dei quali è composto da 5 postazioni localizzate in siti geografici rappresentativi dei vari contesti agronomici e ambientali del territorio italiano. Le postazioni sono composte da 10 alveari. L'obiettivo della rete di monitoraggio è la sistematica raccolta d'informazioni sullo stato di salute delle famiglie di api tramite rilievi apistico-ambientali e prelievi di campioni di varie matrici (api morte, api vive, covata, miele, cera, polline, ecc.) da sottoporre ad analisi di laboratorio. Mentre è attivo un monitoraggio sulle api domestiche, per il loro interesse economico diretto, nulla sappiamo sulla perdita delle popolazioni degli imenotteri selvatici che attraverso l’impollinazione sostengono l’intera agricoltura nei nostri territori.
Il valore dell'impollinazione in Italia. Il secondo Rapporto sul Capitale Naturale in Italia, presentato dal Ministero dell’Ambiente nel mese di febbraio 2018 dedica un capitolo al servizio ecosistemico dell’impollinazione, riportando i dati delle ultime ricerche realizzate nel nostro paese per una sua quantificazione economica. Nel 2012 il valore della produzione agricola di mele, pere e pesche è stata di 473,48 Milioni di euro, è stato valutato in 56,96 Milioni di euro il valore economico dipendente direttamente dall’impollinazione per il settore mele, pere e pesche. In definitiva, il servizio ecosistemico d’impollinazione contribuisce a circa il 12% (56,96/473,48) del valore della produzione agricola del settore preso in esame.
Una rete a difesa degli impollinatori. A livello internazionale l’IPBES (un panel di scienziati di 124 paesi che studia la perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemici a livello globale per conto della Convenzione Internazionale sulla Diversità Biologica) ha prodotto nel 2016 un primo rapporto sulla perdita della biodiversità degli impollinatori. Dalla ricerca dell’IPBES risulta che il 16% degli insetti impollinatori selvatici a livello mondiale è a serio rischio di estinzione, in particolare il 40% delle specie di api selvatiche e farfalle risultano essere a rischio. Dopo la presentazione del rapporto dell’IPBES si è formata a livello internazionale la coalizione dei volenterosi per la protezione gli impollinatori, costituito da un numero crescente di Governi del mondo, ispirata dalla convinzione dell’urgenza di una azione in rete per promuovere la tutela del servizio ecosistemico dell’impollinazione.
Qui la pagnia della Campagna #beesafe con tutte le informazioni su come mobilitarsi per la consultazione pubblica della Commissione UE
Una delle spie degli effetti negativi dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale è la drammatica diminuzione delle api domestiche e selvatiche. Dopo l’uso massiccio dei pesticidi i cambiamenti climatici rappresentano una delle maggiori minacce per gli impollinatori, da cui dipende oltre il 70% della produzione agricola per la nostra alimentazione.
Un primo segnale arriva dalla produzione di miele. Secondo i dati forniti da dagli apicoltori italiani dell’Unaapi la produzione di miele, a causa della siccità del 2017, è calata del 80%. Proprio per le conseguenze della siccità, infatti, i fiori non secernono più nettare e polline e le api, in sofferenza per il clima anomalo, non solo non producono miele, ma rischiano di non riuscire a fornire il loro determinante servizio di impollinazione alle colture agricole. Il ruolo fondamentale svolto dagli impollinatori viene riconosciuto anche nel secondo Rapporto sul Capitale Naturale in Italia (presentato a febbraio del 2018) che ha dedicato un capitolo al servizio ecosistemico dell’impollinazione.
La relazione tra il cambiamento climatico e il rischio per api e impollinatori è stata analizzata in una “Ricerca su possibili influenze dei fenomeni climatici e ambientali quali fattori determinanti l’assottigliamento delle popolazioni apistiche mondiali”, del Centro Ricerche di Bioclimatologia dell’Università di Milano , che ha analizzato le osservazioni meteorologiche dal 1880 e le osservazioni satellitari dal 1978, ha confermato l’impatto dei cambiamenti climatici sulle popolazioni di api domestiche e selvatiche. I risultati della ricerca coincidono con le conclusioni riportate nel 2011 dalla rivista “Good” ovvero che l’aumento della temperatura del pianeta incide negativamente sulla salute delle api e quindi sul servizio ecosistemico dell’impollinazione. A rischio però sarebbe anche la produzione di miele, che secondo i ricercatori dell’Università di Milano rischia di scomparire da qui a 100 anni.
La minore durata della stagione invernale, con temperature medie sempre più alte e con picchi decisamente anomali, ha innescato un probabile allungarsi della finestra di attività delle api, ipotizzabile in 20-30 giorni di lavoro in più l’anno. Secondo i ricercatori dell’Università di Milano l’inverno più corto e più caldo determinerebbe uno stress aggiuntivo per le api e comprometterebbe la loro salute. Lo stesso sincronismo tra la fase della fioritura e la ripresa delle attività di volo delle api dopo l’inverno potrebbe aver subito importanti sfasature. Una seconda conclusione della ricerca dell’Università di Milano riguarda l'evidenza che il ciclo vitale delle api, durante il periodo invernale, tende a bloccare le covate.
Il cambiamento climatico contribuisce così al fenomeno della moria delle api in modo determinante, secondo solo agli effetti letali dei pesticidi, in particolare gli insetticidi neonicotinoidi condannati senza appello da una recente valutazione dell’EFSA, l’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare.
*** Approfondimenti ***
Gli apicoltori in Italia. Gli apicoltori censiti in Italia sono oltre 45.000 e di questi sono 20.000 i produttori che detengono l’80% del patrimonio apistico nazionale, pari a 1,2 milioni di alveari sparsi nelle campagne italiane. Gli apicoltori hanno da tempo lanciato l’allarme per la drastica riduzione del numero e della produttività degli alveari. I cambiamenti climatici, insieme alle pratiche agricole intensive che richiedono l’utilizzo di pesticidi pericolosi per le api e gli altri impollinatori, mettono in pericolo questo inestimabile patrimonio dell’agricoltura italiana sottoposto ad attento monitoraggio da parte del Ministero delle Politiche Agricole con il progetto “BeeNet” la Rete nazionale di monitoraggio degli alveari realizzato nell’ambito del Programma della Rete Rurale Nazionale. La rete di monitoraggio degli alveari è costituita da moduli di rilevamento ognuno dei quali è composto da 5 postazioni localizzate in siti geografici rappresentativi dei vari contesti agronomici e ambientali del territorio italiano. Le postazioni sono composte da 10 alveari. L'obiettivo della rete di monitoraggio è la sistematica raccolta d'informazioni sullo stato di salute delle famiglie di api tramite rilievi apistico-ambientali e prelievi di campioni di varie matrici (api morte, api vive, covata, miele, cera, polline, ecc.) da sottoporre ad analisi di laboratorio. Mentre è attivo un monitoraggio sulle api domestiche, per il loro interesse economico diretto, nulla sappiamo sulla perdita delle popolazioni degli imenotteri selvatici che attraverso l’impollinazione sostengono l’intera agricoltura nei nostri territori.
Il valore dell'impollinazione in Italia. Il secondo Rapporto sul Capitale Naturale in Italia, presentato dal Ministero dell’Ambiente nel mese di febbraio 2018 dedica un capitolo al servizio ecosistemico dell’impollinazione, riportando i dati delle ultime ricerche realizzate nel nostro paese per una sua quantificazione economica. Nel 2012 il valore della produzione agricola di mele, pere e pesche è stata di 473,48 Milioni di euro, è stato valutato in 56,96 Milioni di euro il valore economico dipendente direttamente dall’impollinazione per il settore mele, pere e pesche. In definitiva, il servizio ecosistemico d’impollinazione contribuisce a circa il 12% (56,96/473,48) del valore della produzione agricola del settore preso in esame.
Una rete a difesa degli impollinatori. A livello internazionale l’IPBES (un panel di scienziati di 124 paesi che studia la perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemici a livello globale per conto della Convenzione Internazionale sulla Diversità Biologica) ha prodotto nel 2016 un primo rapporto sulla perdita della biodiversità degli impollinatori. Dalla ricerca dell’IPBES risulta che il 16% degli insetti impollinatori selvatici a livello mondiale è a serio rischio di estinzione, in particolare il 40% delle specie di api selvatiche e farfalle risultano essere a rischio. Dopo la presentazione del rapporto dell’IPBES si è formata a livello internazionale la coalizione dei volenterosi per la protezione gli impollinatori, costituito da un numero crescente di Governi del mondo, ispirata dalla convinzione dell’urgenza di una azione in rete per promuovere la tutela del servizio ecosistemico dell’impollinazione.
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