martedì 23 maggio 2017

86 I miliardi nel cassonetto: chi vince e chi perde nel grande business dei rifiuti Un giro d’affari di 11 miliardi: i profitti tutti al Nord e all’estero, dove arrivano centinaia di treni e camion dalle regioni del Centrosud rimaste gravemente indietro, che non possono fare altro che imporre tasse più alte

di DANIELE AUTIERI
rifiuti: chi vince (gli speculatori con o senza scrupoli), chi perde (l'intelligenza, i cittadini, l'ambiente, la salute, le amministrazioni comunali incapaci) 86
I miliardi nel cassonetto: chi vince e chi perde nel grande business dei rifiuti
Un giro d’affari di 11 miliardi: i profitti tutti al Nord e all’estero, dove arrivano centinaia di treni e camion dalle regioni del Centrosud rimaste gravemente indietro, che non possono fare altro che imporre tasse più alte
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di DANIELE AUTIERI 
"Segui i camion". L'indicazione che arriva da un alto dirigente del ministero dell'Ambiente per capire chi fa affari con i rifiuti è semplice: "Segui i camion, e scoprirai uno dei più grandi trasferimenti di ricchezza del nostro Paese". Così, mentre i cassonetti di Roma esplodono e tante regioni convivono da anni con l'emergenza rifiuti, altri hanno saputo trasformare i problemi in opportunità, indirizzando le risorse economiche che si muovono insieme alla "monnezza", vengono idealmente caricate sui camion o sui treni nelle regioni del Centro o del Sud e finiscono lontano.

Per la precisione, finiscono nelle casse di aziende private o di municipalizzate pubbliche del Nord, ma anche in Austria dove arrivano da Roma ben tre treni merci ogni notte. A monte il business dei rifiuti urbani: 11 miliardi di euro all'anno, di cui 5 spesi per sostenere i costi del personale dei 100mila lavoratori del settore; 2 miliardi di costi operativi di gestione (camion, officine, attrezzi, ecc.); e 400 milioni di investimenti per la manutenzione e il rinnovo delle flotte. Quello che rimane, oltre 3 miliardi l'anno, è il business puro, ossia il costo sostenuto per smaltire e trattare i rifiuti. Sono questi i denari che prendono la strada del Nord, molto più attrezzato del Centro e del Sud e disposto ad accogliere camion e treni che arrivano dalle grandi città, Roma e Napoli su tutte.

Il viaggio della riciclata 
Il futuro è nel riciclo. Lo
chiede l'Unione europea e lo certificano gli studi. L'ultimo, realizzato dall'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) calcola che la quota di raccolta differenziata sul totale ha raggiunto il 47,5%. All'interno della differenziata, l'organico è la parte che è cresciuta maggiormente, passando da 2,7 a 5,7 milioni di tonnellate raccolte ogni anno. Un ricco business per chi ha deciso di investire negli impianti di compostaggio (quelli che trattano l'organico e lo trasformano in concime).

In Italia ce ne sono 263, per la maggioranza al Nord. Il Friuli Venezia Giulia ha sviluppato un enorme impianto a Pordenone in grado di gestire 350.000 tonnellate l'anno, una quantità superiore a quella prodotta dall'intera regione. L'impianto non serve per smaltire la produzione regionale, ma per fare business e infatti 150.000 tonnellate di organico arrivano ogni anno dal Lazio, con un costo di 80 euro a tonnellata, più alto rispetto ai 50 euro richiesti per trattare i rifiuti friulani. L'impianto è gestito dalla veneziana Bioman (società controllata da privati) che ha chiuso il 2015 (ultimo bilancio depositato) con un valore della produzione pari a 35 milioni di euro e utili per 4,5 milioni.

Nei territori dove opera la Bioman, ossia tra Treviso e Pordenone, la differenziata raggiunge addirittura l'80%. Nello stesso mercato è attiva la Sesa di Padova, collegata alla Bioman attraverso la partecipazione azionaria della Finam spa, ma controllata - in questo caso - al 51% dal Comune di Este. Il suo valore della produzione raggiunge gli 89 milioni di euro, con un utile di 7,8 milioni. La Sesa gestisce l'impianto di Padova (400.000 tonnellate l'anno), dove arrivano 100.000 tonnellate dalla Campania.

La "monnezza" brucia 
Il sistema si ripete con i termovalorizzatori, dove vengono inceneriti sia gli indifferenziati che i rifiuti secchi provenienti dai Tmb, gli impianti di trattamento meccanico-biologico che separano e lavorano l'umido mandandolo in discarica dal secco che finisce appunto nei termovalorizzatori. L'Ispra calcola che in Italia nel 2015 sono stati trattati in questi impianti 5,5 milioni di tonnellate di rifiuti. Di questi, 3 milioni sono stati gestiti dagli impianti presenti in due sole regioni: Lombardia ed Emilia Romagna. E il 30% della quantità di rifiuti che arriva nei 13 termovalorizzatori lombardi e negli 8 dell'Emilia proviene dal Lazio e da altre regioni del Sud. Il Lazio, ad esempio, ha un fabbisogno di incenerimento di 773mila tonnellate e una capacità di 480mila. Le 293mila tonnellate che rimangono vengono spedite fuori dalla regione. Ogni anno il costo sostenuto per smaltire al di fuori dei confini regionali i rifiuti prodotti da Lazio e Campania è pari a 120 milioni di euro. E questo nonostante il più grande termovalorizzatore in Italia sia ad Acerra. L'impianto incenerisce 714.000 tonnellate all'anno e garantisce ricavi medi pari a 80 milioni di euro. Denari che finiscono in parte al Nord, perché la gestione dell'impianto è stata affidata dalla Regione Campania ad A2A, la multiutility da 5 miliardi di fatturato controllata al 50% dai comuni di Milano e Brescia.

Fare affari con la plastica
Pochi lo sanno, ma ad ogni bottiglietta d'acqua o ad ogni lattina acquistata si paga un balzello invisibile di nome Cac (Contributo ambientale Conai), istituito nel 1997 dal decreto Ronchi. Questa eco-tassa, che nasce per sostenere i comuni che fanno la raccolta differenziata, viene pagata dai cittadini, incassata dalle imprese produttrici di imballaggi e da queste versata al Conai (il Consorzio nazionale imballaggi), una realtà privata che riunisce circa un milione di operatori del settore. Il giro d'affari, anche in questo caso, è consistente. Ogni anno ballano in media 800 milioni di euro. Rispetto al totale, 300 milioni vengono restituiti ai comuni come contributi alla differenziata, 100 milioni alimentano il funzionamento e attività del Conai e 400 milioni sono destinati alla filiera dei selezionatori e recuperatori del riciclato, per l'80% società private.

La soluzione italiana ha scatenato una battaglia in seno all'Unione europea perché il pagamento della tassa da parte dei cittadini tiene salve le imprese che producono imballaggi e per questo viene considerato da molti a Bruxelles una sorta di aiuto di stato al settore. In Germania o in Olanda, ad esempio, sono le aziende private produttrici a pagare i contributi ambientali. Il risultato è che dalla crisi del 2008, quello del packaging è l'unico comparto italiano che ha continuato a crescere con una media annuale del 2,5-3%, trasformando l'Italia in uno dei leader mondiali del settore. Con il contributo prezioso dei cittadini.

Chi paga 
Che si passi dagli impianti di compostaggio agli inceneritori, dai Tmb alle discariche, considerate da molti il passato ma ancora capaci di trattare quasi 8 milioni di tonnellate di rifiuti all'anno, il grande business dei rifiuti è tenuto in piedi dai cittadini. La capacità del Nord di attrezzarsi con impianti moderni ed efficienti, in grado di gestire i rifiuti del Centro e del Sud, ha un effetto diretto sulla tassa sui rifiuti applicata dai comuni, chiamati a pagare la gestione dello smaltimento. Questo permette a Brescia di avere l'imposta più bassa d'Italia (inferiore del 35% rispetto alla media nazionale), e più in generale alle regioni attrezzate di tenere alta la forbice.

Guardando al costo medio pro capite per la gestione dei rifiuti sostenuto ogni anno dai cittadini, si passa dai 126 euro del Veneto (la regione più virtuosa) ai 286 euro della Sardegna. Nel mezzo, le regioni del Nord occupano le posizioni migliori (154 euro per la Lombardia, 148 per il Trentino, 152 per il Friuli) e quelle del centro-sud le peggiori (251 euro per il Lazio, 271 per la Calabria, 222 per l'Abruzzo). Sono questi i denari che alimentano il business dei rifiuti. Sono tanti, sono sicuri, e seguono le vie indicate dai camion.
(22 maggio 2017)


Un giro d'affari di 11 miliardi: i profitti tutti al Nord e all'estero, dove arrivano centinaia di treni e camion…
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