Domani ricorre la quarantesima giornata mondiale della pace voluta dall’allora Pontefice Paolo VI, affinché venisse condivisa da tutte le religioni, ma anche da tutte le organizzazioni “laiche”.
Che ci sia bisogno di pace, che questi 40 anni siano stati vissuti troppo pericolosamente è opinione condivisa, così come il peggioramento degli scenari locali, nazionali e mondiali.
La situazione delle singole città è una bomba ad orologeria, tra nuovi poveri, emarginati, disagiati, ma anche per il continuo afflusso di stranieri e per l’evidente aumento della violenza comune.
Quando le istituzioni decidono di far finta di non vedere spesso poco possono fare.
A livello nazionale una politica folle, non sapendo come contenere i delinquenti spesso li fa schierare l’uno contro l’altro, come nel bipolarismo che al posto dei valori ha messo delle squadre di tifo.
In quanti saprebbero dire per esempio, quali valori esprime o rappresenta l’uno o l’altra coalizione, con programma elettorale e coerenza?
A livello internazionali siamo arrivati alla follia della guerra preventiva, a dichiarare guerra in nome di vino, del petrolio e dell’acqua.
Siamo passati dall’economia, quella forza sana che produceva lavoro, diritti sociali e civili, migliori condizioni di vita all’affarismo sfrenato, alla finanza crudele, liberale e libertaria.
Le grandi ideologie sono state travolte da quella riconosciuta a livello mondiale del profitto.
Quanti domani si ricorderanno della pace che non è imporre con le armi una religione, un assetto politico, un “amico” (armato) anziché un “nemico” (forse armato), ma semplicemente condividere regole comuni affinché vi siano le necessarie condizioni di vita, quindi di dignità per tutti?
Quanti sono disposti a rinunciare al loro potere, apparire in cambio della riduzione di CO2, del diritto all’acqua potabile, alla sicurezza delle strade, anziché una guerra combattuta giornalmente?
Quanti si ricorderanno delle persone sole, malate, sofferenti?
lunedì 31 dicembre 2007
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