Agli stati generali della green economy appello in vista del summit di Parigi: "È ora di varare la fiscalità ecologica senza aumentare il carico fiscale complessivo". Hanno firmato Poste, Ferrovie dello Stato, Philips, Barilla
RIMINI - Le aziende italiane scendono in campo per la difesa del clima. Oggi alla fiera di Rimini, all'apertura degli stati generali della green economy, sarà letto l'appello preparato dalle 64 associazioni di impresa che fanno parte del Consiglio nazionale della green economy. I promotori chiedono una manovra a costo zero: eliminare l'enorme flusso di denaro pubblico che oggi premia i maggiori responsabili della minaccia climatica (510 miliardi di dollari vengono destinati a livello globale ai combustibili fossili) e introdurre una carbon tax, cioè una tassazione direttamente proporzionale alle emissioni di gas serra. In poche ore sono già arrivate le prime adesioni di peso. Hanno firmato aziende come Poste, Ferrovie dello Stato, Philips, Barilla, e aziende core green del settore energetico e del recupero dei materiali come Biochemtex, Viscolube, Montello, Landi Renzo.
È una sollecitazione che arriva proprio nel momento in cui, dopo una lunga stasi, sembra che la trattativa internazionale per la salvaguardia del clima stia ripartendo. Prima di dare un giudizio bisognerà naturalmente attendere l'esito della conferenza delle Nazioni Unite che si terrà a dicembre a Parigi, ma sono già arrivati importanti segnali di cambiamento.
Da una parte gli impegni già sottoscritti da 146 paesi responsabili dell'86% delle emissioni serra: è solo un primo passo, ma consentirebbe di dimezzare il rischio abbassando l'aumento di temperatura previsto da oltre 4 gradi a circa 3 (l'obiettivo è scendere sotto i 2 gradi). Dall'altra la spaccatura nel fronte delle grandi compagnie fossili con sei multinazionali europee (da Bp a Shell, da Total a Eni), Aramco (Arabia Saudita), Pemex (Messico), Reliance (India) che chiedono di alzare le difese del pianeta facendo pagare di più i combustibili con un maggior contenuto di carbonio: in pratica un rilancio del gas per la fase di transizione a spese del carbone.
Da Ecomondo queste posizioni vengono rilanciate in Italia dalla richiesta di un pacchetto di misure. Ecco le principali. Adottare target legalmente vincolanti, in linea con l'obiettivo dei 2 gradi. Mettere in atto "seri meccanismi di controllo e sanzione e un supporto finanziario e tecnico per i paesi poveri a basse emissioni che subiscono i danni più elevati della crisi climatica". Varare una riforma della fiscalità ecologica "introducendo una carbon tax ed eliminando i sussidi dannosi per l'ambiente senza aumentare il carico fiscale complessivo". Sfruttare l'enorme potenziale di efficienza energetica in tutti i settori: edifici, trasporti, agricoltura, industria, servizi. Accelerare l'uscita dalle fonti fossili e la crescita delle fonti energetiche rinnovabili.
"Fino a pochi anni fa nessuno avrebbe creduto che un largo cartello di imprese appoggiasse una linea radicale di cambiamento della fiscalità, spostando
il peso dal lavoro all'inquinamento", commenta Raimondo Orsini, direttore della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. "Oggi è accaduto perché ormai il trend internazionale sta andando in quella direzione e arrivare prima vuol dire guadagnare competitività".
È una sollecitazione che arriva proprio nel momento in cui, dopo una lunga stasi, sembra che la trattativa internazionale per la salvaguardia del clima stia ripartendo. Prima di dare un giudizio bisognerà naturalmente attendere l'esito della conferenza delle Nazioni Unite che si terrà a dicembre a Parigi, ma sono già arrivati importanti segnali di cambiamento.
Da una parte gli impegni già sottoscritti da 146 paesi responsabili dell'86% delle emissioni serra: è solo un primo passo, ma consentirebbe di dimezzare il rischio abbassando l'aumento di temperatura previsto da oltre 4 gradi a circa 3 (l'obiettivo è scendere sotto i 2 gradi). Dall'altra la spaccatura nel fronte delle grandi compagnie fossili con sei multinazionali europee (da Bp a Shell, da Total a Eni), Aramco (Arabia Saudita), Pemex (Messico), Reliance (India) che chiedono di alzare le difese del pianeta facendo pagare di più i combustibili con un maggior contenuto di carbonio: in pratica un rilancio del gas per la fase di transizione a spese del carbone.
Da Ecomondo queste posizioni vengono rilanciate in Italia dalla richiesta di un pacchetto di misure. Ecco le principali. Adottare target legalmente vincolanti, in linea con l'obiettivo dei 2 gradi. Mettere in atto "seri meccanismi di controllo e sanzione e un supporto finanziario e tecnico per i paesi poveri a basse emissioni che subiscono i danni più elevati della crisi climatica". Varare una riforma della fiscalità ecologica "introducendo una carbon tax ed eliminando i sussidi dannosi per l'ambiente senza aumentare il carico fiscale complessivo". Sfruttare l'enorme potenziale di efficienza energetica in tutti i settori: edifici, trasporti, agricoltura, industria, servizi. Accelerare l'uscita dalle fonti fossili e la crescita delle fonti energetiche rinnovabili.
"Fino a pochi anni fa nessuno avrebbe creduto che un largo cartello di imprese appoggiasse una linea radicale di cambiamento della fiscalità, spostando
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