di
Francesca
Casula
Taranto
Potrebbero
essere i cittadini
italiani
a pagare il
risarcimento
per i danni
causati
dall’Ilva di Taranto
della
famiglia Riva. È la notizia
che
è emersa ieri nel
corso
dell’ultima udienza
celebrata,
quando i legali
della
società siderurgica, gli
avvocati
Angelo Loreto e Filippo
Sgubbi,
hanno chiesto
lo
spostamento della discussione
sulla
richiesta di rinvio
a
giudizio in attesa che il
Ministero
dello Sviluppo
economico
risponda alla richiesta
del
commissario
Pietro
Gnudi. Non una richiesta
da
niente, ma l’a utorizzazione
a
patteggiare
una
pena per l’Ilva: una
multa
da 3 milioni di euro,
l’interdizione
per 8 mesi e la
confisca
di 2 miliardi
di
euro come
profitto
del
reato.
Condizioni
che
i legali dell’I lva
di
Taranto, dopo
l’eventuale
ok
del
ministero,
vorrebbero
porre
sul
tavolo della
magistratura
ionica
per
ottenere
un
patteggiamento
della
pena per
la
società finita
nel
procedimento
dopo
l’i m p u t azione
dei
vertici
che
l’hanno guidata
negli
ultimi
anni
e che per i magistrati
hanno
causato il disastro
ambientale
e sanitario del
capoluogo
ionico. L’a z i e nda,
infatti,
è finita nell’i nchiesta
ai
sensi della legge
231
del 2001 che estende alle
persone
giuridiche la responsabilità
per
i reati commessi
dalle
persone fisiche
che
hanno operato per la società.
MA
L’ILVA ,
società in amministrazione
straordinaria,
dove
prenderebbe i soldi? I 3
milioni
della multa finirebbero
nella
massa passiva del
fallimento
Ilva e rappresenterebbero
un
credito privilegiato.
Più
del Tfr degli
operai
della fabbrica. Ma ciò
che
appare ancora più assurdo
è
che lo Stato che oggi
controlla
Ilva dovrebbe pagare
una
multa a se stesso.
Non
solo. I due miliardi di
euro
per risarcimento, da
quanto
trapelato, sarebbero
obbligazioni
garantite dallo
Stato
e dai soldi sequestrati a
Milano
alla famiglia Riva
che
in realtà non verrebbero
confiscati,
ma vincolati
all’attuazione
del piano ambientale
varato
dal governo.
In
sostanza, la multa e il risanamento
per
i danni causati
potrebbero
essere pagate
dai
cittadini. Un altro colpo
di
scena, quindi, dopo
l’esclusione
dell’Ilva dai responsabili
civili
disposta lo
scorso
4 febbraio a causa
dello
stato di amministrazione
straordinaria
varato
dal
governo Renzi.
La
risposta del ministero dovrebbe
arrivare
nei prossimi
giorni
e, in caso di esito positivo,
il
collegio difensivo
dovrà
ottenere prima l’ok
della
procura e infine la ratifica
del
giudice Gilli che ha
il
compito di valutare se l’ac -
cordo
raggiunto da accusa e
difesa
è congruo rispetto
all’accusa
mossa all’azienda.
Se
tutto questo andasse in
porto,
però, resterebbe il
macigno
sulla testa degli imputati:
il
patteggiamento
dell’Ilva,
di fatto, rappresenterebbe
l’ammissione
della
responsabilità
sulle accuse
mosse
dai giudici tarantini
che
inevitabilmente si ripercuoterebbe
sulla
posizione
dei
Riva, proprietari della
società,
e dei vertici sui quali
pende
la richiesta di rinvio a
giudizio
degli inquirenti. Il fatto quotidiano 23 aprile 2015
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