martedì 2 luglio 2013
La sfida dell’Orto dei Tu’r at Dove l’a c qu a è s p r e mu t a dal vento
Bruciato per la terza volta w Sorto in provincia di Lecce è fatto
da 12 mezzelune di pietra a secco che catturano come in un retino
l’aria più umida che poi viene trasformata in rugiada. Fu studiato
per la prima volta nel 1959 in Israele. Qualcuno ha deciso di dargli
fuoco ma i suoi ideatori, tutti volontari, non si fermano
di Milena Magnani*
Una delle emergenze ambientali della
penisola è il processo di desertificazione
e salinizzazione dei suoli che,
secondo gli studi più avanzati, vede
nel Salento il primo avamposto. Per contrastare
tale emergenza sette anni fa, in provincia di Lecce
è nato un progetto pilota, che tenta di contrastare
il deserto catturando l’acqua dal vento e
consentendo così di irrigare un orto botanico
senza apporto meccanico di acqua.
Si chiama Orto dei Tu’ra t , esperienza sorta su un
terreno di macchia arida situato nel comune di
Ugento, dove sono state realizzate 12 mezze lune
di pietra a secco, i Tu’rat, che consentono di catturare
come in un retino il vento più umido prevalente,
che in quella zona è il libeccio. L’obiet -
tivo è che questo, insinuandosi tra i pertugi delle
pietre, rilasci all’interno delle strutture acqua
sotto forma di rugiada e che poi, per percolamento,
scende al suolo consentendo di irrigare
un orto botanico impiantato secondo i principi
del massimo rispetto per il territorio.
RACCONTA COSIMO Specolizzi, fondatore del
progetto: “La possibilità di irrigare a goccia in zone
aride fu studiata per la prima volta nel 1959 da
Simcha Blass e da suo figlio Yeshayahu che introdussero
in Israele il primo metodo che all’epoca
suscitò l’entusiasmo di un miracolo. Decine
e decine di ettari desertificati ritornarono ad essere
coltivati, a produrre frutta e verdura, a nutrire
popolazioni che sopravvivevano a stento.
La bellezza delle strutture, così come le abbiamo
costruite ci è quasi sfuggita di mano tanto che le
persone che vengono nell’Orto rimangono prima
incantate dal fascino paesaggistico del posto, dall’effetto di straniamento che
suscitano i tu’rat, per il loro essere
disposti in modo tale da
farli sembrare dune del deserto
e al tempo stesso paesaggio lunare,
fascinazione che poi, solo
in seconda battuta, rivela la ricaduta
ambientale di tale bellezza”.
Specolizzi, laureato Dams e artigiano
a Bologna, ha deciso di
avventurarsi in questa iniziativa,
creando così la scenografia
di un orto votato alla risoluzione
delle emergenze ambientali.
Intorno al suo sforzo iniziale, è
poi nata l’associazione culturale
omonima, che oltre a curare
la messa a dimora e lo stato di salute delle piante,
si occupa di organizzare eventi culturali.
Premio Legambiente nel 2012 come innovazione intelligente,
L’orto, pur essendo riconosciuto come un
progetto di valore dagli assessorati della Regione Puglia
e dal Comune di Ugento, per ora non ha ancora
ottenuto alcun contributo pubblico che gli consenta di
essere portato a termine, tanto che gli associati stanno
tentando attraverso piattaforme di crowd funding di
attivare micro finanziamenti dal basso. Certo, i propositi
della Regione sembrano buoni e l’associazione
sta aspettando la firma di un protocollo di intesa con il
comune di Ugento, che pare imminente.
Le speranze, però, sono passate in secondo piano
quando il 15 giugno l’Orto dei Tu’Rat ha subito il
terzo attacco incendiario, segno evidente della
volontà di boicottarne l’esistenza.
Il rogo ha reso cenere le più importanti strutture
in legno, un gazebo, un palcoscenico e undici ulivi
pluricentenari. Un colpo durissimo a tutto ciò
che l’associazione aveva fin qui realizzato.
SULLA PIAGA DEGLI INCENDI che ogni anno
danneggiano centinaia di ettari di macchia mediterranea,
in quella zona del Salento, circolano
tante voci. Ciascuno ha una ipotesi su chi abbia la
consuetudine di dare fuoco agli uliveti e alle campagne.
Ma in questo caso, dopo il terzo incendio
subito, l’Associazione comincia a sospettare che
l’evento non sia del tutto casuale e soprattutto
comincia a temere che ci sia qualche volontà ostile
al loro modello di dialogo con il territorio. “In -
sieme alle piante e alle strutture si è affumicata
anche la nostra determinazione e l’illusione di essere
accettati nel territorio” spiega Gianna Milo.
Al momento del rogo l’associazione aveva appena
messo a punto la stagione estiva, con il patrocinio
della Regione e del Comune, con eventi
di teatro, concerti, serate di poesia ed action painting
dal 29 luglio al 7 agosto. Il rogo ha trasformato
tutto in cenere. Le piante dell’orto botanico
hanno sofferto molto, e la maggior parte sono
seccate.
Così un progetto pilota, premiato e apprezzato a
livello europeo, dovrà ripartire da capo, e potrà
farlo solo con l’aiuto di tutti. “Non intendiamo
arrenderci - assicura Laura Abatelillo - di fronte a
questi gesti di spregio, reimpianteremo l’orto,
pianta per pianta, il giuggiolo, il pero spinoso, il
corbezzolo, e chiederemo alla Guardia Forestale
di avere dei giovani ulivi da reimpiantare per dare
una risposta di vita alla scempio che abbiamo subito”.
Come scrive il poeta salentino Antonio
Verri: “... quello che non cambierà mai sarà l’idea
del dialogo con la terra che l’uomo ha stabilito dal
tempo dei tempi, il grosso respiro, il sibilo lungo
che si può udire solo di mattina, mirando nella
vastità dei campi”.
*Scrittrice. Tra i suoi libri “Il circo capovolto”
edito da Feltrinelli Il fatto quotidiano 1 luglio 2013
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