L’esperienza insegna che quando si vuole mettere mano alla riorganizzazione di un’area protetta non è per aumentarne la difesa, ma per diminuirla. Questa sorta di massima sembra adattarsi perfettamente al glorioso Parco Nazionale dello Stelvio, istituito ottant’anni fa, nel lontano 1935.
La riorganizzazione del Parco era prevista dalla Legge 147 del 27 dicembre 2013 (legge di stabilità 2014), all’art. 1, comma 515, che sanciva lo spezzatino e cioè che l’unica area attuale fosse suddivisa in tre entità distinte, gestite dalla Provincia Autonoma di Bolzano, dalla Provincia Autonoma di Trento e dalla Regione Lombardia.
La riorganizzazione del Parco era prevista dalla Legge 147 del 27 dicembre 2013 (legge di stabilità 2014), all’art. 1, comma 515, che sanciva lo spezzatino e cioè che l’unica area attuale fosse suddivisa in tre entità distinte, gestite dalla Provincia Autonoma di Bolzano, dalla Provincia Autonoma di Trento e dalla Regione Lombardia.
A seguito di detta norma, l’11 febbraio di quest’anno è stata stipulata un’intesa tra il Ministero dell’Ambiente, la Regione Lombardia e le Province autonome di Trento e Bolzano, intesa secondo la quale tutte le funzioni di tutela e gestione dell’area transitano dallo Stato ai suddetti enti territoriali. Quindi non più una gestione unitaria, che prima era assicurata da un apposito Consorzio, ma uno smembramento di funzioni.
Parentesi. Una brutta vicenda tutta italiana questa dello Stelvio che nulla ha a che vedere con la conservazione della natura, ma solo con giochi parlamentari. La vicenda è infatti frutto di accordi politiciavviati sulla spinta della Sud Tiroler Volkstartei. Prima, nel 2010, con il governo Berlusconi, poi con Bersani in occasione delle elezioni del 2013, accordi con i quali la Svp ha appunto imposto allo stato italiano lo smembramento del parco, al fine di acquisirne la gestione. Provincia Autonoma di Trento e Regione Lombardia si sono accodate per beneficiarne. Chiusa parentesi.
E’ trascorso ben poco tempo e già si inizia a comprendere cosa possa significare una gestione parcellizzata di un’area protetta. È notizia di questi giorni che la Provincia Autonoma di Bolzano è interessata a proseguire sulla strada dell’apertura della caccia nel Parco. Alla faccia del fatto che la legge quadro nazionale sulle aree protette la vieti espressamente.
Del resto, non è la prima volta che la Provincia vorrebbe aprire le porte del parco alle doppiette. Nel 1981 essa infatti adottò un provvedimento di apertura alla caccia a lepre, lepre bianca, volpe, tasso, martora, francolino di monte, cesena, tordo, storno, merlo ed altre specie “minori”. Fortuna che, merito del Wwf, il Consiglio di Stato nel 1983 giudicò illegittimo il provvedimento.
Ma non solo alle doppiette si vorrebbero aprire le porte del parco, ma anche alle frese. Ecco quindi l’ipotesi di un bel tunnel stradale che metterebbe in collegamento Alta Valtellina e Bolzano. Una bozza di protocollo di fattibilità è già stata siglata tra le parti interessate.
E pensare che negli anni ’90 il mai troppo rimpianto Alexander Langer (che pure era altoatesino), lanciò la proposta del parco Peace (Parco dell’Europa Centrale o Parco della Pace) un parco transnazionale che avrebbe riunito, oltre allo Stelvio, il parco svizzero dell’Engadina, l’Adamello lombardo, le Orobie, il parco trentino Adamello-Brenta, per un complesso di oltre 250.000 ettari:la più grande e significativa area protetta d’Europa. Langer si suicidò. Il “suo” parco non vedrà probabilmente mai la luce, in compenso lo Stelvio oggi viene smembrato.In controtendenza, la piccola ma combattiva associazione ambientalista Mountain Wilderness organizza per questa estate una serie di manifestazioni per la sua tutela e per rilanciare il Parco della Pace. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/06/23/parco-dello-stelvio-un-nuovo-modo-di-tutelare-la-natura/1801830/
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