lunedì 29 giugno 2015

Mariano Crociata, vescovo di Latina, insieme a Sciacca vescovo di Fondi, indicato tra i nemici di Papa Francesco da il Fatto quotidiano, insieme a Calcagno, Bertone, Sarah

Cardinali contro Da sinistra Domenico Calcagno, Mariano Crociata , Angelo Scola, Ta rc i s io B ertone, Robert Sarah, Camillo Ruini e Carlo C a f fa r ra A n s a / La Pre ss e 

TRA I CONSERVATORI A M E R IC A N I , GLI SPAGNOLI DELL’OPUS DEI E I NOSTALGICI DI R ATZ I NG E R : L’U LT I MO “M A R X I STA” BERGOGLIO ASSEDIATO DA QUELLI CHE NON VOGLIONO CAMBIARE
C’è chi dice no Il pontefice deve guardarsi da Tarcisio Bertone (quello de l l’attico, sempre attento alle casse) e, per altri motivi, da Camillo Ruini, Gerhard Ludwig Muller e Bagnasco
Mariano Crociata, arcivescovo di Latina L’ex segretario generale dei vescovi italiani (Cei) ha patìto subito il papato di Francesco e poi anche le raccomandazioni di Tarcisio Bertone. Il salesiano, che comandava in Vaticano con Ratzinger, ha suggerito a Francesco di elevare Crociata al rango di cardinale, pare che l’abb ia messo per iscritto. Bergoglio ha cestinato le indicazioni di Bertone e l’ha spedito nella diocesi di Latina-Terracina-Priverno-Sezze

 I » CARLO TECCE l papagno contro la gerarchia vaticana - verbale, ricordate il siparietto sul pugno? - è il rimedio che predilige Jorge Mario Bergoglio. È un rodato strumento che sfrutta pure per mazzolare governi e politici. Al Sinodo di ottobre, assediato dai conservatori americani, dagli spagnoli con targa Opus Dei, dai tedeschi nostalgici di Ratzinger, Francesco ha rifilato un inequivocabile e poco diplomatico qui comando io: “Il Papa garantisce l’u ni tà ”. El’opposizione in porpora –cardinali con la passione per opere istantanee, spaventati dal progressismo sui temi famiglia, coppie gay, ambiente e capitale – in pubblico replica con mendaci sorrisi. Ma incassa papagni s e mpre più potenti: “Il popolo di Dio possiede un fiuto infallibile nel riconoscere i buoni pastori e distinguerli dai merce na ri”. Non è soltanto il drappo col marchio Is dei fanatici islamici che sterminano cristiani inermi a turbare l’argentino e neanche le scorbutiche reazioni di Israele per l’eclatante sintonia di Francesco con i palestinesi. Il pontefice, definito l’ultimo marxista, affronta la Curia, la Chiesa più intransigente e oscurantista. E gli uomini in abito talare respingono le sue riforme per ragioni teologiche, per congenita riluttanza o, più spesso, per brama di potere. Non esiste un elenco compiuto di cardinali o vescovi avversari o semplici non seguaci, ma una lista (non certo di proscrizione) che va illustrata. Bergoglio invoca la “parresìa”. Dire tutto, dire il vero. Quel che inquieta l’a rgentino è proprio la capacità curiale di insinuarsi e di tramare. In silenzio: non dire niente, dire il falso. Tarcisio Bertone, ex segretario di Stato. Con Joseph Ratzinger, il salesiano era davvero il primo ministro vaticano, attento agli affari terreni (Ior) più che spirituali. Forse non coltivava la vigna del Signore, ma i rapporti con la politica. Quando l’ha sostituito con Pietro Parolin, Bergoglio gli ha suggerito di ritirarsi in preghiera a Valdocco, casa madre di Don Bosco. Bertone ha preferito un attico in Vaticano. Camillo Ruini, ex presidente Cei. Era il padrone dei vescovi italiani, per vent’anni ha influenzato la politica, i palazzi, e praticato il “patrocinio” t r asversale per gli esponenti cattolici sparpagliati al centro, a destra oppure a sinistra. Ha ridotto le apparizioni pubbliche. Quando interviene, però, marca la distanza da Francesco. Ha bocciato le unioni civili. Va peggio se non appare. Al termine del Sinodo di ottobre, per amplificare il dissenso sui divorziati risposati (mai l’Eucarestia), Ruini non s’è messo in coda per salutare il Papa. Gerhard Ludwig Muller, prefetto della congregazione della dottrina della fede Il tedesco di Magonza, in piazza Sant’Uffizio, presiede un ministero appartenuto per decenni a Joseph Ratzinger, ma è Bergoglio che l’ha ordinato cardinale. A differenza di Ruini, che non ha stretto la mano di Francesco a margine del Sinodo, Muller ha bisticciato a lungo con Walter Kasper e poi ha disertato la messa. Per i bergogliani, è un reazionario. Da Kasper, il p a p agno: “Il pontefice non ha bisogno di lezioni di teologia”. Raymond Leo Burke, sovrano ordine di Malta Assieme ai cardinali V e l asio De Paolis, Carlo Caffarra, il già citato Muller e l’a ustriaco Walter Brandmulle r, l’ex arcivescovo metropolita di Saint Louis ha firmato il manifesto “Per mane re nella verità di Cristo” che si oppone all’ipotesi di ripristino dei sacramenti per i divorziati. S’è esposto tanto, Burke. E così Bergoglio l’ha promosso e rimosso. Era il prefetto del supremo tribunale per la segnatura apostolica, a novembre gli ha conferito la carica onorifica di patrono dei cavalieri di Malta. Angelo Scola, arcivescovo di Milano È stato eclatante, l’e n n e s imo porporato che entra papa in Conclave e ne esce cardinale. Il sistema che riflette Comunione e Liberazione contava su Scola per espugnare il Vaticano e con il Vaticano, l’Italia intera, la Chiesa mondo. Era il favorito, il predestinato. Addirittura nei giornali si creavano catene di montaggio di estrazione ciellina. Scola non ha perso soltanto un’elezione. Ha sancito l’epilogo di un sistema-pensiero, che ancora rappresenta. Angelo Bagnasco, presidente della Cei In rapida e spietata sequenza e con l’onore di un’uscita a scadenza di mandato fra meno di un paio di anni, papa Francesco ha esautorato il cardinale Bagnasco, il capo dei vescovi italiani. Bergoglio ha prima nominato Nunzio Galantino segretario generale della Cei, che ha smontato la struttura di Bagnasco, e poi ha inaugurato l’ostile assemblea annuale dei vescovi: “Il Papa non parla per ultimo”. Giuseppe Sciacca, vescovo di Fondi Al siciliano di Aci Catena non è bastato farsi ammirare con una utilitaria di chissà che stagione, Bergoglio l’ha cacciato presto, appena insediato. In epoca Ratzinger, Sciacca era segretario del governatorato, successore di Carlo Maria Viganò, il nunzio mandato in esilio negli Stati Uniti per i suoi contrasti col tentacolare Bertone. A Sciacca è andata peggio: segretario aggiunto del Supremo tribunale della Segnatura apostolica. Domenico Calcagno, cardinale diacono Ha sfruttato la scia di Bertone, nonostante le controversie: passione per la caccia (deteneva pistole, carabine e un fucile a pompa); le accuse di scarsa attenzione sugli episodi di pedofilia nella diocesi di Savona. Francesco non l’ha confermato nel Consiglio dello Ior, presiede ancora l’a mministrazione del patrimonio vaticano (Apsa), ma in pratica è commissariato da George Pell, l’australiano prefetto della Segreteria Economica. Mauro Piacenza, penitenziere maggiore Quando la Liguria contava – Bertone fu arcivescovo di Genova – Piacenza era il nome giusto per qualsiasi poltrona. Era candidato per la segretaria di Stato, ma Bergoglio l’ha trasferito al tribunale per la Penitenzieria Apostolica. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze L’ex segretario Cei ha una formazione ruiniana, e dunque è inadatto per il riformista Bergoglio. Da tempo è in procinto di lasciare la Toscana per la Curia: per il momento, resta dov’è. Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto Il cardinale è il portavoce della Chiesa africana e della destra più retriva che sopravvive seppur sconfitta in Curia. È il più accreditato per diventare il primo papa nero. Ha assunto una posizione di chiusura (ermetica) rispetto ai discorsi di accoglienza per omosessuali e divorziati di Francesco: “La Chiesa è confusa su dottrina e morale”. Stefan Oster, vescovo di Passau In Germania, luogo di raffinati teologi, sottotraccia s’alimenta il duello fra il progressista Kasper, fedele alleato di Francesco, e il conservatore Muller. Il giovane vescovo salesiano è intervenuto più volte per difendere la dottrina. Attorno a Oster s’è coalato un gruppo di vescovi tedeschi: Konrad Zdarsa, R udolf Voderholzer, F r i edhelm Hofmann, Wolfgang Ipolt,Gregor Maria Hanke. Anche monsignor G eorg Gan swei n, l’assistente personale di Benedetto XVI, guarda con attenzione a questi movimenti in Germania. Marc Ouellet, prefetto della congregazione dei vescovi Il cardinale canadese, che sostiene il ritorno all’ad o r azione eucaristica e ai canti gregoriani, ha una visione che incrocia poco lo sguardo di Bergoglio. Ogni volta che, in preparazione a un Concistoro, segnala vescovi da trasformare in cardinali, l’argentino lo ignora. Giuseppe Nosiglia, arcivescovo di Torino Neanche il successo mediatico per l’ostensione della Sindone è servito all’ex collaboratore di Ruini per ricevere l’agognata berretta rossa. La delusione di Nosiglia è la stessa di Francesco Moraglia, l’ennesimo ligure che Bertone ha collocato a Venezia. È patriarca, non cardinale. Non è da considerare un bergoglionano l’arcivescovo di Ferrara, Luigi Negri, che proviene da Cielle. Antonio Maria Rouco Varela, ex presidente dei vescovi spagnoli Un anno fa, il cardinale ha rinunciato al governo pastorale di Madrid, Francesco l’aspettava da mesi. Così s’è chiusa l’interminabile stagione di Rouco Varela, vicino all’Opus Dei. Giuseppe Versaldi, prefetto per l’educazione Il cardinale ha maneggiato il potere con la benedizione di Bertone. Con una telefonata scoperta con l’inchiesta sul fallimento della Divina Provvidenza, s’è saputo che Versaldi (indagato) ha mentito a Bergoglio su 30 milioni di euro statali destinati al Bambin Gesù e forse dirottati all’Idi. © RIPRODUZIONE RISERVATA il fatto quotidiano 29 giugno 2015

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