se di tortura rivolte a mili- tari italiani, peraltro mai ri- scontrate. Incrociando i nomi dell’elenco del perso- nale militare impiegato nella missione somala con gli atti dei processi che si so- no occupati dell’organizza- zione Gladio, si ha la con- ferma del peso che la strut- tura ha avuto anche dopo lo scioglimento nel ’90.
LA LISTA dei gladiatori uti- lizzati in Somalia ha anche due vittime importanti. Il meno noto è Marco Mando- lini –nome in codice “Con - dor Mike”–sottufficiale del
“Col Moschin”ucciso sulla scogliera del Romito vicino a Livorno un anno dopo la fine della missione nel Cor- no d’Africa. Gli autori dell’omicidio non sono stati mai identificati, ma le mo- dalità della morte sono su- bito apparse come il segno di un vera e propria esecu- zione, maturata, secondo le ultime indagini, all’interno dell’ambiente militare. Ancora avvolta da molte ombre è la morte di Vincen- zo Li Causi, maresciallo e- sperto in telecomunicazio- ni utilizzato, fin dall’i niz io degli anni 80, per operazio-
ni particolarmente delicate affidate dal governo italia- no alla settima divisione del Sismi. La Procura militare di Roma ha stabilito l’orig ine dell’agguato in un atto di o-
stilità dei somali, ma la figu- ra del maresciallo –consi - derato tra i migliori agenti italiani –continua a lasciare spazio ai dubbi.
LI CAUSI era stato fino al 1990 responsabile del Cas Scorpione di Trapani, il centro Gladio creato nel 1987. Il maresciallo, poco prima di morire, aveva de- posto a lungo davanti al pm di Trapani Andrea Taron- do, che stava cercando di ri- costruire l’attività del cen- tro siciliano di Gladio. Al momento della morte stava per rientrare in Italia, pron- to –secondo alcune testi- monianze –atornare a de- porre davanti ai magistra- ti. AN. PALL. © RIPRODUZIONE RISERVATA
il fatto quotidiano 27 giugno 2015
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